Cadenza diabolica ⥀ Poesia e musica in Giorgio Caproni

Le poesie di Caproni sono importanti componimenti anche dal punto di vista musicale: per il poeta, la musica è una riserva di nozioni teoriche da sfruttare per il discorso poetico

 

Il Novecento italiano è stato un secolo di poeti e poetesse attenti al fenomeno musicale. Molti sostengono che proprio dalla musica sia stato mutuato quel ritmo che avrebbe affiancato, talora sostituito, in modo più o meno evidente, gli schemi metrici della tradizione poetica italiana, creando la cosiddetta metrica libera o – secondo una felice espressione di Pier Vincenzo Mengaldo – «liberata»1. Ed è sempre Mengaldo a notare che prima dell’avvicinamento della poesia alla musica se ne verificò uno opposto: la diffusione di generi musicali lirici come il Leid o di forme compositive brevi e a quadri (come molte opere giovanili di Schumann)2.
I poeti e le poetesse italiani del Novecento hanno ascoltato e talvolta composto musica, accogliendo diverse sue istanze e seguendo percorsi differenti; sono stati anche lettori e lettrici (più o meno buoni) delle proprie poesie, modulando la parola scritta con lo strumento della propria voce.

Il metodo con cui ciascun autore dialoga con il mondo della musica è in larga misura originale. Ciononostante, si possono individuare alcune classi di trattamenti comuni (spesso ibridate): l’argomento musicale può essere affrontato indicando come modelli di un certo tipo di musica alcuni autori-simbolo, come fa Gozzano con autori sei-settecenteschi nella seconda sezione dell’Amica di nonna Speranza, o come fa Moretti in La maestra di piano, dove a essere messi a confronto sono l’arido, tecnico Czerny e l’infuocato Beethoven; ci si può concentrare sui simboli e i ritmi che si celano dietro gli strumenti musicali: così ad esempio lavora Montale per la silloge Accordi, di cui sopravvisse un solo componimento (Corno inglese) all’interno di Ossi di Seppia; la poesia può mutuare le caratteristiche generalmente riconosciute come distintive di certi generi musicali (si vedano Impromptu di Amelia Rosselli, Requiem di Patrizia Valduga, tutte le liriche della sezione Movimenti di Ossi di Seppia, Andantino di Caproni); infine, la musica può diventare un’importante riserva di nozioni teoriche da sfruttare per il discorso poetico. Proprio privilegiando quest’ultima prospettiva mi sembra che vada interpretata la lirica Cadenza di Giorgio Caproni (contenuta nel Muro della terra, 1975), della quale cercherò di fornire un’analisi dettagliata.

 

Tonica, terza, quinta,
settima diminuita.
Rimane così irrisolto
l’accordo della mia vita?

 

Schema metrico: due settenari e due ottonari alternati; rima tra i due ottonari.

La poesia può essere compresa solo tenendo a mente alcuni fatti di composizione musicale, di cui Caproni, in virtù dei suoi studi, aveva una conoscenza approfondita. I primi due versi riferiscono, con meticolosa precisione, gli elementi che compongono una tetrade, ovvero un accordo formato da quattro note: si tratta di un accordo di settima, considerato per definizione dissonante3. Esistono sette specie, cioè sette tipi, di accordi di settima: le prime tre specie si caratterizzano per un intervallo di settima minore (cioè un intervallo di 5 toni tra la prima e l’ultima nota), la quarta, la sesta e la sesta per un intervallo di settima maggiore (un intervallo di 5 toni e mezzo); ma il testo parla di settima diminuita, riferendosi in maniera inequivocabile all’accordo di settima di quinta specie, l’unico che si distingua, appunto, per questo intervallo. La quinta specie è forse la più interessante fra gli accordi di settima: si compone di tre successivi intervalli minori (che valgono ciascuno tre semitoni): così, ad esempio, domib, mibsolb e infine solbsibb. Considerato dal punto di vista del do, mib si trova a un intervallo di terza minore, solb a un intervallo di quinta minore, mentre sibb a un intervallo di settima diminuita. La particolarità dell’accordo di settima diminuita è che non esiste nessun punto di riferimento: la distanza tra tutte le note della tetrade è sempre un intervallo di terza minore. Così, per esempio, se dopo sibb volessimo tornare al do, otterremmo ancora un intervallo di terza minore; e altrettanto se dal do tonico volessimo scendere a sibb. Questo fa sì che il concetto stesso di rivolto diventi operativamente inutile, dal momento che, qualunque sia la nota di partenza, la successione degli intervalli sarà sempre di 3-3-3 semitoni (così per esempio solbsibbdomib).

Un’altra importante conseguenza di questa uguaglianza di intervalli è che, fuori da un contesto armonico, è impossibile determinare quali siano i diversi gradi della settima di quinta specie: come possiamo dire, ad esempio, che do è la tonica e mib è la terza? Esistono altrettante ragioni per ritenere che mib sia la tonica e do la settima. Questa condizione di assoluta incertezza dell’accordo ha fatto sì che conquistasse – a ragione – il titolo di accordo più dissonante: più di ogni altra settima, questa reclama una soluzione (anche per questo è stata spesso definita «accordo di passaggio»), cioè uno scioglimento dell’estrema tensione musicale generata dalle sue note. Le particolarità di questa tetrade non sono finite. Tra il primo e il quinto grado e tra il terzo e il settimo ricorre un tritono di quarta aumentata, che può essere anche chiamato di quinta diminuita: si tratta, come dice il nome, di una distanza di tre toni, formata in questo caso dalla somma di due intervalli di terza minori. Il tritono è famoso tra i compositori per via del suo carattere instabile, dissonante; carattere che, lo abbiamo visto, passa poi a tutta la settima di quinta specie. Per queste ragioni l’intervallo, a partire dal Settecento, è stato chiamato diabolus in musica, nella suggestiva convinzione che nel Medioevo il suo utilizzo fosse stato addirittura bandito: è più probabile che, semplicemente, l’utilizzo del tritono fosse molto limitato, quantomeno nella musica corale, per via della difficoltà legata alla sua esecuzione. La sua fama, comunque, era segnata: non è un caso che Listz, all’inizio della sua fantasia Après une lecture du Dante, usi proprio questi tritoni per dare un’idea dei lamenti delle anime in pena dei dannati.

In questa breve lirica di Caproni la vita è accostata ad un accordo, che tuttavia è destinato a rimanere irrisolto proprio per la sua natura: una natura indecidibile, nella quale non è possibile trovare con sicurezza quei punti di riferimento (una tonica, una terza) che pure menziona nei primi due versi. Non è possibile, o meglio trovarli sarebbe illusorio: se si prende come punto di riferimento la terza, la tonica non è più la tonica, e la quinta non è più la quinta; e – come abbiamo visto – nell’accordo di settima di quinta specie non ci sono buone ragioni per cui una interpretazione dovrebbe prevalere sull’altra. L’unica speranza sarebbe un ulteriore accordo che andasse a specificare, a chiarire la materia proteiforme della tetrade, ma Caproni non lo prospetta: la poesia è una cadenza, termine che in musica indica un passaggio significativo come una modulazione o la fine del brano stesso. Ma, a prescindere dall’esatto luogo musicale, ciò che conta è il fatto che l’accordo rimanga incompleto, appunto irrisolto, senza una spiegazione.
Si crea così un sotterraneo contrasto tra le parole e il loro significato (contrasto evidente anche in poesie come Elogio della rosa): accordo suggerisce un’armonia, una corrispondenza che l’accordo di settima di quinta specie nega con decisione. Se i primi due versi suggeriscono una progressione ordinata e significativa, la natura della stessa svela l’inganno: il testo dice tonica, ma potrebbe essere la quinta; il testo dice settima diminuita, ma forse si tratta della terza.

L’utilizzo di una settima di quinta specie e la sua mancata risoluzione sono simbolo della vita che per il poeta non va intesa in senso metafisico, della sua scelta di non affidarsi a qualsivoglia interpretazione assoluta in quanto fallace, mistificatoria, relativa. Il suo procedere razionale è evidente anche dal carattere interrogativo del secondo distico: la ragione non perviene a certezze eterne, ma si domanda dolorosamente come uscire da un’impasse a tutti gli effetti irrisolvibile. E irrisolta appunto è la vita-accordo di Caproni: irrisolta come l’estrema dissonanza della settima di quinta specie, dove un diabolus tutto terreno quasi sbeffeggia la consolazione di individuare un verso, un senso in una vita così ambigua.

 


Note

1 Mengaldo, Pier Vincenzo. Considerazioni sulla metrica del primo Govoni (1903-1915), in Corrado Govoni. Atti delle giornate di studio, Ferrara 5-7 maggio 1983, Nuova Cappelli, Bologna 1984.

2 Mengaldo, Pier Vincenzo (a cura di), Poeti italiani del Novecento, Mondadori, Milano 1978, Introduzione, pag. XV [cito la pagina dall’edizione Oscar Moderni, del 2021].

3 La dissonanza è un fatto non solo acustico, ma anche culturale, cioè influenzato dalla cultura musicale dell’ascoltatore.