Argo va in ferie – Marettimo Italian Film Fest

Per iniziare le ferie, Argo è andato al Marettimo Italian Film Fest, dove ha scoperto un’isola appartenente all’arcipelago delle isole Egadi

Nuovo cinema Paradiso sotto le stelle”

Gli appassionati di trekking la prediligono per i sentieri a picco sul mare, i biologi ne adorano la Riserva Marina, gli ambientalisti ammirano la sola presenza di veicoli elettrici, i fan dello snorkeling non vedono l’ora di immergersi nelle acque cristalline di Cala Bianca e Punta Libeccio – per citarne solo alcune – e ammirarne la variopinta fauna ittica. Dal luglio scorso però l’isola di Marettimo, la più amena delle Egadi, è diventata un luogo di sperimentazione e riflessione sull’attualità ospitando, dal 17 al 20 luglio, la prima edizione del Marettimo Italian Film Festival.

Molte le celebrità giunte nel piccolo paradiso siciliano per presentare alcuni interessanti lavori cinematografici usciti durante l’ultimo anno. La manifestazione ha avuto come tematica cardine il mare ed il rapporto dell’uomo con l’ambiente. Paolo Genovese, direttore artistico del festival, Fabrizio del Noce, presidente onorario e Francesca Chillemi, madrina dell’evento, hanno dato inizio al concorso.  In giuria, Laura Delli Colli, Maria Sole Tognazzi, Nancy Brilli, Adriana Chiesa, Tomas Arana e Gloria Satta.

Tre lungometraggi, tre opere prime, dodici cortometraggi e tre documentari sul tema del mare sono stati proiettati nello scalo di mezzo di Marettimo che per alcuni giorni è diventato un Nuovo Cinema Paradiso sotto le stelle. Decretato vincitore assoluto come miglior film del Festival Il primo re di Matteo Rovere, in concorso con Ma cosa ci dice il cervello di Riccardo Milani e Momenti di trascurabile felicità di Daniele Luchetti. Ad aggiudicarsi “La stella Maris” come migliore opera è stato invece Bangla, scritto interpretato e diretto da Phaim Bhuyian. 

Nonostante il red carpet l’isola non perde la sua anima selvaggia ed enigmatica. Gli isolani, per quanto cordiali con il turista in arrivo, restano sfuggenti, abituati alla forza del mare, che come unisce, divide: li riconosci quando nella tarda mattinata se ne stanno seduti fuori della porta di casa disfacendo con pazienza certosina le gigantesche reti da pesca o quando sfrecciano in bici elettrica su e giù per i pendii.

Poco si sa delle origini di questo popolo. Al viandante non viene ricordato che Marettimo fu scenario della battaglia navale che decretò la fine della Prima Guerra Punica. Polibio datava lo scontro al 10 marzo del 241 a.C. e lo descriveva come uno dei momenti più tragici della storia antica: 10.000 prigionieri cartaginesi, distrutte cinquanta navi e sequestrate altrettante. Ancora oggi è possibile visitare, a 250 metri di altitudine, un presidio dell’epoca chiamato appunto Case Romane. L’isola che i Romani conoscevano come Marítima soffrì molteplici invasioni, ad incominciare dai Vandali per seguire con gli Arabi che nell’827 riuscirono a stabilirsi in Sicilia sbarcando a Mazara del Vallo proprio grazie al predominio raggiunto sulle Isole Egadi. Oggi è possibile visitare la torre di avvistamento saracena sul promontorio di Punta Troia, a nord-est dell’isola – il nome del luogo sarebbe un omaggio ad Enea che sbarcato a Trapani dopo la fuga dalla città di Troia avrebbe dato origine al popolo degli Elimi, sparsosi in breve tempo a Marettimo.

In età araba, sull’isola, detta Gazìrat Malitimah, vivevano in armonia coloni tunisini e profughi cristiani provenienti sia dall’Africa che dalla Sicilia; ancora oggi i pescatori di Marettimo usano parole di origine araba nel loro lavoro. Con la ripresa del potere da parte dei cristiani e la salita al trono di Ruggero II la torre di avvistamento si trasforma in vero e proprio castello.

Uno dei periodi più tristi della storia di Marettimo si ebbe con la dominazione spagnola della Sicilia:  in questo periodo la pirateria viveva un momento di massimo sviluppo e corsari genovesi, catalani, pisani e siciliani saccheggiavano le Egadi tanto che gli abitanti di Marettimo, sempre più impauriti, erano costretti a vivere in grotte naturali isolandosi il più possibile per non venire derubati o uccisi. Nel 1637 l’isola venne ceduta come moneta di scambio dagli spagnoli, indebitati, al marchese Pallavicino di Genova. Ecco che pochi anni dopo a nord-est dell’isola, a metà strada tra la nostra isola e Levanzo, venne scoperto un banco di coralli che fece rifiorire i commerci verso la Sicilia e fu responsabile di una riapertura verso l’esterno.

Con il successo senza precedenti di Napoleone Bonaparte l’isoletta divenne luogo di prigionia per oppositori politici. Il rivoluzionario Guglielmo Pepe raccontava, nelle sue Memorie, della prigionia presso il Forte di Marettimo. Grazie a lui gli storici hanno potuto ricostruire la vita sull’isola intorno all’inizio del XIX secolo. Pepe, condannato a scontare l’ergastolo per cospirazione ai danni dei Bonaparte, rimase solo nel 1803 a Marettimo riuscendo farsi spostare nel Forte di Favignana per poi fuggire poco tempo dopo grazie alla caduta di Napoleone.

Punta Troia

Di Palermo fummo tutti imbarcati per il castello di Trapani e di là per quello di Favignana . (…) Il Ricciardi, X…, ed io fummo imbarcati per l’isola di Marittimo, anagramma siciliano di Morti Mia, nome che non è punto smentito dell’orrore del luogo.

L’isola di Marittimo, collocata su vasto e arido scoglio, è posta dirimpetto alla città di Trapani, dalla quale dista sol trenta miglia. Nella punta dell’isola, che forma una roccia isolata, fu costruito un piccolo castello per avvertire con segnali convenuti la presenza di quei legni barbareschi che da più secoli molestavano il mare e le spiagge delle Due Sicilie.

Sulla piattaforma del castello, esposto a settentrione, era scavata nel vivo della roccia una cisterna, la quale verso la metà del XVII secolo fu svuotata dell’acqua che conteneva e convertita in prigione affini di rinchiudervi un tristo giovine il quale aveva ucciso barbaramente suo padre, ma che per ragion dell’età troppo tenera non erasi potuto condannare a morte. Poscia serví di carcere perpetua ad altri malfattori cui era stata fatta grazia della vita. E finalmente nel 1799, sotto il governo di re Ferdinando fu reputato ergastolo ben adatto a rei di Stato.

Il primo di costoro ad esservi condotto fu il Bassetti, generale della repubblica napoletana. Quando noi tre vi giungemmo, trovammo dentro quella fossa due altri prigionieri (…). Scendemmo nella fossa per via di una scala mobile di legno. La fossa era larga sei piedi e lunga ventidue, ma di disuguale altezza, perchè la volta era incurvata molto verso le due estremità, in modo che appena nel mezzo di essa potevasi stare in piedi. Era poi così oscura da non potervisi leggere neppure in pieno pomeriggio (…) E siccome la porta della fossa non si poteva chiudere con porta di legno, atteso che avremmo potuto morir soffocati per mancanza d’aria, così avveniva che la pioggia vi cadeva e l’umidità produceva tanti insetti che il Tucci e l’Aprile ne annoverarono fino a ventidue specie diverse.(…).

Mi posi a declamare i versi che il Milton, nel primo libro del suo Paradiso Perduto pone in bocca a Lucifero per confortare i suoi compagni. Uno dei condannati ai ferri che era nel castello, calando e montando due volte al giorno ci recava dell’acqua e scarso nutrimento e poi provvedeva pure alla nostra nettezza.

Le condizioni economiche e sociali degli abitanti di Marettimo erano tanto ardue che nel corso dell’Ottocento e del Novecento in moltissimi scelsero la via dell’emigrazione. Monterey, California, è stata fondata grazie al contributo dei lavoratori siciliani emigrati in massa. Inizialmente uniti dalla propria provenienza, queste famiglie si avvicinarono ancor di più trattando di conservare le antiche tradizioni siciliane soprattutto relative alla pesca ed alla religione – ancora vivo il culto di Santa Rosalia, patrona di Palermo. Gli abitanti di Marettimo, in particolare, erano noti in California come top fishermen nella pesca del Salmone in Alaska o delle sardine nel Pacifico (informazioni tratte da un opuscolo a cura del CENTRO ORIENTAMENTO EMIGRATI SICILIANI). Grazie al denaro che gli emigrati faticosamente mandavano a casa vennero costruite nel corso del Novecento le graziose casette bianche e blu dell’isola.

Scoprire il passato di quest’isola ne rende ancor più comprensibile la sua identità aspra e silenziosa da un lato, ma disponibile ad aprirsi al forestiero, dall’altra.