Il bambino delle uova di Edoardo Occhionero ⥀ Passaggi
La rubrica Passaggi ospita oggi il testo Il bambino delle uova di Edoardo Occhionero, accompagnato da un’illustrazione di Gabriele Zagaglia. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Immagine in copertina di Gabriele Zagaglia.
Al pollaio si accede anche dalla strada sul retro che sale a Cascina G. Scendo dalla macchina per aprire il lucchetto del cancello così il nonno C. entra con la macchina per scaricare i sacchi di mangime comperati al consorzio agrario. Il pollaio è squadrato come un panetto di burro, però cementizio, per certi versi neutro. Si vedono i mattoni in cima che non combaciano con la tettoia, segno che i vecchi pannelli in amianto sono stati rimossi. Davanti i bidoni per contenere l’acqua. Infatti c’è un tubo sospeso che prende rifornimento dal rubinetto esterno della casa padronale; sale lungo i terrazzamenti del pomario, parallelo al cavo della corrente che aziona la lampadina invernale per alterare il fotoperiodo.
Apro il cancello per far entrare la macchina, attento che le galline non scappino di fuori. Col nonno C. spostiamo i sacchi all’interno e li svuotiamo in altri bidoni divisi tra granturco semplice e quello che chiamiamo ovaiolo, che non è altro che una miscela più raffinata. Aprendo i coperchi, gli scarafaggi turbinano in cerchio presi dallo spavento, li prendo con un padellino e li lancio via.
Il pollaio va tenuto in ordine, per la polvere e le ragnatele non si fa molto; invece è importante rimuovere gli stronzi che si seccano sui trespoli che le galline usano di notte. Anche l’acqua. Cambiarla ogni due giorni, e aggiungerci un dito di aceto contro la proliferazione delle larve. I polmoni aumentano al ritmo di. Ma l’odore più persistente è quello della calce, disseminata sempre al ritmo di, per disinfettare più a fondo.
Il momento che preferisco è quando nella gerla col fieno c’è la gallina che sta per deporre, e mi metto ad aspettare non facendomi vedere. Il segnale è il chiacaricò che è diverso dal chiocoricò di quando razzolano a terra. L’uovo è ancora umido e caldo, poi diventa meno caldo, finché il calore viene assorbito tutto dalla mano, ed è bello sentire la porosità col polpastrello. Per trasportare le uova, se faccio la media di quante ne ho trovate i giorni prima, bastano le mani. Ora ho nove anni e ce ne stanno tre per ognuna, ma devo calcolare che una deve rimanere libera per aprire la porta e il cancellino, se no le appoggio un attimo sui gradini per richiudere.
Spesso ho sognato che era notte ed entravo con un secchio da imbianchino e ce n’erano a dozzine, anche per terra, anche negli angoli più difficili. Era evidente che alcune erano vecchie, coi trucioli secchi attaccati, e già olivastre. Ma mi svegliavo sempre prima di riuscire a raccoglierle tutte, come sotto la minaccia del temporale.
Ora che è l’inizio dell’estate, significa che la deposizione è quasi al culmine, e qualcuna inizia già a covare. E la stagione è bella per arricchire la loro dieta con un po’ di verde e scarti dell’orto. A volte getto una lucertola catturata solo per vedere come reagiscono, altre vado in missione grilli, finché non mi chiama indietro la nonna ché sono stato per troppo fuori.
Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Edoardo Occhionero
Edoardo Occhionero (Carate Brianza, 1997) è laureato in Traduzione presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi sulla poesia giapponese contemporanea a verso libero e su una proposta traduttiva di Takahashi Mutsuo. Attualmente è iscritto al Dottorato di ricerca in Digital Humanities presso la medesima università. Suoi scritti sono comparsi online su vari lit-blog. Alcune poesie in giapponese sono state pubblicate su “Mi’Te” e in diversi numeri di “Inkarepoetori”, rivista interuniversitaria che raccoglie i contributi dei principali atenei giapponesi. È autore della raccolta "La casa e tutt’intorno" (Arcipelago itaca, 2024).