Alt-right e radicalizzazione delle imageboard: da 4chan all’attentato di Christchurch | di Raffaello Fratini
Nuova Zelanda, alt-right e imageboard 2.0: una riflessione intorno all’attentato terroristico di Brenton Tarrant
Cosa spinge una persona, un maschio bianco dell’occidente ricco, a compiere una strage? Potremmo pensare alla fede politica, agli anni del terrorismo in Italia in cui la violenza veniva perpetrata con una certa regolarità sotto una spinta ideologica, o potremmo pensare al fanatismo religioso. Eppure le ragioni che hanno spinto Brenton Tarrant, l’attentatore di Christchurch, in Nuova Zelanda, che ha ucciso quasi 50 persone, si ramificano molto più profondamente di così. Parliamo di una mente nutrita e intossicata da un pericoloso cocktail di nazionalismo, conservatorismo e concetti religiosi deviati, fomentati all’interno di una echo chamber ironica, ovvero una cassa di risonanza online che amplifica e bombarda determinati soggetti sfruttando un tipo di propaganda in grado di rinforzarsi da sola, in maniera quasi autonoma: quello che ne risulta sono individui del tutto distaccati dal mondo reale che credono a narrazioni completamente assurde. Queste echo chamber si manifestano principalmente sulle image board, siti in cui utenti anonimi postano e commentano immagini. Prima tra tutte, per numero di utenti attivi e produzione di contenuti, è 4chan, caotico vessillo dell’ironia online, in cui nulla è sacro e tutto può essere deriso, grazie all’anonimato garantito dal sito stesso. Su 4chan vengono prodotti e postati la maggior parte dei meme, fenomeno web apparso sulle imageboard nei primi anni 2000 e in continua ascesa. Il meme è un contenuto ironico destinato a far ridere soltanto chi ne conosce il contesto culturale, come una barzelletta che capiscono in pochi, che acquista valore quanto più risulta profonda e difficile da decodificare. Questa profondità è data dai layers, letteralmente degli “strati d’ironia” che mascherano il vero significato della risata e dividono il pubblico in due parti: quelli che capiscono la battuta, e quelli che passano troppo tempo nel mondo reale per poterlo fare. Si va così a creare un gruppo coeso e un senso di identità: chi segue le image board è in grado di accedere a una comicità speciale e unica, senza vincoli di etica o morale.
La radicalizzazione delle image board e l’assenza di layers
Certo tutto questo nasce da un fenomeno apparentemente innocuo, quasi adolescenziale, il gioco di alcuni ragazzi che, come tanti, sfidano la società a modo loro creando identità di gruppo. La ribellione stessa ai canoni standard della comicità, con battute razziste e omofobe oppure estremamente sgradevoli a livello etico come la banalizzazione dello stupro e dell’omicidio, faceva parte di una volontà condivisa di isolarsi dalla società. Dopotutto, se tra utenti ci si chiama “autistici” in opposizione ai “normies”, i normali, il desiderio di allontanarsi dalle convenzioni sociali si palesa subito come cuore pulsante del discorso. Anni dopo la creazione e diffusione delle image board, con l’avvento dei social network accade l’inevitabile: i meme e le immagini che prima erano esclusiva di 4chan e simili, iniziano ad essere condivisi su altre piattaforme più popolari, come ad esempio Facebook e Twitter, e vengono condivisi da chiunque, anche da chi non ha idea di che cosa sia un meme. Questo, per una comunità già estremamente elitaria, rappresenta una minaccia non da poco. Difatti, tra l’utenza comincia a serpeggiare in maniera sempre più convinta un sentimento di rivalsa violenta verso il resto del mondo, percepito come ostile e negativo, un sentimento che viene facilmente contaminato da ideologie di destra estrema. La lotta al politically correct ha creato una “destra alternativa” all’interno delle image board, finendo con trasformare i contenuti ironici, proprio grazie ai loro layers, in qualcosa che di ironico non ha nulla. I meme dai toni razzisti diventano quindi vera e propria propaganda d’odio, quelli in cui si ridicolizzavano le violenze sessuali si fanno simbolo della rivolta incel, e via dicendo. Parlando proprio di incel è giusto specificare meglio chi sono queste persone, nello specifico questi uomini, che hanno colonizzato alcune parti del mondo della cultura internet. Incel sta per involuntary celibacy, alla lettera celibato involontario e in parole più povere uomini che non riescono a trovare una donna con cui accoppiarsi. Le strambe teorie di questo gruppo affondano le loro radici nei pick up artists e in quella cultura che identificava la seduzione come una scienza matematica e vedeva nella donna un essere semplice e riconducibile a dei tratti instintivi preponderanti, relegandola all’atto pratico a poco più che un animale da ammaestrare seguendo specifiche forme e tecniche. Gli incel non riescono a stabilire un contatto affettivo con il mondo femminile e si scagliano in prima cosa contro le proprie caratteristiche fisiche credendosi troppo brutti e, in secondo luogo, contro la società. Perché se un tempo tutti, anche i più brutti, potevano essere in grado di trovare una compagna ora questo non è più possibile, dato che la liberazione sessuale avrebbe dato troppo potere alle donne che, scaltre e malefiche come sono, finirebbero con l’andare a letto solo con una ristretta élite di individui, lasciando tutti gli altri a bocca asciutta. Ovviamente l’intera teoria degli incel è un castello di carte per nulla scientifico e del tutto illogico, smontato da qualsiasi dato e addirittura da semplici osservazioni quotidiane eppure nel web si è largamente diffusa questa idea, arrivando a formare anche apposite pagine social per incel. Il ruolo biologico della donna e la visione di questa come incubatrice di bambini e nulla più è un elemento cruciale anche all’interno delle teorie deviate dell’attentatore australiano, presumibilmente apprese grazie al web legato alle image board dove egli stesso dichiara di essersi documentato. 4chan e i suoi analoghi divengono pian piano una grande cassa di risonanza in cui coloro che sono scontenti verso il mondo trovano loro simili con cui condividere idee discutibili e fomentare, ora praticamente in assenza di layers, le loro fantasie violente. L’odio, che era già presente sin dagli inizi ma in parte stemperato dalla risata, viene scaricato su coloro che secondo gli utenti più radicalizzati sono il male della società occidentale: la sinistra o più in generale i progressisti. Si tratta di una enorme frustrazione, psicologica e sessuale, che si autoalimenta costantemente all’interno della board. Se gli “autists” non riescono a rapportarsi con una donna è perché i valori del mondo sono sbagliati e le donne, naturalmente inferiori, devono tornare al loro “ruolo biologico”, altrimenti con la liberazione sessuale cercheranno solo partner di alto profilo. Se l’economia va male è colpa dell’immigrazione e delle politiche di sinistra, così come per il tasso di criminalità. Dopotutto glielo hanno insegnato i meme, che le persone di colore sono cattive e opprimono i bianchi, che fanno tanti figli e vivono sulle spalle degli onesti. Vengono emarginati dal mondo in quanto “troppo buoni”, mentre i furbi e gli svelti alla moda hanno la meglio nella gara della vita. Questa massa di individui delusi, ironicamente composta perlopiù da maschi bianchi provenienti da paesi ricchi, che si percepisce come deprivata e saccheggiata del proprio privilegio, diventa il bacino d’utenza perfetto in cui reclutare nuovi militanti per l’alt right, una destra che sorge parallelamente a quella classica e in cui i richiami nazifascisti si fondono a deliranti teorie nate sul web, tra cui pseudoscienze e complotti. A questo si somma un’area di copertura sempre maggiore: con la caduta dei layers infatti i meme si fanno accessibili a tutti e invadono il web di utenza comune, come i social e Youtube. Basta pensare allo streamer di videogames Pewdiepie, tra i più famosi al mondo, che nonostante fosse partito come un innocuo giocatore di videogames dalle reazioni buffe si è trovato ad essere uno dei tanti simboli della alt-right, la nuova destra nata sul web. Pewdiepie ha cominciato a diffondere nel suo canalese Youtube una serie di termine tipici della lotta al politically correct, tra cui la parola “ne*ro” usata come insulto senza alcun riguardo per la sensibilità altrui. Nella alt-right non c’è spazio per i sentimenti che sono roba da social justice warriors, persone troppo sensibili che diventano fastiodose nella loro pretesa di evitare insulti gratuiti. Il matrimonio tra alt-right e uno streamer bianco e di successo come molte icone di questa frangia estremista, in lotta perenne con il politicamente corretto era solo questione di tempo, fino ad arrivare a una inevitabile collaborazione con figure note di questa nuova destra come Ben Shapiro, portando la propaganda alt-right in un canale all’apparenza innocuo che dovrebbe trattare di videogiochi permettendo quindi la sua diffusione ad ogni livello anche tra i giovanissimi. Ora è possibile l’incontro con i conservatori e gli estremisti di destra non “autistici”, persone che magari neanche sapevano dell’esistenza delle image board ma che si trovano a ridere e diffondere contenuti in cui si ammazza il nero, in cui ci si immagina vestiti da soldato nazista mentre si erge il famoso muro voluto da Trump, dove si mettono in riga le donne e si pestano le femministe, o più in generale si ridicolizzano le persone dotate di sensibilità. I simpatizzanti di destra estrema si trovano sempre più facilmente a contatto con un’immensa mole di contenuti che rinforzano la propaganda riguardo alla sostituzione etnica dei bianchi in occidente e altre assurdità. Quando Luca Traini compie il suo attentato razzista a Macerata diventa subito icona della parte più tossica delle image board, e diventa un simbolo da riconoscere ed emulare dove possibile, inneggiato come l’uomo forte che reagisce e combatte l’invasore. Il gesto di Traini, che probabilmente non aveva alcun contatto con questo mondo, viene reso meme a zero strati di ironia, rendendo l’attentatore un militante, un campione della guerra malata contro lo straniero promulgata online dalla alt-right.
Il collegamento alla alt-right di Brenton Tarrant e alla cultura web tossica
Tarrant, lo stragista australiano, ha un modus operandi che ricorda da vicino quello di Anders Breivik, terrorista norvegese. Lui stesso, nel manifesto di 74 pagine pubblicato su 8chan, spiega come si sia sentito ispirato dalle azioni dello scandinavo nel 2011. Non è un caso che sui caricatori del fucile con cui ha fatto fuoco nella moschea ci fosse proprio il nome di Luca Traini, figura che difficilmente avrebbe raggiunto le orecchie di un cittadino australiano senza l’ausilio della community di 4chan. Tra coloro che hanno visto il video dell’attentato, qualcuno avrò senza dubbio riconosciuto alcune delle musiche ascoltate da Tarrant durante la guida in auto: si inizia con la famosa canzone serba rinominata “remove kebab”, vecchia conoscenza delle image board e vero e proprio meme degli albori, in cui si rideva (almeno superficialmente) della musica sgangherata fatta da soldati serbi durante la pulizia etnica contro i bosniaci islamici.
Se inizialmente la condivisione di un contenuto del genere non aveva intento emulativo, dobbiamo ora considerare un significato diverso: la risata resta, ma è accompagnata alla percezione di quei fatti come auspicabili e liberatori. In seguito parte “gas gas gas”, altra musica diffusissima nei contenuti youtube di vari streamer, specialemente in video di gameplay di videogiochi e collegata sia al mondo degli anime visti in chiave ironica, alla maniera di 4chan. Poi ci sono i riferimenti scritti sulle armi del killer, fatti storici di violenza e battaglie tra cristiani e musulmani rielaborati come momenti epici proprio da certe community online. Parzialmente responsabili di questo revisionismo glorificante sono le varie country ball, vignette umoristiche in cui i paesi e le forze militari prendono vita sotto forma di buffe palline interagendo tra di loro e facendosi la guerra in alcuni casi. Quando però si prende sul serio Christianity Ball e si fa proprio il motto dei crociati “deus vult”, Dio lo vuole, qualcosa è andato storto. Infatti ecco che la storica battaglia di Lepanto, in cui “deus vult” viene ripetuto più volte nelle sue rappresentazioni ironiche online, finisce citata sul fucile di Tarrant in maniera tremendamente realistica. Poi c’è la sua stessa immagine di profilo Twitter a confermarci ancora una volta la sua vicinanza con la cultura web, dato che li troviamo il meme di uno stereotipizzato uomo australiano, incredibilmente diffuso in tutti i social e nato proprio nelle image board.
Del resto, l’enorme forza mediatica dei meme risiede proprio negli stereotipi, che rappresentano la base della grande maggioranza di questi contenuti, che sommati tra loro costituiscono un vero e proprio bombardamento di informazioni all’interno della echo chamber. Seguendo lo stereotipo dal punto di vista dell’uomo bianco, è facile arrivare alla consclusione che tutti i neri sono gangster, tutti gli islamici terroristi, tutte le donne stronze, tutti quelli che la pensano diversamente infami. Non si può dire che sia stato 4chan o un suo derivato a rendere Tarrant un killer spietato, ma possiamo affermare con certezza che l’estrema tossicità di alcune zone del web possano aver avuto una parte nella sua radicalizzazione, e nella sua decisione di diventare uno stragista mediatico. Nonostante abbia scritto sul suo manifesto di non voler diventare famoso, la maniera in cui ha agito vuole senza dubbio essere virale, a partire dalla scelta di usufruire della diretta streaming in prima persona – quasi si stesse osservando un famoso streamer che gioca a uno dei più recenti videogiochi di massa, sparatutto adrenalinici o battle royale – passando poi all’abbigliamento simil Call of Duty, fino al potenziale memetico della playlist scelta per le scene nella sua auto.
Quello di Brenton Tarrant è un gesto curato in ogni minimo dettaglio, che vuole farsi cornice memetica e che mira ad essere riproposto, riprodotto, emulato. Il nuovo terrorismo emerso dalle sue azioni ricorda anche il metodo ISIS, fatto di spettacolarizzazioni e sensazionalismi, con omicidi in diretta e contenuti da machisti. Come l’ISIS teneva ben inquadrati i suo soldati in divisa dal volto coperto, simbolo di forza e fascino, la tuta militare e il giubbetto tattico di Tarrant sono simboli che si uniscono alle armi modificate, creando un personaggio le cui azioni ricordano quelle di un videogioco. Un personaggio fatto per affascinare e smuovere gli animi, che chiede ad alta voce di creare un esercito di emuli come egli stesso dichiara nel suo manifesto. Questa persona si dichiara un partigiano, non un terrorista, e chiede ad altri di seguirlo. Non è affatto da confondere con un lone wolf qualsiasi, i lupi solitari che agiscono in maniera del tutto autonoma e cadono presto nel dimenticatoio. Le azioni di Tarrant, se non saranno dissezionate e neutralizzate al più presto almeno sul piano ideologico, saranno destinate a mettere radici nella stessa 4chan da cui provengono e oltre fino a formare, purtroppo, uomini bianchi e arrabbiati in grado di prendere le armi conviniti di uccidere in nome di una giusta causa.