Borgopoli ⥀ Opera collettiva solarpunk #12
Il viaggio nella Borgopoli marchigiana prosegue nel racconto di un’opera collettiva solarpunk. Il testo che vi presentiamo oggi è di Patrizia Baglioni e si intitola Il patto della cordata, l’illustrazione è di Marco Salusti. È possibile leggere qui l’editoriale della rubrica e la lista dei contributi pubblicati finora
#12
«Non sei stato onesto. Se avessi saputo non sarei venuta».
«Le corde sono impalpabili, non ti accorgi della loro presenza».
«Ma ci sono e io ne sono a conoscenza. Non voglio essere legata a sconosciuti».
«È una corda di sicurezza».
«È una privazione di libertà».
La stasi. Le parole si assentano dal dialogo, si tirano fuori, rinunciano alla loro portata: la responsabilità. Il tempo si rintana nei silenzi, scompare dalla vista dei parlanti. Restano solo gli sguardi, fissi, pronti a cogliere i cedimenti dell’altro.
È lui ad abbassare gli occhi per primo.
Lei si gira, fa per andarsene, ma Antonio resta immobile, gli occhi fissi sui piedi, una statua di fermezza. Lo smeriglio con il suo volo interrompe l’angolo di cielo che li riguarda e li richiama con il suo verso.
Simona lo fissa.
«Va bene, ma è una prova, non ce la farò, non è nella mia natura».
Antonio sorride.
«Già, la natura…»
Un passo oltre il confine e Smerillo l’ha presa. Fili sottili si protendono verso di lei, la abbracciano con cura alla vita, non sono visibili, né striscianti. La ragazza avverte come una calda carezza che le attraversa il corpo, nulla è visibile.
«Posso muovermi?»
«Puoi fare ciò che vuoi».
«Raccontami di nuovo. Perché?»
«Gli abitanti di Smerillo hanno sempre conosciuto e amato la loro Montagna, sapevano decifrare le sue parole e le rispettavano. Durante la Grande Guerra la Montagna li chiamò a sé indicando un’ampia caverna segreta, tutti si rifugiarono lì e si salvarono. I bombardamenti distrussero i piccoli centri vicino al Monte e i sopravvissuti ricostruirono ciò che restava. In tanti chiesero protezione e intorno alla caverna si sviluppò la nuova Smerillo. I suoi cittadini strinsero un patto con la Montagna, lei li avrebbe custoditi come un faro sul destino a condizione di legarli a lei in una infinita cordata».
«Non è accettabile tutto ciò, oggi non siamo più in guerra, perché restate qui a queste condizioni?»
Antonio sorride. Tra le sfumature del suo sorriso prevale la serenità della consapevolezza.
«Sei sicura?»
«Non mi sembra che la nostra Nazione sia coinvolta in conflitti».
«Non hai proprio compreso cosa sia una cordata e non posso spiegartelo, lo vivrai».
Antonio si gira e si allontana lentamente lasciando Simona in quel luogo dove i confini sono stati superati. La giovane dovrebbe seguirlo, ma un timore la tiene ferma, non sa neanche come muoversi. È come se stesse imparando nuovamente a camminare osservata da un genitore imponente. Simona procede con sospetto verso la piazza centrale alla deriva tra l’incrocio dei sentieri. Piccoli simboli sembrano guidarla, il volo di una farfalla bianca, un ciclista che svolta improvviso, il profumo forte e deciso di carne in umido che proviene da una finestra aperta. Si ritrova in un piccolo spazio verde con una fontana al centro, fiori e comode panchine fanno da cornice. Si siede per riposare, il vento le sfiora gli angoli del viso, e mentre chiude gli occhi le sembra di sentire un sussurro fatto di parole incomprensibili.
La pace.
Una conquista dopo tanto tempo, forse Antonio ha ragione, in quel luogo speciale può ritrovare se stessa?
A quel pensiero torna irrequieta, se la pace è imposta non è reale. Si alza di scatto stizzita. L’ingenuità non le è mai appartenuta.
«Dai, Simona, nessuno ti salva e l’aiuto, se c’è, non è mai gratuito. Perché mi sono lasciata trascinare in questa storia?!»
Sta per allontanarsi quando sente un pianto sommesso, un bimbo di sei o sette anni seduto sugli scalini singhiozza curvo su qualcosa.
Simona si avvicina per guardarlo meglio, il bambino ha in mano un gattino dal pelo fulvo, inanimato.
«Ehi, piccolo, posso aiutarti?»
«La Montagna non lo ha salvato… non lo ha salvato».
«Non credo che la Montagna abbia il potere di evitare la morte. Sai, anche lei fa parte del ciclo naturale. Amavi molto questo gattino?»
«Era mio amico».
Il bimbo alza gli occhi e la fissa attento come se scrutasse i dettagli del suo viso e poi lo sguardo si illumina di una dolce sorpresa.
«Sei bella».
Simona sente un calore avvolgerla non più alla vita, ma al petto. La costrizione quasi non le permette di respirare, quella frase così essenziale risveglia i ricordi più belli.
Era piccola, in braccio a suo padre e si sentiva protetta.
Nessun uomo, nessuna posizione lavorativa, nessun riconoscimento l’ha più fatta sentire così… fino a quel momento.
Ora sa cos’è la Cordata.
«Dai, ti accompagno a casa».
(Racconto di Patrizia Baglioni)
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