Dello stesso dolore di Fabrizio Pelli ⥀ Autopoetica

Presentiamo oggi il settimo contributo della rubrica Autopoetica, a cura di Marzia D’Amico, con alcune prose di Fabrizio Pelli. L’immagine di copertina è, come sempre, di Valentina Vallorani. È possibile segnalarsi inviando propri testi e una dichiarazione di autopoetica alla mail: autopoetica.argo@gmail.com (tutte le pubblicazioni finora apparse nella rubrica possono essere lette qui)

 

DICHIARAZIONE

Il dolore, in qualsiasi forma, è un’esperienza individuale e soggettiva, e, più ampiamente, secondo una definizione clinica «il dolore è tutto ciò che il paziente sostiene essere dolore». Inevitabilmente, però, deve essere resa un’esperienza plurale affinché possa essere studiato, compreso e trattato. La scrittura, ugualmente, ha una natura principalmente – anche se non solo – individuale, ma diventa, attraverso la lettura, un’esperienza plurale. I testi che seguono sono un documento, una descrizione sbagliata, di questa esperienza: di cosa la rende individuale, di cosa la rende collettiva.

(Fabrizio Pelli)

 

 

1.

Il dolore è riferito a una sensazione e, in quanto tale, frutto di un’attività centrale. È una percezione. Esistono delle sfumature: diverse possibilità, a seconda del soggetto. Essendo un sistema è basato sulla cooperazione di diverse parti: una dedicata all’interazione con la sorgente, una al trasporto, una all’elaborazione. Il dolore, spesso, riferito a un danno. A volte, invece.

 

 

2.

Il danno inteso come rottura dell’integrità cellulare. Limitrofe arborizzazioni: classiche terminazioni finali di assoni. Il danno inteso come danno. Arborizzazioni limitrofe intese come fibre assonali. Rispondono a stimoli, ma per ora è più facile dire che rispondono a danni.

 

 

3.

Nella schematizzazione, un errore nasconde una situazione più complessa: le arborizzazioni delle fibre assonali non sono tre divise in tre divise in tre. Difficilmente, analisi istologiche, sul tessuto stesso, rivelano il numero di arborizzazioni. Sembra che le fibre, in questo modo, vadano avanti. Esistono anche fibre che tornano indietro. Importante: si forma una rappresentazione delle aree che sentono dolore. Da un’area a un’area grazie alle fibre che tornano indietro. La risposta, se c’è, è grazie alle fibre che vanno in avanti.

 

 

4.

Le fibre, come si vede nella schematizzazione, seguono un percorso. Il percorso non cambia a seconda del tipo di dolore. Nemmeno i neuroni chiamati in causa cambiano a seconda del tipo di dolore. Si può dire che si soffra sempre attraverso gli stessi sensori. Attraverso gli stessi neuroni. Si può dire che si soffra sempre allo stesso modo.

 

 

5.

Il dolore è una sensazione sempre allo stesso modo. Cambia il tipo, ma rimane lo stesso. Una rappresentazione recente delle aree dell’encefalo chiamate in causa durante un’esperienza dolorifica non aveva senso. Il dolore senza una forma.

 

 

6.

Una definizione: il dolore è un’esperienza spiacevole, sensoriale ed emotiva. È associata a un danno tissutale, reale o potenziale.

 

 

7.

L’affermazione nasconde una situazione più complessa: si può dire che si soffra sempre dello stesso dolore. Esistono delle sfumature: si può soffrire di un dolore non localizzato nel corpo. Un dolore che prende la forma del niente.

 

 

8.

Mi dica, in una scala da 1 a 10, dove le fa male.

 

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Il mio interesse si rivolge spesso a ciò che è vagabondo e incompiuto, irriducibile ad una verità. Il frammento, nelle sue varie forme, è al limite tra la negazione e l’affermazione di qualcosa.
Al limite fra i due mondi immagino si possa continuamente riscrivere la propria identità, i propri codici. Questo pensiero è la base di un percorso di ricerca che muovendosi nella frattura, nello spazio fra due o più domini, prende ogni volta una forma e una strada apparentemente diversa. Questa fascinazione per l’incompiuto, l’errore, il continuo sfuggire al senso mi conduce alla poesia. Multiforme e frammentato, il mio modo di agire l’arte non si esaurisce in una risposta conclusiva, tenendosi aperto all’indeterminato.

(Valentina Vallorani)

 

Pelli
Valentina Vallorani, La danza del dolore è una coreografia incerta, 2024.