1922, annus mirabilis — Da Wittgenstein a Vallejo ⥀ Tre poesie da Trilce
In uscita il 23 settembre, per la nostra casa editrice Argolibri, il quinto volume della collana “Talee” diretta da Andrea Franzoni e Fabio Orecchini: TRILCE, di César Vallejo, nella traduzione di Lorenzo Mari, con uno scritto prezioso dell’indimenticato Giuliano Mesa
Il volume esce a 100 anni esatti dalla sua stesura, avvenuta nell’isolamento di un piccolo e sperduto carcere sulle Ande peruviane. L’anno seguente, nell’annus mirabilis 1922, sarà pubblicato proprio dalla casa editrice penitenziaria di Lima. Proponiamo per i nostri lettori un estratto dal saggio di Giuliano Mesa e tre testi scelti da Trilce.
Per i nostri lettori il volume in pre-order a prezzo scontato QUI
«[…] Nell’annus mirabilis 1922, l’anno di Ulysses e della Waste Land, Wittgenstein pubblica a Londra, dopo una prima stampa nel 1921 con altro titolo, il Tractatus logico-philosophicus, e a Lima, i Talleres Tipográficos de la Penintenciaría stampano Trilce di César Vallejo. Il cholo, nato in un villaggio delle Ande peruviane a 3.500 metri di altitudine, e il nobile austriaco sono entrambi trentenni. Wittgenstein chiude il Tractatus sulla indecidibilità e indicibilità logica dell’etica, e dell’estetica; sull’enigma del non-eterno e dell’eterno (della finitezza e dell’infinito); sul come se che chiude la logica nella tautologia e apre all’analogica interminabile del rapporto nome-cosa. Dell’eterno e del non-eterno è il presente a diventare sintesi inafferrabile.
«La dura vida, la dura vida eterna», scrive Vallejo. L’evento, ogni evento, l’infinità e non-infinità degli eventi: in-conoscibili tramite proposizioni logiche. Il segno può solo mostrare. La poesia, facendosi evento, si rende in-conoscibile eppure mostra. Il suo enigma, il suo ineffabile, sono come l’enigma e l’ineffabile degli eventi. La relazione con gli uomini e con il mondo è relazione etica. Ineffabile. «Nonsensical», dirà Wittgenstein nella Lecture on Ethics del 1929, e tuttavia esistente. L’estremo rigore linguistico di Wittgenstein è rigore etico, verso conoscenze possibili, e un possibile bene.
Un linguaggio dove le parole, non potendo attingere alla verità, cercano la precisione, la sincerità: verità etica. Trilce è un neologismo sin sentido. Ma nell’opera non v’è nulla di nonsensical. Il nome-titolo privo di referente dichiara la relazione mediata tra nome e cosa e, forse ancor più, tra nome e nome. Vallejo incrina insieme sintassi, grammatica, fonetica, lessico, rapporti logici. Costruisce un evento nominante sulla vita, sul mondo, che conserva, dopo quasi novant’anni, tutta la sua forza interrogante, s-copre la poesia da estetiche e retoriche (in cambio ricevendo silenzio o incomprensioni: Trilce verrà ristampato in Spagna nel 1930, ma già dominavano altre retoriche, che dominano ancora…). Vallejo non arriva mai all’arbitrio, al solipsismo di certa poesia surrealista, della quale, pure, è considerato precursore.
Perché? Perché non recide mai completamente il legame con i referenti comuni, reali? Sì. Ma forse, soprattutto, perché non allenta, anzi intensifica, il carattere etico, di responsabilità nominante, del linguaggio. Nessuna giocosità o deriva automatista. E infatti, dopo Trilce, anziché farsi manierista di se stesso, come tanti suoi coetanei, scrive i Poemas Humanos.
Scopo di Vallejo non era, infatti, l’imporsi come poeta, ma il conoscere, l’esprimere…
Così, mai si finisce di scoprire Trilce…
«Mañana Mañana. // El reposo caliente aun de ser. / Piensa el presente guárdame para / mañana mañana mañana mañana. // Nombre Nombre. // ¿Qué se llama cuanto heriza nos? / Se llama Lomismo que padece / nombre nombre nombre nombrE».
[«Domani Domani. // Il caldo riposo ancora di essere. / Pensa il presente custodiscimi per / domani domani domani domani. // Nome Nome. // Cosa si chiama quanto ci spina? / Si chiama Lostesso che patisce/ nome nome nome nomE».]»
Dal saggio “Ad esempio. La scoperta della poesia” di Giuliano Mesa, contenuto nel volume.
Tre testi da TRILCE
VII
Rumbé sin novedad por la veteada calle
que yo me sé. Todo sin novedad,
de veras. Y fondeé hacia cosas así,
y fui pasado.
Doblé la calle por la que raras
veces se pasa con bien, salida
heroica por la herida de aquella
esquina viva, nada a medias.
Son los grandores,
el grito aquel, la claridad de careo,
la barreta sumersa en su función de
¡ya!
Cuando la calle está ojerosa de puertas,
y pregona desde descalzos atriles
trasmañanar las salvas en los dobles.
Ahora hormigas minuteras
se adentran dulzoradas, dormitadas, apenas
dispuestas, y se baldan,
quemadas pólvoras, altos de a 1921.
VII
Come sempre ho camminato per l’invenata strada
che conosco io. Tutto come sempre,
davvero. E ho indagato cose così,
e sono stato passato.
Svoltando, ho preso la strada in cui rare
volte si passa con agio, uscita
eroica nella ferita di quella
svolta viva, niente nel mezzo.
Sono i fasti,
quel grido, la chiarezza del duello,
il berretto gettato in funzione di
adesso!
Intanto la strada è occhiuta di porte,
e decanta dagli scalzi palchi
il transfuturare dei colpi nei rintocchi.
Ora le formiche minutanti
entrano addolcite, assopite, a stento
organizzate, e si paralizzano,
polveri bruciate, all’altezza del 1921.
IX
Vusco volvvver de golpe el golpe.
Sus dos hojas anchas, su válvula
que se abre en suculenta recepción
de multiplicando a multiplicador,
su condición excelente para el placer,
todo avía verdad.
Busco volver de golpe el golpe.
A su halago, enveto bolivarianas fragosidades
a treintidós cables y sus múltiples,
se arrequintan pelo por pelo
soberanos belfos, los dos tomos de la Obra,
y no vivo entonces ausencia,
ni al tacto.
Fallo bolver de golpe el golpe.
No ensillaremos jamás el toroso Vaveo
de egoísmo y de aquel ludir mortal
de sábana,
desque la mujer esta
¡cuánto pesa de general!
Y hembra es el alma de la ausente.
Y hembra es el alma mía.
IX
Cerrco di rrrestituire di colpo il colpo.
Le sue due grandi pieghe, la sua valvola
che si apre in ricezione succulenta
da moltiplicando a moltiplicatore,
la sua condizione eccellente ai fini del piacere,
tutto offre verità.
Cerco di restituire di colpo il colpo.
Al suo invito, apro ad asperità bolivariane
a trentadue fili e ai loro multipli,
si tendono pelo a pelo
fauci sovrane, i due tomi dell’Opera,
e quindi non vivo assenza,
nemmeno al tatto.
Non so rrestituire di colpo il colpo.
Non riusciremo mai a sellare il torellante Sbavo
con l’egoismo e con quel frottage letale
di lenzuola,
già che questa donna
in generale, quanto pesa!
E femmina è l’anima dell’assente.
E femmina è l’anima mia.
XV
En el rincón aquel, donde dormimos juntos
tantas noches, ahora me he sentado
a caminar. La cuja de los novios difuntos
fue sacada, o talvez qué habrá pasado.
Has venido temprano a otros asuntos
y ya no estás. Es el rincón
donde a tu lado, leí una noche,
entre tus tiernos puntos,
un cuento de Daudet. Es el rincón
amado. No lo equivoques.
Me he puesto a recordar los días
de verano idos, tu entrar y salir,
poca y harta y pálida por los cuartos.
En esta noche pluviosa,
ya lejos de ambos dos, salto de pronto…
Son dos puertas abriéndose cerrándose,
dos puertas que al viento van y vienen
sombra a sombra.
XV
In quell’angolo, dove dormimmo abbracciati
tante notti, mi son seduto ora
a camminare. L’alcova dei defunti fidanzati
è stata tolta, o sarà successo chissà cosa.
Sei venuta presto con altri mandati
e non ci sei più. È l’angolo
dove accanto a te lessi una notte,
tra i tuoi teneri punti,
un racconto di Daudet. È l’angolo
amato. Non ti confondere.
Mi son messo a ricordare i giorni
d’estate andati, il tuo entrare e uscire
dalle stanze piccola e stanca e pallida.
In questa notte piovosa,
già lontana da entrambi, sussulto…
Sono due porte che si aprono si chiudono
due porte che al vento vanno e vengono
ombra a ombra.
César Vallejo nacque a Santiago de Chuco, un villaggio andino del Perù. Minore di undici figli, interruppe varie volte gli studi per lavorare in una piantagione di canna da zucchero. Dopo una serie di difficoltà riuscì a pubblicare il suo primo libro di poesie intitolato Gli araldi neri (1919). Sua madre morì nel 1920 e, rientrato a Santiago de Chuco per i funerali, fu imprigionato per 105 giorni con l’accusa di essere un incendiario coinvolto in una sommossa popolare, prima di dimostrare la propria innocenza. Nell’isolamento del carcere scrisse Trilce (1921-1922) opera tuttora considerata uno dei massimi capolavori del ‘900. L’anno seguente partì per Parigi dove rimarrà fino alla sua morte, viaggiando in Italia, Spagna e Russia. Impegnato in prima linea nella Guerra Civile Spagnola, scriverà numerosi articoli e pièces teatrali anti-franchiste, report di viaggio e romanzi come Tungsteno (recentemente pubblicato da SUR), nonché il suo poema più politico, Spagna, allontana da me questo calice, che apparve nel 1939, stampato un anno dopo la sua morte dagli stessi soldati dell’esercito repubblicano. Sempre postumo il volume Poemi umani.
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Il saggio “Ad esempio. La scoperta della poesia” è stato precedentemente pubblicato in La scoperta della poesia, a cura di Massimo Rizzante e Carla Gubert, Metauro, Fossombrone, 2008.