La bellezza deforme delle nostre anime ⥀ Uno sguardo sull’opera di Fabio Pini
A seguito della mostra personale “Favoloso”, allestita a Roma nel mese di novembre presso la galleria Incinque Open Art Monti, ospitiamo uno scritto di Claudio Orlandi sull’opera del disegnatore Fabio Pini
Il mondo in cui noi tutti viviamo, ciò che comunemente chiamiamo la nostra società, ha dei valori riconoscibili. Il nostro è il tempo dell’apparire e nella sua realizzazione la società ci spinge ad aderire a categorie ben precise, invitandoci quotidianamente a mostrare il nostro lato migliore. Siamo chiamati ad essere sani, belli, propositivi, felici, ottimisti. In una parola, abbiamo il dovere della normalità.
Eccolo il concetto più terribile, la normalità. È in relazione a certi principi – o meriti sociali – che si può stabilire la maggiore o minore aderenza alla normalità: quanto più con i propri comportamenti, stili di vita, ci si avvicina a certe categorie, tanto più si è normali, considerati tali; quanto più ci si discosta, tanto più non lo si è, e si è altro. E questo altro – ovviamente – non è chiaro cosa sia.

Il punto centrale della riflessione resta però l’importanza dell’apparire e del suo proporsi come unica dimensione esistente. I social hanno portato questo processo a livelli impensabili fino a pochi anni fa. Ognuno è chiamato a darsi nella sua versione più felice, a recitare il suo ruolo migliore in questa grande finzione scenica collettiva. Come se le logiche del marketing avessero invaso ogni sfera del sensibile e ognuno fosse l’agente pubblicitario di sé stesso.
Nell’apparire siamo tutti belli, sani e normali. Conformi ai valori dominanti. Chi non si attiene a queste regole non si vende bene, rompe il patto sociale rischiando l’emarginazione.

Ma sotto il velo plastico dell’apparenza c’è la realtà. Una realtà che ognuno di noi – spinto dal dogma sociale – cerca di segregare, di nascondere, di rendere sostanzialmente invisibile. E non si parla dei naturali processi di invecchiamento, contro i quali si lotta con sempre più sofisticati filtri fotografici, ma della realtà più intima delle persone, in quella dimensione entro la quale per taluni è possibile scorgere la presenza dell’anima. Non è una regione facile da scorgere, proprio perché celata. L’artista, tuttavia, ha la capacità di vederla.

Il punto è che spesso questa realtà è ben distante da quello che appare e noi tutti non siamo in effetti così belli, sani, perfetti e normali, tutt’altro. In realtà siamo deformi.
Il tempo deforma sia il nostro essere spirituale (l’anima) sia il nostro aspetto reale, le nostre ossa. Le nostre cartilagini si modificano nel tempo e possono assumere forme bizzarre e astruse.
Ecco, i disegni di Fabio Pini a mio avviso ci mostrano la realtà dei nostri esseri. L’immagine delle nostre anime.
Intendiamoci, nell’arte di Pini c’è anche altro, ma a me piace sottolineare soprattutto questo aspetto rivelatore, ossia la sua capacità di portare alla luce le nostre deformità interiori, così come le nostre debolezze, gli stati di isolamento, il pianto, lo smarrimento psichico. Appunto quelle dimensioni che l’odierna società dello spettacolo plastico preferisce eliminare dagli schermi, sanzionando i trasgressori.
Non a caso una delle figure ricorrenti tra i presunti favolosi disegni di Pini è il fauno, parte umano parte capra. Ma più in generale le figure umane spesso si deformano e si tramutano in esseri animali. È in questa metamorfosi che risiede il passaggio dall’apparenza alla realtà, dai belli, sani e conformi ai deformi irrazionali. Si noti anche che alcuni personaggi disegnati dall’artista sono in grado di conoscere la felicità proprio trovando l’equilibrio con le loro forme reali, vissute in libertà e spensieratezza.

Vedendo una carrellata dei disegni di Pini si può avere l’impressione di trovarsi al cospetto di una sorta di circo di Freaks, mentre a manifestarsi sono le nostre anime reali. Siamo noi ad avere teste di toro, piedi caprini, mani palmate con tre o sei dita. Sono le nostre anime che il tempo, la vita, ha modificato, sotto il telo dell’apparenza scenica richiesta dalla società.
In questo senso l’arte di Fabio Pini ha una forte dimensione panica, quasi fosse un omaggio al dio Pan. Il dio della realtà umana, delle pulsioni non represse e libere di manifestarsi anche nella loro più intima brutalità, nella più riposta mostruosità.

Di fronte a queste opere si possono avere diverse reazioni. Forse quella più immediata è una forma di repulsione e anche di rifiuto. Abituati a vedere, a osservare quotidianamente soggetti belli, si è istintivamente mal disposti a ricevere immagini non conformi. È un atteggiamento comprensibile. Ma l’arte – quando è fedele a sé stessa – ha proprio il potere di mostrare ciò che i valori dominanti tendono a occultare. Nel caso di Pini, la questione è profonda, e l’impatto tra osservatore e disegno rischia di alterare il sistema di ricezione abituale del soggetto consumatore-ricettore di immagini apparenti. Esplorare i suoi disegni rappresenta infatti la grande possibilità di riappacificarci con quella parte di noi stessi che nascondiamo e che la società ci chiede di non esporre. Ma la realtà, sebbene occultata, esiste – forse più di ogni altra cosa – e conviene a tutti noi riconoscerla e viverla in completa onestà spirituale.
(Claudio Orlandi)
Fabio Pini è nato nel 1973 a Roma, dove risiede e lavora. Ha conseguito nel 1992 la maturità classica presso il Liceo Classico Statale “Gaio Lucilio” di Roma. Ha frequentato il Dipartimento di Storia dell’Arte della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza. Dal 2011 al 2014 ha studiato disegno e pittura nello studio del Maestro Gian Luigi Mattia.
2011 – Mostra collettiva “Foto di un anacronismo di gruppo”, degli Zingari Gallery;
2013 – Mostra personale “Per una geografia immaginale”, nell’ambito della settima edizione del festival “Teatri di vetro”; mostra personale “Se non la realtà”, nel corso della seconda edizione del Flep! Festival delle Letterature Popolari;
2016 – Mostra personale “Camera con vista”, Bio-sphere Gallery;
2022 – Mostra personale “Favoloso”, Incinque Open Art Gallery.
Claudio Orlandi è nato nell’agosto del 1973 a Roma, dove si è laureato in Scienze Politiche. Da oltre venticinque anni è voce e autore dei testi del gruppo musicale Pane, con il quale ha realizzato numerosi concerti e cinque dischi: Pane (2003), Tutta la dolcezza ai vermi (Lilium, 2008), Orsa Maggiore (2011), Dismissione (Sossella, 2014), The River Knows – A Tribute to the Doors (2018). Del 2009 il disco Corde e martello in duo piano e voce. Dirige su YouTube Radio Pomona, proposta di letture poetiche. Nel giugno 2021 è uscito per Tic edizioni Il mare a Pietralata. Poesie e canzoni 1990-2020.
* L’immagine in copertina è un disegno di Fabio Pini realizzato con grafite e matita colorata su carta da pacchi intelata, 100×160 cm.