Cronaca di un’aspirante argonauta, introfolatasi come un polipo nella giungla del Festivaletteratura di Mantova
Una città per leggere, un minuscolo centro cittadino, quello di Mantova, che nel mese di settembre estende i suoi confini di città lombarda per arrivare a toccare artisti di fama mondiale e premi Nobel. Oppure un borgo lombardo che porta ancora il segno della famiglia Gonzaga, capace di organizzare un festival della letteratura per dare lustro a quelle vie della “bassa” altrimenti poco frequentate. In entrambi i casi c’è da dire che Mantova, nei giorni del Festival della Letteratura, svoltosi quest’anno, come noto, dal 5 al 9 settembre, resta un luogo quieto e irrinunciabile per godere dell’ultimo sole settembrino a bordo lago e di appuntamenti intellettuali di ogni sorta. Esempio: gli incontri con l’autore intervistati da altri personaggi , come nel caso di David Grossman e Peter Florence direttore del festival Hay-on-Wye, workshop di fotografia, oppure un pronto soccorso di grammatica per rispondere a quesiti anonimi. Oltre a questo tipo di eventi sono numerosi gli spettacoli teatrali, concerti e reading, a volte anche visionari, come Centurie, realizzato sul testo di Giorgio Manganelli da Piero Lombardi e John De Leo e tradotto in video arte. Nei cinque giorni festival tanti sono stati i nomi importanti della letteratura, del giornalismo e dello spettacolo che si sono proposti al pubblico: tra i tanti due ex-candidate al premio Strega 2007 Laura Bosio e Milena Agus, inoltre Jonathan Coe, Chuck Palahniuk, Erri De Luca e due premi Nobel quali Wole Soyinka e Orhan Pamuk. Inutile dire che la gente si accalca, spinta dalla fame di libri e panini al salame mantovano, difficile scindere tra quelli che amano più i primi e chi invece anela più che altro ai secondi. Perchè Mantova resta essenzialmente cittadella di tortelli di zucca, di torta sbrisolona e di pesci di fiume, anche se sfoggia ambizioni da Nobel e da centro propulsore della cultura. Nonostante questi lodevoli sforzi c’è chi vede di Mantova sempre la stessa faccia di città adagiata nella sua calma molto poco lombarda ma squisitamente emiliana. La città accoglie il festival come se l’intento primo fosse fare sfoggio di sé, anche se con estremo garbo e infinito merito; la letteratura, i libri e i loro autori restano un appendice di quella che, secondo l’Huxley che attraversa Le porte della percezione, è “la città più romantica del mondo”.