Alla ricerca dei canti popolari ⥀ Un ricordo di Giovanna Marini

Paola Vinay, sociologa e scrittrice, ricorda Giovanna Marini, grande artista impegnata, scomparsa di recente

 

La grande artista Giovanna Marini, classe 1937 (come me), ci ha lasciato a 87 anni, l’8 maggio scorso. Era una cantautrice impegnata che, accompagnandosi con la chitarra, cantava con la sua voce singolare. Ha cercato, registrato e tramandato i canti della tradizione popolare, raccolti nei suoi viaggi di ricerca lungo tutta la penisola: dai canti-lamento dei/delle braccianti, a quelli delle mondine, degli operai e delle operaie, dei soldati in guerra, delle lotte del ’68, ai canti anarchici e pacifisti.

Abitava a Monte Porzio Catone, in una casa di campagna sulla strada del Tuscolo. A Monte Porzio Catone, ogni anno, fino al 2019, ci ha regalato dei concerti con il suo coro della scuola di musica locale e della Scuola di Musica Popolare di Testaccio a Roma, di cui è stata animatrice e poi presidente. Qui ho avuto il privilegio di conoscerla di persona, incontrandola durante le nostre rispettive passeggiate e scambiando con lei quattro chiacchiere. Qui ho ascoltato con grande piacere i suoi concerti-lezione, durante i quali ci spiegava come aveva trovato quei canti popolari dal tono così pittoresco e come ne riproduceva i suoni originali con il suo coro, precisando come articolare la voce per renderla il più simile possibile all’originale.

Fin da giovane Giovanna frequentava e si confrontava con intellettuali, scrittori, musicisti, con alcuni dei quali collaborò attivamente: tra loro ricordo solo Italo Calvino, Dario Fo e Pier Paolo Pasolini. Fu quest’ultimo, tra l’altro, come ci raccontò una volta, a suggerirle di lasciare i concerti di musica classica per chitarra – fu allieva anche del grande Segovia – per dedicarsi ai canti della tradizione popolare. Nella Torino degli anni Sessanta, dopo gli anni tristi della guerra e quelli difficili del primo dopoguerra, con la ricostruzione e il boom economico, iniziò un periodo di grande vivacità: ripresero le lotte operaie, iniziò la contestazione giovanile, la rivendicazione dei diritti civili, di libertà della donna, dopo la riforma della scuola si posero le basi per quella del diritto di famiglia, della psichiatria, delle leggi per il divorzio e il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza. Fu un periodo di grande speranza in cui la cultura e l’editoria letteraria, politica e sociale conobbero uno sviluppo notevole1. A questo vivace clima contribuì anche il Cantacronache, un gruppo di letterati, musicisti e poeti, precursori dei cantautori italiani, i quali, rifacendosi alla tradizione dei cantastorie, scrissero e musicarono canzoni impegnate legate alla realtà. Di questo gruppo facevano parte, tra gli altri, Italo Calvino, Fausto Amodei, Sergio Liberovici e Michele Straniero. Ricordo bene alcuni dei loro canti, come Dove vola l’avvoltoio, scritto da Calvino e musicato da Liberovici,

o La zolfara, testo di Straniero e musica di Amodei.

Con la nascita, nel 1962, del Nuovo Canzoniere Italiano, a loro si aggiunsero altri cantautori, come Ivan Della Mea e Giovanna Marini.

Avevo incontrato, nella mia gioventù torinese, alcuni di quegli autori nel vivace salotto culturale di mia cugina e amata amica Edda Saccomani, ma non avevo conosciuto personalmente Giovanna Marini. Solo quando, nel nostro girovagare, mio marito ed io ci siamo fermati a Monte Porzio Catone, ho avuto la fortuna di conoscerla ed apprezzarla per il grande contributo culturale che ha saputo dare al paese.

Da allora non abbiamo mai perso quei concerti-lezione che Giovanna regalava alla nostra città e che per me sono stati fonte di gioia e grande arricchimento. In quelle serate la sua voce e la sua musica mi colpivano nel profondo, facendomi comprendere le basi della nostra ricca tradizione culturale orale.
Dopo il Covid, non ho più avuto occasione di vederla e ascoltarla, tanto che mi ero riproposta di andarla a trovare nella sua casa al Tuscolo, ma poi la discrezione e il peso degli anni mi hanno trattenuto dal farlo ed ora è troppo tardi.

Per i suoi funerali il duomo di Monte Porzio Catone era gremito di cittadini venuti a salutarla. Grande Giovanna, mancherai a molti e molte di noi.

(Paola Vinay)

 

 

 


Note

1 Paola Vinay ha ricostruito queste vicende nella sua autobiografia Il deserto è il mio posto preferito per guidare, pubblicato da Argolibri.