Carissima ⥀ Un dialogo con Giulia Niccolai
Marzia D’Amico, studiosa di poesia sperimentale verbivocovisiva, dialoga con la poetessa Giulia Niccolai in una poesia inedita, che presentiamo qui accompagnata da un’illustrazione ispirata al testo
/ca·rìs·si·ma/
aggettivo superlativo
1. Epiteto che esprime accentuazione o anche affettazione di cordialità, sia rivolto
. direttamente a qualcuno sia nelle intestazioni o clausole epistolari.
La mia gioia sono le parole
che si inseguono come biglie
dentro e fuori le gallerie
di un castello di sabbia.
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Parole che bisbigliano.
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Allora sottovoce rivelo un segreto che mi dicesti.
“Carissima, una rima che ti ruberei: anche senza più
ahimè
capelli blu!”
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a casa di giulia niccolai si suonava due volte un campanello sbagliato.
la prima volta dicevo ogni volta “sono marzia!” e poi la seconda
di nuovo
sempre
marzia (ma non era sempre vero).
era vero mi chiamassi sempre marzia
ma capitava non fossi la stessa persona
sempre me
ma nuova
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Si dice: faccia della medaglia
e faccia della moneta.
Questo perché
solitamente
su medaglie e monete
ci sono facce di profilo
o perché medaglie e monete
hanno due profili
come le facce?
E cosa dire delle
due facce di una persona?
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Il 4 Luglio del 44 è fermo ora a
p. 42, il papà pedala lesto
da Vimercate alla bambina
americana un po’, meno più avanti.
What the odds che proprio io
che esisto solo a Roma se in Italia io
cat-person, mi sono innamorata di un cane
(pizza & pug per farmi happy)
a Vimercate nel duemiladiciotto
e conosca bene le geografie faticose
ai pedali di quella provincia
che ci si lascia dietro in direzione
Giulia Niccolai?
Epifania, Nirvana:
a mosquito, my libido.
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The White Rabbit:
“Oh dear Oh dear! I shall be too late!”
oh dear! oh dear! I shall be too late!
I shall be too
I shall be too
oh read oh read tale!
I shall be too
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Il dizionario italiano di Google è fornito da Oxford Languages.
Ma quante lingue si pensano di avere
E quante pensano di offrirne invece?
A Oxford ti dovevo offrire una pizza al White Rabbit.
CULPA
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A Kyoto il tempio
dei 1001 Bodhisattva
ha nome Sanjusangen do
che vuol dire “33”.
Il salone che ospita le statue
dei 1001 Bodhisattva
è sorretto da 35 colonne.
33 sono gli spazi vuoti
tra le colonne.
Filosoficamente, il fatto
di dare il nome al tempio
in base al numero degli spazi vuoti,
dunque a ciò che non c’è,
può essere interpretato
come la garanzia più elegante,
squisitamente Zen,
di non escludere mai niente,
e nessuno.
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“a gente come noi” mi disse Giulia
“non fatta per binari banali
momenti difficili capitano spesso”
no surprise i told her first that binarism
has nothing on me and less in me:
mi ci sono voluti 33 anni per capirlo
a lei un momento.
⥀
E d’altronde la colpa è anche nostra
se effettivamente ci sentiamo fuori
dalla corrente e dal gran flusso delle cose,
come succede a me, ad esempio,
con il piacere del distacco, senza
particolari rimpianti di non aver fatto
questo o quello. Anzi, da quando medito,
sento di aver fatto anche troppo in passato,
di aver sempre esagerato e troppo osato.
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il suo sole fuoco in Sagittario
incendiava la mia aria mercuriale
parlavamo forte e a scatti
in doppia lingua e totale sintonia
lo facevamo in ogni casa sulla carta
ma soprattutto
nella sua.
⥀
CARISSIMA
CARISSIMA
CARISSIMA
AMAZING come
non mi stancava mai
questa parola
che ancora oggi mi è carissima
Marzia D’Amico è ricercatrice FCT presso CEC (Centro de Estudos Comparatistas) dell’Università di Lisbona, dove porta avanti un progetto che esplora l’interazione tra tradizione e sperimentalismo nelle sue forme, espressioni, linguaggi e codici, con particolare attenzione alle implicazioni socio-politiche dietro la produzione femminile di poesia verbivocovisiva. Oltre agli articoli scientifici, poesie, prose, traduzioni, e contributi su letteratura, queerness, e femminismi sono apparsi su carta, online, e alla radio, sia in lingua italiana che inglese. Cura mensilmente, in collaborazione con due compagne, la newsletter femminista: Ghinea.
Marzia❤️Giulia❤️grandissime
Grande e’ Giula. In 1974 l’ incontro’ a Mulino di Bazzano ( RE ).