Cenere da sparo di Nicole Trevisan ⥀ Passaggi
Su Passaggi leggiamo oggi Cenere da sparo, prosa breve di Nicole Trevisan illustrata da Silvia Mengoni. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Illustrazione in copertina di Silvia Mengoni, Senza titolo, 2021.
Ci consumava la notte, la prima sigaretta dell’alba. C’era la pioggia e aveva fatto aspra l’aria, scolorita. Che ore sono, ti ho chiesto. Avevo dimenticato il cellulare sul letto. Non avevamo voglia di andare a dormire, le coperte ci sembravano gelide, rigide. Meglio il terrazzo, accucciate con le spalle al muro, racchiuse tra sbarre di ghisa.
«Ho una storia per te, è una storia di violenza».
«C’è un uomo?»
C’era sempre, almeno uno. Lo sapevamo. E lei sapeva quanto mi piacesse ammazzarli nelle mie storie, schiacciarli, descriverne le interiora, la fine ai margini delle pagine. Noi non facciamo del male, mi ripetevo. Lo pensiamo.
«Il tipo di giovedì».
Disse. Abbiamo sentito freddo all’osso sacro, nelle mutande. Riscaldavamo la cenere con un accendino, le mie dita arrossate per costringerlo a funzionare, le sue aggrappate alla ringhiera che ci separava dal vuoto; otto piani più in basso le pozzanghere non riuscivano ad addormentarsi, come noi. C’era sempre una goccia, un tarlo a ritardare il tempo di andare. C’era questa storia.
«Racconta».
Torino ci colava sulla fronte, a modo suo ci dava una benedizione. Mai stata gentile, l’acqua santa. Ci faceva piangere da bambine, nei nostri sudari battesimali. Ci faceva piangere ancora, in sere nate sbagliate, noi che eravamo distanti da tutte le chiese, nemiche dei santi.
«Aveva una pistola».
«Per farci cosa?»
«Mostrarmela. Ha voluto che sentissi quanto pesava, che vedessi come la sfilava e la puntava contro il nemico. Per lui c’era sempre un nemico. È stato in guerra».
«Dicono che non riescano a smettere».
«Ho avuto questa impressione anch’io».
Sognavo il sole infuocare il cortile e cancellare l’acqua, scoperchiando tutte le ragioni per cui avevamo dilatato il confine della notte fino a oltrepassarlo. Invece, accovacciate in quel terrazzino, ci baciavano semitoni di grigio. Odiavamo fumare in casa. Ci ricordava tutte le cose sbagliate che riuscivamo a fare, che riuscivamo a sporcare.
«Ti ha toccata?»
La sigaretta si spense, nuova insistenza con l’accendino, pollice spellato. Lei disse di no. Mi domandai se fosse la cosa più grave che potesse farle. Il senso comune mi rispose di sì, mentendo, ma non le estesi la domanda.
«Era sapere che fosse al di là della porta, il problema. La mano armata ce l’aveva, quanto bastava perché trovasse l’intenzione? Qualsiasi. L’urlo di un’ambulanza, una parola che non gli ho detto. Ed è lì che l’ho sentita, la violenza. Era in potenza. Ho messo una sedia sotto la maniglia. La mattina dopo c’era ancora, c’ero anche io. Lui se n’era andato».
Allungai il braccio oltre le sbarre, sbriciolando la cenere la immaginai galleggiare sull’acqua, giù nel cortile. Lei continuò, accostandosi per guardarla cadere.
«Se l’avessi trovato ancora dove l’avevo lasciato, al tavolo della cucina con la Glock davanti, forse avrei ancora paura. Invece ha ceduto, forse si è vergognato, e non l’ho più visto».
«Aveva dimostrato abbastanza. Di potere, se avesse voluto».
«Noi non lo faremmo».
«No, noi non faremmo così».
La guardai, lei che non era fragile. Indurita. E mi guardai, più incerta; come lei, non ancora vinta.
«Abbiamo imparato. Oppure è innata o ce l’hanno tirata fuori, la nostra violenza. Una volta mi hanno detto, non c’è niente che bruci quanto il silenzio».
Per noi, che ci nascondevamo in corpi tremuli per proteggerci dal male, il silenzio era polvere da sparo. Fingevamo di non vedere, non sapere. Mute: il nostro potere contro le armi allusive che ci puntavano contro era crederci così deboli da indurre altri a pensare lo stesso. Sapendoci sveglie, nella notte. Il sole ci aveva deluso.
Quel mattino, lei ha dormito sulla mia schiena; prima, ricordo mi disse:
«Promettimi di raccontarlo».
Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Nicole Trevisan
Ha pubblicato racconti su antologie e per riviste online e cartacee (Bomarscè, Blam, malgrado le mosche, Spaghetti Writers, Quaerere, Turchese e altre). Nel 2022 è finalista al concorso Mensa in Fabula, al Premio Zeno e Nuovi Argomenti. Nel 2023 è semifinalista al concorso “Racconto nel cassetto”. Nella vita reale si occupa di architettura e ingegneria.