Un’azione sublime ⥀ Un racconto di Sarah di Piero
In questo breve racconto di Sarah di Piero, ci troviamo nella clinica del Centro di Salute Mentale, dove il dialogo tra il paziente e la psicologa assume i tratti tipici dell’incomunicabilità e infine del surreale
Appoggiò la penna e fissò la cartella clinica. «Le propongo, a questo punto, di non rinnovare i nostri appuntamenti». Ero lì da mezz’ora circa. Stavo piangendo.
Le avevo indicato la nuova terapia che mi aveva dato la neurologa, le avevo raccontato della domenica in cui avevo ingoiato venti compresse di Tolep da seicento milligrammi ed ero finita una notte in ospedale in osservazione, infine, le avevo detto che avevo speso quasi tutti i soldi che avevo, ma il culmine dell’emozione me lo aveva fatto raggiungere lei: raccontandole di un episodio che mi era successo pochi anni prima, mi rispose che erano tutte fantasie e suggestioni. Le lacrime mi erano sbocciate negli occhi in quel momento, quindi appoggiò la penna e fissò la cartella clinica. «Le propongo, a questo punto, di non rinnovare i nostri appuntamenti». Mi stava dicendo di non andare più al Centro di Salute Mentale.
Avrei voluto dirle che, quando ero stata male qualche anno prima, ed ero rimasta un mese nel letto, rigida e inappetente, si era verificata una cosa simile: mi volevano cacciare dal CSM come fa certa gente con un cane indesiderato; non mi volevano lì dentro e lo avevano dimostrato cercando di avere il consenso dai miei genitori per farmi andare in una comunità.
«Non sono solita mettere le mani sulle terapie date da altri colleghi, anche perché se poi ci sono effetti collaterali, chi se ne assume la responsabilità?».
«La neurologa mi ha aggiunto l’Haldol per gli scompensi premestruali. Due milligrammi a millilitro. Dieci gocce mattina e pomeriggio. Tre giorni prima del ciclo». Lei prese la penna e segnò, poi appoggiò la penna e fissò la cartella clinica. «Le propongo a questo punto di non rinnovare i nostri appuntamenti». Pochi mesi prima avevo provato a cambiare psichiatra, perché ogni visita che facevo con questa dottoressa mi creava dei grossi problemi, ma mi era stato detto che non potevo andare da nessun altro medico.
Le raccontai di quando la psicologa uscì dal mio corpo: sentii una sensazione fisica come di sdoppiamento e vidi un mare attorno a me, pieno di morti che galleggiavano. «Che sogno particolare». «Non era un sogno, dottoressa». «Come?» «Non era un sogno, ero sveglia». «Una fantasia, dunque, lei ne fa spesso».