Cinque ottime ragioni per tacere di Igor Antonio Lipari ⥀ Passaggi
Passaggi ospita oggi la prosa breve Cinque ottime ragioni per tacere di Igor Antonio Lipari, illustrata da Andrea Capodimonte tramite Midjourney. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Illustrazione in copertina realizzata da Andrea Capodimonte tramite Midjourney, Il carretto, 2023.
I
Che un giro di frase sappia comprendere l’universo intero è di una tale ovvietà, che qui si farà a meno di prolisse dimostrazioni; purché si abbia l’accortezza di non formularla neanche in lettura muta, quella frase: in quanto non si riuscirebbe a finire di pronunciarla prima di vederne il senso evaporare sotto il sole della sua stessa evidenza, annullandosi nell’atmosfera di tutti gli universi teorici e fittizi che premono con la loro materia bruta ai suoi confini (e non ne resterebbe che il residuo fisso di qualche glossa e scolio sotto forma di tutt’altro che indispensabile parentesi).
II
Proposta di soluzione di P vs. NP, con riferimento al problema del commesso viaggiatore (alla cortese attenzione del Clay Institute, che si auspica vorrà convincersi a elargire il suo milione di dollari, perché quaggiù c’è qualcuno che ne ha davvero bisogno).
Costui sarebbe dunque (inopportuno specificare come sia possibile che esistano ancora simili figure professionali) un commesso viaggiatore. Ha un problema e non sa risolverlo (suona familiare più o meno a chiunque). E perché non ignorarlo con superiorità, questo presunto problema? Trovare un tragitto di costo minimo fra n distinte città? Perché invece non restarsene quieti nella propria? Gettare via quell’assurdo campionario che si trascina dietro come un campanaccio da lebbroso per annunciare ai quattro venti la sua subalternità? Per rappresentare poi una ditta che forse ha già dichiarato bancarotta a sua insaputa da tempo, mentre lui era impegnato in uno dei suoi tanti viaggi senza altro scopo se non quello di raccogliere false promesse, diffidenze, malcelate ilarità e polvere della strada? E invece restare al punto di partenza in piena autonomia, farsi punto privo per quanto possibile di estensione nello spazio, esistere il meno possibile, pazientare immobile come albero piantato in un’aiuola della sua stessa città, senza attendersi niente? Dimenticare che i problemi possono avere soluzioni, che queste soluzioni si possono verificare, che non basta conoscere la struttura di una partitura di Bach per avere in prima persona l’abilità compositiva di Johann Sebastian, che l’universo può non essere comprensibile in ogni sua parte, farsi una ragione del fatto che forse non è così semplice, fino a prova contraria? Smetterla una volta per tutte col disfattismo di voler sempre progettare qualcosa, non importa cosa?
III
I muli hanno carrette da trainare, i gatti un pelo da lisciarsi (e qualcun altro magari qualche considerazione inopportuna da enumerare).
E se si tira una carretta, ci si potrà anche chiedere perché; se si viene trainati, può darsi che per troppa noia ci si chieda verso dove; la strada è muta, incerta e rada la segnaletica. D’inverno tramonta presto, ecco la notte che instaura un dominio ancora più muto; ma a ciascuno secondo le sue necessità garantisce l’esatta dose di freddo e buio.
IV
Loro. Dietro tutte le storture, al netto di tutte le cospirazioni, le sette, le cabale: sempre loro. Ma chi sarebbero costoro? Nulla di positivo si può affermare al riguardo, eccetto questo: che non siamo noi. E noi, chi saremmo? Sterminata successione di Io e Tu spaiati, serraglio di bestie in cattività esibite per il loro esclusivo diletto. Dentro queste gabbie a grufolare idiozie, fingendo che le sbarre, attraverso le quali ci sbirciamo l’un l’altro, non esistano; sospettandoci vicendevolmente di tutte le nefandezze possibili, e allo stesso tempo desiderando con forza di deporre l’aorta pulsante della nostra fiducia ai piedi di qualcun altro. Me, Te, Loro: come distinguere? Nonostante le maschere e i drappeggi, la stessa inconfondibile miseria umana trasuda in ogni gesto e sguardo, da ogni poro e bocca. E infine, rara e funesta eclissi anulare, il brivido di una consapevolezza ti striscia su dal midollo, e ti scopri a sussurrare con cadenza di novena: Nessuno.
V
Confutazione dell’infelicità
E dire che basterebbe così poco. La doccia tiepida al termine di una giornata estiva. Immergersi in apnea fra pagine predilette. A spasso senza meta dove si è già stati mille volte, mentre la luce diurna svanisce con lentezza tale da trasmettere l’illusione che non se ne andrà mai; come quelle nubi ancora luminose lassù, mentre nuotano simili a dirigibili fuori rotta verso la loro sparizione.
Eppure c’è qualcosa che guasta questi piaceri: sono atti solitari, il cui retrogusto onanistico impedisce loro di elevarsi al rango della felicità.
Perché bisogna essere almeno in due per comprendere la vita, o quanto meno per viverla? Quando si è in due, uno è di troppo. Invariabilmente si soffre. Se si rimane insieme, sarà per sforzarsi di non fuggire lontano, e così invelenirsi a recitare la parte di qualcun altro; se invece ci si separa, rimpiangendo il periodo in cui non si era soli.
E in questo luna park battezzato dagli ignoti gestori col nome originalissimo di Terra, la giostra dà un altro giro di valzer asmatico, e noi cavallucci di legno dalle perpetue smorfie scolpite, infilzati fino alle viscere da pali acuminati, le andiamo dietro con le teste che dondolano e dondolano e dondolano…
Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Igor Antonio Lipari
Igor Antonio Lipari, acronimo di Ennesimo essere vivente sulla Terra, tedoforo di curricula tanto estroflessi che per brevità si autoamputarono, liberto di una marca dell'Impero appena meno remota della Fascia di Kuiper, è ciononostante apparso su Nazione Indiana.