Ave, Cesare! | di Joel e Ethan Coen | recensione di Enrico Carli
Genere: Commedia
Durata: 106
Con: Josh Brolin, George Clooney, Alden Ehrenreich, Ralph Fiennes, Scarlett Johansson
Paese: USA
Anno: 2016
Edward Mannix è un uomo della vecchia Hollywood, manager faccendiere, di quelli che risolvono i problemi delle star e costruiscono per la stampa versioni edulcorate delle loro traversie, in linea con i principi commerciali degli Studios negli anni ’50; quelli dell’happy ending, della caccia alle streghe, del “sì ai sandali no agli scandali” per intenderci. Vanno forte il peplum, il western, il musical e in genere tutta l’allegra combriccola dei film in costume. L’immagine del divo non deve essere compromessa dalle sue debolezze umane, dal fatto che tradisca la moglie o che beva troppo, come accade alla star Baird Whitlock. Per far ciò, anche l’immagine “dell’uomo che ne cura l’immagine” non deve avere macchie, e il fatto che Ave, Cesare! inizi con un’Ave Maria la dice lunga su Eddie Mannix – qualcosa da nascondere forse ce l’ha anche lui. Dentro il confessionale prega per star lontano dal vizio di fumare; proprio lui che per contratto butta fumo sugli occhi dei giornalisti.
C’è anche chi per contratto fa il capro espiatorio (alla maniera del signor Malaussène), cioè viene pagato per prendersi le altrui colpe. E ci sono attori in gonnella da centurione romano invitati loro malgrado a raduni di sceneggiatori comunisti, dive sirenette scorbutiche alla Esther Williams, bovari da western scarsi a recitare quanto abili a cavalcare e lanciare il lazo, gemelle separate alla nascita da inclinazioni giornalistiche non gemellari, novelli Gene Kelly in salsa marinara, un regista dal nome (per qualcuno) impronunciabile. Tutta l’umanità bizzarra a cui i Coen ci hanno abituati partecipa alla messinscena, giacché siamo a Hollywood, la fabbrica dei sogni, e nelle capatine tra un set e l’altro, tra una sala di montaggio e una di proiezione, siamo accompagnati ad assistere alla magia del cinema nel suo farsi, davanti e dietro le quinte. E se di film sul cinema ne abbiamo visti parecchi, qui i Coen raddoppiano con un film-nel-film al quadrato. La cornice – la storia del manager cattolico in astinenza dalle sigarette – è una commedia noir che ha ben più di un pregio: oltre ad essere estremamente divertente, ci dice qualcosa sul potere della persuasione.
Non solo quello del cinema, ma quello della religione e della politica. Se come il “loro” rappresentate ebraico in Ave, Cesare! i fratelli Coen confessano di «non avere un’opinione» (mi viene in mente al proposito una battuta di A Serious Man, il padre dello studente che forse ha cercato di corrompere il professore gli dice profeticamente: «Accetta il mistero»), questo non significa che la loro visione del mondo sia priva di chiarezza. È libertaria, non impone, indica; non dice “no”, piuttosto “perché no”; non “per di qua”, ma “di qua per”. Ecco perché nel loro caso il leitmotiv è sempre assurdo. Sul serio volete credere di avere ragione voi? Potremmo chiamarlo ebraismo, cultura ebraica o esistenzialismo. Di certo, dopo l’ultimo notevole A proposito di Davis, i fratelli più talentuosi di Hollywood aggiungono un’altra mirabile opera alla loro intelligentissima filmografia sulla stupidità umana. Ave, Coen!

Enrico Carli
Enrico Carli vive a Senigallia (AN). Ha pubblicato un romanzo breve, "L’uomo in mare" (Ventura Edizioni). Suoi racconti sono apparsi nelle raccolte "3x9 - Tre scrittori per nove racconti" (Grinzing); "Taccuino di viaggio nelle terre del duca" (Weekend&Viaggi); "Pagine Nuove" (Cattedrale); "Tremaggio" (Ventura Edizioni); "Tutti i gusti" (Ventura Edizioni). A gennaio 2020 uscirà il suo romanzo "Tupilak o come si diventa sciamani". Scrive di cinema su Argonline.it