Per accendere il fuoco della vita ⥀ La guerra va in scena nelle poesie di Iya Kiva

Proponiamo una selezione di poesie della poetessa ucraina Iya Kiva, tradotte in italiano da Pina Piccolo. L’autrice sarà presente a Bologna mercoledì 29 novembre 2023 al Museo Civico Archeologico per l’evento Ricucire le parole col filo bianco

 

Ha una potenza straordinaria la voce della poetessa ucraina Iya Kiva, dal vissuto travagliato già a causa degli attacchi del 2014. Nata a Donesk nel 1984, è stata costretta a lasciare la sua città natale nove anni fa, per trasferirsi a Kyiv, a causa dello scoppio della guerra nel Donbas. Attualmente vive a Lviv dove continua a scrivere e a operare come volontaria in progetti umanitari e di resistenza all’invasione. Iya ha saputo mettere al servizio della poesia il suo sguardo penetrante e visionario, la sua capacità di lambire, con la lama tagliente della parola, il senso di devastazione che la guerra provoca sulla vita, sulla morte, sulla cultura. Parole come «libertà», «storia», «guerra», «terra» costellano le sue poesie: inedite in Italia, sono qui proposte nell’efficace traduzione di Pina Piccolo, che da tempo si prodiga per far conoscere ai lettori del nostro Paese una voce così dirompente.
In questo autunno del 2023 l’Ucraina è ancora sotto le bombe: nei componimenti di Iya Kiva si avverte il senso di deflagrazione, lo spaesamento, tutta la tensione che provocano gli attacchi. I testi, a volte concepiti come una sceneggiatura teatrale, danno indicazione su come agire; qui va in scena la vita vibrante, crudele, che si fa poesia con versi che sembrano un affronto, che incarnano una resistenza insieme garbata e violenta, capaci di rivolgersi senza indugi alla stessa morte («Ancora un passo, morte, e ti mangeremo per cena»).
Una forza vivida e inesauribile incarna la scrittura di questa autrice, insieme a quella necessità di testimoniare, pur senza ricordare, esattamente, cosa si prova. Perché anche la memoria, in questo tempo assurdo, è messa alla prova. Ma la bellezza che la poesia di Iya Kiva sa coltivare offre un senso di riconciliazione, con se stessi e col mondo. Quella bellezza fa appello al fuoco della vita, a quell’energia d’amore che non permette che lo sporco dell’odio si depositi sotto le sue unghie.                                          

(Rossella Renzi)

 

 

sulle tombe senza nome delle nostre vite
la guerra pianta fiori di carta
Il fiorire asfittico di un tempo congelato
le sue palpebre, pagine tagliate con il coltello della morte

i confini della luce e dell’oscurità si appiattiscono in un piatto di risate
all’udire ancora la vecchia favola del Bene che sconfigge il Male

mondo accogliente, i tuoi bambini indesiderati
non sanno più sentire nient’altro che musica atonale
non sanno più scrivere la parola ‘amore’ con i lego
non sanno più guardare in faccia il loro futuro
vuoti di fiducia i loro occhi, come le case dei loro genitori

lungo quanto la strada per la salvezza, questo epico racconto di libertà,
imbrattato nel sangue del nuovo abc della storia
dove ogni parola bisogna cercarla nel dizionario

e le nostre bocche si riempiono del corpo della terra
intrappolata nei lacci del coraggio come nobile bestia
che spinge con tutto il suo peso le nostre lingue paralizzate
verso una barca muta tra gli scogli di un’inutile testimonianza

Questi litorali deserti di giustizia li ho già visti
Queste chiavi le ho già viste nel becco degli uccelli di passo

 

 

la memoria si secca come d’estate l’erba nel giardino

(incursioni aeree su gran parte delle regioni dell’Ucraina)

giro la chiave in una serratura rotta
e la porta del passato si chiude

da qualche parte nel mio profondo oriente, lo spazio
si ricopre di erbacce pericolose, da qualche parte e da nessuna parte
lo spauracchio della tua infanzia precipita nel monte degli scarti di carbone

(attenzione! dirigersi tutti verso un rifugio)

cosa senti ora
mi chiedono in quasi tutte le interviste

il crac del ghiaccio della guerra

gola tagliata con il collo di una bottiglia: la forma di una rosa del Donbass
nelle tue mani e nei tuoi piedi schegge di vetro di giovinezza rubata

queste graziose metafore sono lo specchio storto della letteratura

Non riesco a ricordare
cosa provo

(Attenzione! sta per suonare la sirena antiaereo)

e cerco solo di sfuggire alle parentesi

 

 

Così, all’improvviso, tra le costole appare una spina
Il raggio aguzzo di ottobre tortura la speranza,
coprendo di foglie morte i nostri occhi,

Il tempo è un bambino che portiamo sulle spalle,
come zolle di terra a cui l’amore è legato con corde
per non spargere il sale sulle guance della strada verso il fiume,

Pur avendo dimenticato le parole di una ninna nanna
che la nonna le cantava dopo la guerra
attraverso il sangue che ci gorgoglia in gola sentiamo la nostra voce
quale cigolio di una porta cancellata dalla memoria
insieme alla città vuota della fiducia:

Come è strano distribuire questi fiori di parole tra i cadaveri
come merce da quattro soldi, senza acquirenti in una qualche stazione di periferia
ma a qualcuno spetterà di curare il giardino dei nostri dolori
che come erbacce spuntano dovunque

Qualcuno, come quel cane sulla barca, dovrà attraversare
il campo di girasoli spezzati per accendere il fuoco della vita,
tra gli alberi della notte, l’inquietudine dell’oblio,
per poter poi chiamare casa le reti degli uccelli migranti

E per mettere agli atti: ‘Non permetterò che lo sporco dell’odio si depositi,
foss’anche solo sotto le mie unghie,
non importa quanta pelle dell’esistenza rosichino
le ombre lunghe di questi giorni’

in un diario che, per questo mio vagare senza sosta, non verrà salvato.

 

 

1

la lunga strada verso una casa che non c’è più
posa i binari del respiro attraverso la stazione di Leopoli —
persone dal volto di morte osservano le loro vite svuotate
come i pupazzi di neve dell’anno scorso guardano i primi fiori della guerra

le lacrime impigliate nei loro occhi come colla secca…
il passato lo si può strappare solo insieme ai loro occhi
per piantare lì i meli sradicati del tempo
cresciuti sui sentieri polverosi dei loro palmi

la pioggia saluta gli esuli con cartoline dagli album di famiglia
dove la guerra è sempre seduta su tutte le sedie,
la bocca un foro di proiettile, e sorride all’uccello della morte,
come ridendo a una barzelletta che gli altri non possono più dire

innumerevoli volte il mondo ha studiato le didascalie delle foto
Mariupol Hostomel Irpin Borodianka Chernihiv Bucha
questa musica cirillica rimane sospesa nell’aria come una lunga fiamma
che si secca sotto le unghie con l’acqua sporca della vergogna

2

Ancora un passo, morte, e ti mangeremo per cena
Le lattine arrugginite delle nostre vite non fanno per te
Ancora un passo, morte, e non lascerai mai questa tavola
come un vassoio tutto graffiato ricoperto di ciocche di capelli di persone libere

3

La gente calpesta le pozzanghere perché non ci sono altri percorsi
se non accettare la sconfitta come il pane gratis nelle stazioni ferroviarie
in cui i volontari infilano le chiavi delle vite future
se solo riuscissimo a trovare la forza di guardare l’amore negli occhi

4

La guerra è la grande sconfitta della cultura:
sussurrano queste parole su tutte le copertine dei libri
ma la ruggine erbosa dei crimini di guerra è cresciuta nelle loro bocche…
e il silenzio intrappolato dall’ambra raccoglie truppe nelle sue guance.

5

martelliamo le prove come chiodi nelle mani e nei piedi dei bambini
come conversazioni notturne che nessuno poi ricorda

guarda più da vicino
la cenere di questo pezzo di carta
un tempo si chiamava Mitenka

(4 aprile 2022)

 

Pina Piccolo ha tradotto le poesie in italiano dalla versione inglese di Amelia Glaser e Yuliya Ilchuk.

 


Iya Kiva è una pluripremiata poeta, traduttrice, giornalista e critica letteraria. Nata a Donesk nel 1984, è stata costretta a lasciare la sua città natale e trasferirsi a Kyiv nel 2014 per lo scoppio della guerra nel Donbas. Attualmente vive a Lviv dove continua a scrivere e a operare come volontaria in progetti umanitari e di resistenza all’invasione russa. È autrice di due volumi di poesie, Più lontano dal paradiso (Podal’she ot raya, 2018) e La prima pagina dell’inverno (Persha storinka zimy, 2019), entrambi considerati tra i migliori libri dall’associazione PEN Ucraina. Lo stesso vale per la produzione in prosa, tra cui Ми прокинемось іншими (We Will Wake Up to Others, 2021). Ha partecipato a eventi di poesia e festival nazionali e internazionali in Ucraina, Bielorussia, Polonia, Belgio, Stati Uniti e Finlandia. È borsista del programma del Ministero della cultura della Polonia Gaude Polonia (2021) e le è stata assegnata la residenza letteraria Гніздо (La residenza Nido) nel villaggio di Vytachiv, Kyiv Oblast (2022). A ottobre del 2023 è stata chiamata negli Stati Uniti per far parte del prestigioso Iowa Writers Workshop e a novembre di quest’anno è stata ospite della residenza artistica alla Casa della Poesia di Ostuni, nell’ambito di un tour nazionale. In qualità di traduttrice, Kiva ha partecipato ai seminari internazionali di traduzione Città dei traduttori digitali, una bozza di programma della Fondazione tedesca per la traduzione TOLEDO con il sostegno del Ministero degli affari esteri tedesco (online, 2020) e Tłumacze bez granic (Traduttori senza frontiere; 2021, Wojnowice, Polonia).

Pina Piccolo è una traduttrice e scrittrice bilingue (inglese, italiano). Cura numerose iniziative editoriali e di promozione culturale a carattere transnazionale. Una delle fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, attualmente dirige la rivista digitale The Dreaming Machine. La sua raccolta di poesie I canti dell’Interregno è uscita nel 2018 edita da Lebeg ed è di prossima pubblicazione una sua raccolta in inglese.

 

* Per la fotografia di copertina, credits: Modio Media.