ARGO N. 3_Luther Blisset Jr.*: «Nome in codice Balanzone»

ARGO N. 3_Luther Blisset Jr.*: «Nome in codice Balanzone»

Come sono stato sacrificato perché nasca una nuova società. Tutto è iniziato e finito al Carnevale di San Giovanni in Persiceto…

Questo è l’ultimo articolo che pubblicherò, perché, iniziando tra una settimana il mio processo per Pedofilia, ho deciso di sospendere la mia attività pubblica fino alla sua conclusione. Non sprecherò dunque quest’ultimo fiammifero che mi è concesso d’accendere per illuminare l’ennesimo paradosso del mondo contemporaneo, ma per far luce in sette punti (sette come i peccati capitali, sette come le sette stelle dell’Orsa, e così via, di livello di lettura in livello di lettura), per far luce, dicevo, su quello che ormai da tutti viene definito il mio «naufragio». Dicono: ecco perché propugnava con tanto ardore l’introduzione delle nuove tecnologie in Italia- se ne serviva poi per i suoi sporchi traffici… e alla fine si è dato la zappa sui piedi! Risponderò a queste argute osservazioni con quella che da molti miei colleghi verrà definita una russovianata, cioè una difesa disperata, alla maniera di Rousseau, basata sulla confessione di nefandezze ben più vergognose delle colpe imputateci (avrei potuto lasciare implicito il tutto, concedendo a pochi intenditori il gusto intellettuale di scoprire i riferimenti celati, ma almeno per una volta, dato che probabilmente sarà anche l’ultima, voglio essere esplicito…).
Punto primo: sono – o meglio ero – una cellula di un’organizzazione segreta di «terroristi informatici», nome in codice Balanzone, e anch’io come gli altri ho messo in giro notizie false per destabilizzare il Sistema…
Punto secondo: Internet è l’Isola del Sole dei sovversivi convinti, potenziale ordigno rivoluzionario – è per questo che mi sono dato tanto da fare per pubblicizzarlo e propagandarne l’utilità.
Punto terzo: ho cercato di accentrare tutto il potere nelle mie mani per evitare dispersioni e cedimenti.
Punto quarto: dalla mia umiliazione nascerà un tale caos nella direzione della Scuola Superiore di Studi Umanistici di …, che ad approfittarne potrebbe persino essere un capo dei Goliardi, mascherato da assistente di qualche barone, in realtà abilmente manovrato dal nostro gruppo eversivo. Tutto questo lo so perché l’ho suggerito io stesso ai miei ex-compagni come exemplum di azione di Destabilizzazione.
Punto quinto: credo di essere vittima dei miei stessi insegnamenti, vittima di un atto di «terrorismo informatico».
Punto sesto: conosco i responsabili, il responsabile.
Punto settimo: non possono pronunciare il suo nome perché rischio di essere deriso come Polifemo.
Ora, mostrando tutte le mie cicatrici, ho acquisito, mi sembra, il diritto di essere creduto ciecamente; dunque credetemi quando vi racconterò l’antefatto e soprattutto quando dico di essere vittima di un complotto.
Martedì grasso ero a San Giovanni in Persiceto per un convegno su I codici delle società segrete nell’Ottocento: ero stato invitato per la mia nota passione per i codici e la decodificazione, ma alla fine defezionai preferendo starmene seduto comodamente dall’altra parte, tra il pubblico, in galleria a progettare con i miei bravi “compagni” un piano di controinformazione su un episodio cruciale d’attualità… Le poltrone del Teatro Politeama però non sono per nulla confortevoli e la mia digestione non deve esserne stata di certo facilitata, perché parole come quelle che mi sono uscite di bocca ad un certo punto non potevano che essere il frutto di una cattiva digestione.
Loro continuavano a ripetere che l’intellettuale collettivo non può essere controllato da niente e da nessuno, che confondendosi con la totalità delle menti non può essere giudicato e il tutto con quei loro modi sempre così sofisticati e sofistici… Allora me ne esco io dicendo: – Ma in fondo chi è che si espone sempre? Ci vuole una controfigura per apparire nel Teatro del mondo, anche solo per rovesciarlo… Sono o non sono io quella controfigura? È venuto il momento, ragazzi, di darmi ciò che mi spetta-. Forse saranno stati i cavolini di Bruxelles pizzicati al buffet che si sono opposti all’acidificazione e che volevano entrare per forza nell’intestino così, tutti interi… per giunta io pensavo a tutt’altro: mi vedevo ballare in tutù sopra una tavola rotonda mentre un’orchestra suonava Il lago dei cigni; mi vedevo avanzare con un flauto traverso accompagnando un branco sterminato di topi a un fiume di bitume e altre amenità di questo genere… Fatto sta che tutti, già esasperati per il mio centralismo, mi hanno guardato con la sentenza capitale negli occhi. Non hanno pronunciato una sola parola; c’era chi ridacchiava con supponenza, chi sembrava chiedermi ragioni di quelle mie assurde affermazioni, una spiegazione estrema prima di essere sacrificato, ma comunque erano tutti convinti, decisi, irremovibili: mi avrebbero fatto fuori in qualche modo. Evidentemente ero di colpo apparso un pericolo per gli stessi princìpi fondanti dell’organizzazione. Mi sono alzato subito, esplodendo in una grassa risata. E sono uscito sparendo tra la folla festante.
Il giorno dopo il mio computer era bloccato. Chiamo il tecnico, il tecnico viene, fa quello che deve fare e se ne va. Dopo due ore ho i NAS alla porta. Ora chi è secondo voi che ha immesso nel mio computer una serie interminabile di foto proibite, indirizzi sospetti, eccetera eccetera? E chi ha fatto in modo che tutto questo materiale fosse portato alla luce dai NAS su segnalazione di un tecnico che sospetto di aver visto qualche volta alle riunioni del nostro circolo? Non vi aspetterete davvero che ve lo dica io, per poi potermi ridere dietro?

TRE POSTILLE ANTIPOSTILLANTI

Fiammifero: siamo costretti a notare come, fin dall’inizio, il personaggio narrante, nonostante i ripetuti dichiarati sforzi, dimostri di non riuscire ad essere completamente esplicito. Quella che potrebbe sembrare a prima vista una metafora (riferita alla proprietà di qualsiasi scritto di illuminare una situazione, una problematica, «l’ennesimo paradosso del mondo contemporaneo» appunto), non è altro infatti che un riferimento criptato al titolo della rubrica in cui il presente scritto avrebbe potuto essere realmente pubblicato dal personaggio narrante, qualora esso non fosse soltanto puro e semplice frutto della nostra immaginazione. La rubrica in questione è La bustina di … «leggeri ed eleganti fiammiferi, prodotti dal Monopolio di Stato, il cui marchio raffigura una testa della dea latina corrispondente alla greca Atena», tenuta dal Nostro su un espressamente noto settimanale italiano (ci teniamo a precisare che la nostra oscurità non è affatto voluta, ma imposta dalla necessità di evitare censure da parte dei responsabili di questo spazio editoriale).

Voglio essere esplicito: è palese qui il tentativo disperato del personaggio di accreditarsi la fiducia del lettore, anche a costo dell’abiura.

Tutte le mie cicatrici: ennesima dimostrazione di quanto affermato nella prima Postilla. Pur avendo svelato al lettore che si trova davanti a una russovianata, il personaggio narrante non sa trattenersi dall’introdurre di soppiatto riferimenti cifrati alla russovianata stessa: ne Le confessioni Rousseau prende infatti esplicitamente le distanze dal suo predecessore Montaigne, il quale nei suoi Saggi aveva fatto credere di volersi ritrarre fedelmente, precisando il Rousseau che il risultato è stato quello di ritrarsi di profilo, celando al lettore eventuali cicatrici presenti nel lato nascosto del viso. La russovianata, come è già stato furbescamente anticipato, consiste appunto nel mostrare tutte le proprie cicatrici affinché non possano più esservi dubbi sulla credibilità di chi si confessa.

Note

* L’autore non coincide con l’io narrativo, ne è anzi il boia.