Delitto senza Castigo. Joker e Dostoevskij

Il riso scoppiò tanto più irresistibile, quanto più faticosamente represso sino a quel momento

Delitto e Castigo

Joker e Dostoevskij 2

Joker è lultimo lavoro del regista americano Todd Phillips, il film è stato proiettato nelle sale cinematografiche di tutto il
globo a partire dall’ottobre 2019. Quest’opera, oltre ad aver stregato il Festival di Venezia, ha collezionato incassi da record. Ciò implica che milioni di persone di tutto il mondo si sono trovate di fronte al personaggio interpretato da Joaquin Phoenix: tanta popolarità spiega la presenza di una miriade di opinioni espresse da più parti su questo film. È giusto notare che Arthur Fleck, nonostante il pullulare di articoli e recensioni che lo vedono protagonista, resta un personaggio molto complesso e contemporaneo, pertanto può essere interessante una sua ulteriore decodificazione.

Ma lo sai, Sònja, che i soffitti bassi
e le stanze strette
opprimono l’anima e la mente?
Delitto e Castigo

Il Joker è un uomo folle, i cui disturbi psichiatrici sono riconosciuti dal sistema sanitario di Gotham City e da sé medesimo. Nonostante ciò, egli vive una vita placida fra una madre da accudire e un lavoro piacevole, ma questa esistenza pacifica è presto interrotta: il supporto delle istituzioni gli viene di colpo negato. Un tale cambiamento obbliga Arthur a trovare, senza alcun ausilio, la propria dimensione all’interno di una società che non è pronta ad accoglierlo.

Il film denuncia apertamente la mancanza di empatia che pervade la società in cui Arthur vive, una carenza che si amplifica nell’incapacità del protagonista di cercare, di chiedere o di donare il riconoscimento tanto desiderato. La malattia mentale di Arthur Fleck è l’ostacolo che si pone fra questo bisogno e la sua capacità di soddisfarlo: occorre aver ben presente che una relazione coinvolge due o più capi, non soltanto uno, altrimenti si rischia di comprendere soltanto in maniera parziale l’incomunicabilità da cui nasce lo stesso Joker.

Todd Phillips e Joaquin Phoenix hanno lavorato a lungo sulla caratterizzazione della figura di Arthur Fleck. È curioso sapere che i due hanno scelto di costruire un personaggio affetto da disturbi psichiatrici senza consultare alcun esperto in materia: il regista e l’attore, infatti, non volevano proiettare sul grande schermo un personaggio con una patologia ben riconoscibile, da qui è nata la scelta di attingere al mondo del cinema e della letteratura.

Joker e Dostoevskij 3

Joker e Dostoevskij: Arthur Fleck e Rodiòn Romànovič Raskòlnikov

«Hai avuto dei pensieri negativi?»
«Io ho solo pensieri negativi.»
Joker

«Ma che fate?» esclamò Raskolnikov.
«Sono colpevole» proferì piano l’uomo.
«Di cosa?»
«Di pensieri malvagi»
Rimasero a guardarsi.
Delitto e Castigo

Probabilmente c’è del Dostojevskij in ogni film che strizza l’occhio a Taxi Driver; lì si prende ispirazione da Memorie del sottosuolo, mentre qui il Joker trasuda tracce di Delitto e Castigo: la semplice immagine del delitto come svolta esistenziale riporta alla mente Raskolnikov, il protagonista del romanzo di Dostoevskij.

Nel Joker, Fleck riceve casualmente un’arma con cui proteggersi dalle offese che gli vengono inflitte dalla società. Quest’ultima, infatti, è passata dal proteggere Arthur con un apposito programma per curare le malattie mentali, ad essere per lui una continua fonte di umiliazioni e minacce. Fleck intuisce che la pistola può essere lo strumento con cui egli può davvero agire nel mondo: la risata, il suo metodo preferito fino ad allora, si era rivelato uno strumento inadatto alla sua personalità, al punto da risultare poco incisiva e farsesca.

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Il Delitto ha un ruolo determinante nel Joker: attraverso il primo omicidio, compiuto in maniera fortuita, Arthur scopre di poter incidere nel mondo. Egli smette di essere spettatore della propria esistenza, preferendo diventare autore del proprio destino. Un delitto non premeditato avvia Arthur al cammino che lo porta ad oltrepassare la condizione umana, fino a sfiorare il divino: attraverso gli omicidi di cui si macchia, egli diventa il giudice che decide della vita e della morte degli uomini.

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«Per quel che mi ricordo, cercavo di analizzare le condizioni psicologiche del delinquente durante il compimento del delitto.»
«Sì, e sostenevate che esso è sempre accompagnato da uno stato di malattia. Molto, molto originale; tuttavia… non è questa parte del vostro articoletto che mi ha interessato, bensì un’idea che vien fuori alla fine , e che voi, purtroppo, avete sviluppato soltanto per allusioni, in modo non esplicito… In una parola, se ben ricordate, si allude al fatto che al mondo esistono certi individui i quali possono… cioè, non è che possano soltanto, ma hanno pieno diritto di compiere ogni specie di iniquità e di delitti, e la legge, per loro, è come se non fosse mai stata scritta. (…) Nel suo articolo tutto sta nel fatto che gli uomini si dividono in <ordinari> e <straordinari>. Quelli ordinari devono vivere nell’obbedienza e non hanno diritto di violare la legge perchè essi, vedete un po’, sono appunto ordinari. Quelli straordinari, invece, hanno il diritto di compiere delitti di ogni specie e di violare in tutti i modi la legge, per il semplice fatto d’esser straordinari.»

Delitto e Castigo

Arthur è l’uomo che smette di essere uomo quando scopre di non avere radici, di non avere mai ricevuto amore, lui capisce che fin da bambino gli è stato negato il riconoscimento della propria sofferenza: lui è Happy. È grazie a questa nuova consapevolezza che Arthur decide di diventare un uomo straordinario, in tal modo egli si prende la licenza di mettere in discussione la legge umana, fino a ridefinire ciò che è bene, ciò che è male, il giusto e l’ingiusto.

Il Delitto è lo stesso mezzo utilizzato da Raskolnikov per incidere nel mondo, ma a differenza di Fleck il protagonista di Dostoevskij premedita il proprio delitto: Raskolnikov sceglie consapevolmente di osare, egli lo fa compiendo un’azione che oltrepassa il limite della morale umana.

Una volta compiuto il Delitto Raskolnikov si pente e diviene malato. Tale pentimento assume i tratti di Sonja, la donna amata da Raskolnikov, la prima persona alla quale lui si confessa e si arrende, arrivando ad ammettere di essere un pidocchio come tutti gli altri. Nel Joker si intravede anche in Arthur il bisogno di arrendersi e cercare conforto in una figura femminile: questo conforto gli viene negato nella realtà, esso può esistere soltanto nella sua mente, proprio come la musica che si ritrova di volta in volta a danzare.

«Che sofferenza è mai la tua!» si lasciò sfuggire Sonja (…)
«Cosa devi fare? Alzati!» Lo afferrò per la spalla; egli si raddrizzò fissandola quasi con meraviglia.
«Va’ subito fuori, in questo stesso istante, fermati al crocchio, prosternati,
bacia prima la terra che hai insozzato, e poi prosternati davanti a tutto il mondo,
e di’ a tutti a voce alta “Ho ucciso” e allora Dio ti restituirà la vita.»
Delitto e Castigo

Nel romanzo di Dostoevskij arriva il Castigo, al quale il protagonista autonomamente si piega, poiché soltanto così può arrivare per lui la redenzione. Dio, in questo romanzo, si rivela il mezzo necessario all’uomo per espiare le proprie colpe. L’esatto opposto accade nel Joker: Arthur attraverso il Delitto scopre di esistere e decide di farlo alla massima potenza. In questo modo Fleck accantona l’ambizione di essere un uomo ordinario, per potersi riconoscere come uomo straordinario: il Joker osa sostituirsi a Dio.

The end

È nel finale che entra in gioco il risvolto politico di questa pellicola: la popolazione di Gotham City esalta questo folle pagliaccio come un vero e proprio mito; il Joker è considerato il liberatore degli oppressi, l’uomo che ha osato rompere lo status quo.
Le stesse persone che ogni giorno facevano sentire Arthur minacciato e non compreso, d’un tratto si identificano con lui e con la sua follia omicida. A questo punto del film, Arthur Fleck sembra effettivamente indossare le vesti di un uomo straordinario: egli ha osato, si è spinto oltre la morale e per questo è stato scelto come simbolo, la sua azione è diventata un atto politico.
A questo punto Arthur diventa Joker. Questo comico fragile perde l’ambizione di essere un uomo fra gli uomini e si erge a Dio: un Dio distorto che può togliere la vita, ma non la può generare. Il Joker perde l’umanità profonda e tenera di Arthur, per guadagnare la facoltà di esprimersi attraverso una sanguinaria capacità di uccidere.

A questo punto è evidente che la commedia di Arthur poteva limitarsi soltanto al suo soprannome Happy. Una tale definizione è concepibile solo nella mente distorta di sua madre, mentre la tragedia che lui compie viene acclamata e riconosciuta dagli altri. È così che Arthur si scopre un maestro nell’arte tragica.
Resta solo un dubbio, una domanda che non aleggia fra la folla che acclama il Joker: nel momento in cui l’unico regista di questa tragedia è un uomo violento, quale ruolo spetta agli attori che prendono parte allo spettacolo? Nel momento in cui il regista della tragedia è un folle, come si può aver fede nella sua sceneggiatura?
Questo film sembra un monito, un messaggio proferito per colpire ogni singolo spettatore: il finale risuona come un invito a diffidare da quelli che appaiono come degli uomini straordinari.
Questo film ci mostra come sia già un compito arduo e appagante arrivare ad essere dei veri e degni uomini ordinari, delle persone capaci di provare empatia verso il prossimo e tanto umani da non emarginare il più debole.

In conclusione, è necessario capire per quale motivo il Joker sembra un personaggio tanto credibile; è bene domandarsi se a tale successo abbia contribuito la situazione politica e sociale nella quale siamo immersi. In altre parole, occorre chiedersi se ora Bruce Wayne avrebbe la stessa potenza catartica del Joker, o se invece Batman risulterebbe un eroe posticcio, un semplice residuo degli ultimi strascichi dell’American Dream.