Abolire la guerra ⥀ Che fine ha fatto la proposta di Landini?
Che fine ha fatto il settenario pacifista Aboliamo la guerra evocato da Maurizio Landini? Non è bene che lo ripeta finché non diventi senso comune?
Finché a sostenere la necessità di abolire la guerra era perlopiù Gino Strada, fondatore di Emergency e chirurgo all’opera in conflitti di tutto il mondo, la richiesta, a chi crede di conoscere la natura umana perché a scuola orecchiò la formula Homo homini lupus, poteva apparire soltanto una preghiera umanitaria, come quelle di Papa Bergoglio, da declassare a utopia buonista, piuttosto che una scelta di buonsènso.
Per chi vive in Europa, del resto, la guerra assomigliava più al sublime naufragio con spettatore, di lucreziana memoria, che a una realtà concreta. Fino all’invasione dell’Ucraina da parte delle Forze armate della Federazione Russa, da noi il senso comune dipingeva la guerra come un fenomeno umano ineluttabile, perciò «Il buonsènso – citando Manzoni – c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune».
Non appena il territorio ucraino è stato invaso, il 24 febbraio 2022, e i nostri paesi del Patto Atlantico (NATO) sono entrati in guerra, l’imperativo collettivo di Gino Strada è diventato una richiesta di tale buonsènso che, nella manifestazione nazionale per la pace del 26 febbraio, si unì anche la voce di Maurizio Landini al coro dei difensori dei diritti umani e delle autorità religiose, a cui si sarebbero aggiunti in seguito scienziati, filosofi e teologi.
Il Segretario Generale della Confederazione Generale Italiana del Lavoro – CGIL ha trasformato l’imperativo umanitario in una rivendicazione del più grande sindacato italiano di lavoratori e lavoratrici. Nonostante, però, la CGIL abbia continuato a manifestare contro la guerra, non è stato più cantato a gran voce il settenario pacifista Aboliamo la guerra. Che fine ha fatto? Non è bene che Landini lo ripeta finché non diventi senso comune?
*Immagine in copertina generata da Andrea Capodimonte tramite MJ.

Valerio Cuccaroni
Dottore di ricerca in Italianistica all’Università di Bologna e Paris IV Sorbonne, Valerio Cuccaroni è docente di lettere e giornalista. Collabora con «Le Monde Diplomatique - il manifesto», «Poesia», «Il Resto del Carlino» e «Prisma. Economia società lavoro». È tra i fondatori di «Argo». Ha curato i volumi “La parola che cura. Laboratori di scrittura in contesti di disagio” (ed. Mediateca delle Marche, 2007), “L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila” (con M. Cohen, G. Nava, R. Renzi, C. Sinicco, ed. Gwynplaine, coll. Argo, 2014) e Guido Guglielmi, “Critica del nonostante” (ed. Pendragon, 2016). Ha pubblicato il libro “L’arcatana. Viaggio nelle Marche creative under 35” e tradotto “Che cos’è il Terzo Stato?” di Emmanuel Joseph Sieyès, entrambi per le edizioni Gwynplaine. Dopo anni di esperimenti e collaborazioni a volumi collettivi, ha pubblicato il suo primo libro di poesie, “Lucida tela” (ed. Transeuropa, 2022). È direttore artistico del poesia festival “La Punta della Lingua”, organizzato da Nie Wiem aps, casa editrice di Argo e impresa creativa senza scopo di lucro, di cui è tra i fondatori, insieme a Natalia Paci e Flavio Raccichini.
(Foto di Dino Ignani)