Da Absconde me di Ianus Pravo ⥀ Autopoetica

La rubrica Autopoetica, a cura di Marzia D’Amico, presenta oggi, per la sua dodicesima puntata, un estratto di Ianus Pravo. L’immagine di copertina è, come sempre, di Valentina Vallorani. È possibile segnalarsi inviando propri testi e una dichiarazione di autopoetica alla mail: autopoetica.argo@gmail.com (tutte le pubblicazioni finora apparse nella rubrica possono essere lette qui)

 

In my end is my beginning. Non ho mai ascoltato parole più spaventose. L’inizio è sempre vecchio, non è mai un impulso, è un’inerzia. L’inizio è sempre già iniziato. Il primo bacio ha la bava di un milione di milioni di baci morti. Il primo bicchiere ha la bava di un milione di milioni di gole che l’hanno già bevuto. L’inizio è una maschera, e la maschera dona eleganza agli zombies. L’inizio è una badilata di vecchiezza. Ma la vecchiezza è una Roma senza burle e senza ciance, che non prove esige dall’attore, ma una completa, autentica rovina. La vecchiezza di ogni inizio è la nudità come feccia della svestizione.

(Ianus Pravo)

 

 

Assenza, non trono del Trino né d’Uno,
non mano né nudo piede sul nudo
Raval come un salario per non dire,
per non spezzare il pane, rigirando
le dita nella pietra di scarto di Atene
alchemica Auschwitz prima di Auschwitz, è Atene
dopo di Atene, una ultima origine,
Die ungleich grössere Untat
Dio per quanto è verità bellezza,
Bellezza Belial lucifer moritor,
mi parla chiaro del costo e del prezzo
del suo prezzo claustro,
claustro, interiettivo, ah! oh!
significante senza significato
e poi claustro della mano
claustro quaesivit caelo lucem
è gettato il dado
il dado o la rosa, vani come Dio,
il dado rimasto nel pugno, il dado
che non rotola e non fissa il numero
del delitto, non accende la voce
al castigo e al dardo in lotta
col perdono, l’uno all’altro eco,
eco, esilio
dall’immenso dovere dell’altro, esilio
dall’infinito volere dell’altro,
dimora nella non dimora dell’ebetudine,
eco, rumore dal fondo,
animale di fondo, nel frattempo – essere il frattempo –
in un angolo fetido del Raval, un filo
di orina mi unisce a chi mi giace a lato,
a chi giace nel gioco,
il gioco che smentisce la nascita se lo scherzo
la mette in salvo, nessuna generazione,
agennêtos, il vile, abbandonato al gioco,
al sonno dello scherzo, a Hölderlin,
Hölderlin, se nulla deve succedermi,
Hölderlin, Zwas never nacht,
il Neckar come una murena bianca
come un verso che sempre ha luogo e mai è,
hapax legomenon, hashash, l’assassino
assassinato, tu Giuda
lacererai la carne che mi ricopre,
strapperai questo imene,
imene, Iudas è l’imene intatto sulla fica di Iesus
Vergine dell’oscillazione
vertice di giustiziato per amare l’orizzontalità della Vergine
I do not did find the Hanged Man, luce,
luce di bellezza sul Dio, luce di bellezza
e lentezza sul Dio nella forma di una lacrima
senza pianto, ogni lacrima vuole un Giuda,
né giustizia né prezzo, ogni lacrima
vigila il cadavere di un concetto
il vacillare di una mano, questa
è la mano di Muzio, il muro numerato,
numerare, pregare è numerare le onde sulla sabbia,
il conteggio degli occhi d’un cieco, nomi
lanciati sullo specchio spezzato del Neckar,
Neckar o palude nien negato agli uomini
di buona volontà, l’ozio che è Dio,
l’Occludo sul potere del ritmo che ozia
duplicato sui corpi, oh dell’orgasmo,
otto perfetto dell’infinito finito, anello
di Möbius in cui è uguale il diritto
al rovescio, Otranto di occìdo
e òccido, pagina,
pagina patria peter pan
non è che un nome, vuoi un padre? La quaestio,
la quaestio va posta con il diritto della pietà
della non risposta, no grazie, quos ego,
tu quoque, Raval, la rissa tra la memoria e il ricordo,
Raval, salario della notte,
senza il salario della notte l’alba ha un prezzo troppo alto,
salario del sorriso, il sorriso è la Tau,
la Tau, la croce decapitata, tiger burning bright, tigre
argot carcerario per cesso, il tigre-tanfo dell’ubbidienza,
l’ubbidienza delle labbra a crescere pane di sé,
vino in cui è cercato il Padrone, l’ultima
stazione dell’origine, le vin des chiffoniers,
il vomito di Peter Punk, landvermesser
dello zero, ciò che non è occhio tra due sguardi,
zananna.

(Testo tratto dall’inedito Absconde me)

 

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Il mio interesse si rivolge spesso a ciò che è vagabondo e incompiuto, irriducibile ad una verità. Il frammento, nelle sue varie forme, è al limite tra la negazione e l’affermazione di qualcosa.
Al limite fra i due mondi immagino si possa continuamente riscrivere la propria identità, i propri codici. Questo pensiero è la base di un percorso di ricerca che muovendosi nella frattura, nello spazio fra due o più domini, prende ogni volta una forma e una strada apparentemente diversa. Questa fascinazione per l’incompiuto, l’errore, il continuo sfuggire al senso mi conduce alla poesia. Multiforme e frammentato, il mio modo di agire l’arte non si esaurisce in una risposta conclusiva, tenendosi aperto all’indeterminato.

(Valentina Vallorani)

 

Ianus
Valentina Vallorani, La signora delle mosche, tecnica mista, giugno 2025.