Donna, vita, libertà ⥀ Discorso di Omid Shams
Durante l’incontro torinese Donna, vita, libertà. Dibattito e poesia per i diritti delle donne iraniane del 27 maggio 2023 è intervenuto il poeta, traduttore e giornalista Omid Shams in collegamento da Londra, dove vive in esilio. Pubblichiamo oggi il discorso da lui tenuto in quell’occasione, ricordando ai lettori che è possibile firmare qui l’appello contro la censura promosso in seguito all’evento
Immagine in copertina di NaVa.
Salve a voi.
Sono felice di parlare a voi. A un gruppo al quale mi sento vicino per molti versi. A una comunità che porta con sé l’eredità di una delle epoche più luminose di lotta contro le forze più oscure della storia umana e, per questo motivo, ha un’idea più precisa e realistica della nostra lotta oggi e del nemico che stiamo combattendo. Parlo a un gruppo, ed è la cosa più importante, che in virtù della sua professione, la letteratura, è intrinsecamente impegnato nella lotta contro l’oblio.
Ne Il libro del riso e dell’oblio, Milan Kundera racconta una storia breve e vera che credo spieghi nel migliore dei modi l’essenza della letteratura: Kundera descrive una fotografia scattata nel febbraio 1948 del presidente comunista cecoslovacco Klement Gottwald sul balcone di un palazzo del XVIII secolo a Praga, circondato da stretti collaboratori.
Gottwald era circondato dai suoi compagni, con Clementis in piedi vicino a lui. Nevicava e faceva freddo, e Gottwald non aveva niente addosso. Preoccupato per il suo amico, Clementis si tolse il cappello di pelliccia e lo mise in testa a Gottwald. Quattro anni dopo, Clementis fu processato e giustiziato per tradimento. Il dipartimento della propaganda lo ha immediatamente rimosso dalla storia e, successivamente, da tutte le immagini. Uno per uno, i volti furono rimossi dalla foto finché Gottwald rimase in piedi da solo sul balcone. Dove c’era stato Clementis, ora era visibile solo un muro. Nulla era rimasto di Clementis tranne il suo colbacco sulla testa di Gottwald.
La letteratura, miei cari amici, è il cappello di Clementis. Un passo più lungo e un occhio più microscopico di quelli della storia, un narratore di voci sbiadite e volti dimenticati.
Ecco perché la letteratura si riferisce sempre a qualcos’altro. Come il cappello di Clementis, la letteratura è molto più di se stessa. È il narratore di narrazioni che non esistono più. La letteratura è l’ultimo baluardo della speranza delle persone nella lotta contro l’oblio. Nella repressione, nell’esecuzione e nel genocidio, il concetto di oblio è centrale e in un certo senso è l’obiettivo principale: l’esilio di concetti, persone e nazioni nella terra dell’oblio.
Contrariamente a questo principio, la letteratura funge da rituale per far rivivere ciò che è stato dimenticato. La letteratura raccoglie quei frammenti salvati dall’oblio e dall’incuria e, in questo modo, riporta alla memoria gli scomparsi. Ciò che è completamente morto può ancora vivere nel contesto di frammenti separati. Anche un frammento può ricordare il tutto a cui appartiene. Il ricordo avviene tra questi frammenti. La lotta contro l’oblio è la ricerca di questi pezzi. La memoria è radicata nella realtà ma non limitata a essa. La memoria non è solo ricordare eventi, ma ricrearli e viverli, ancora e ancora e ancora. La memoria seleziona gli eventi e li organizza in un ordine morale ed emotivo, basato su dettagli che non hanno importanza per la storia ma che sono vitali per la persona che li ricorda. Tutto ciò che è stato cancellato e rimosso dalla storia, come racconto spassionato di una realtà generalizzata, rivive nella memoria e nella letteratura.
Tutti noi che ci siamo dedicati alla letteratura conosciamo questa lotta contro l’oblio.
Questa è la lotta che la mia gente sta portando avanti oggi nelle strade al di là dei libri e degli scritti, contro un nemico che trae forza dall’oblio. Un nemico che vuole le nostre donne senza volto ed erranti, anonime e dimenticate. Un nemico che vuole che la nostra memoria sia svuotata di ogni ricordo di libertà, civiltà, modernità, resistenza, ribellione, desiderio, immaginazione, creatività, gioia, danza e vita. Un nemico che vuole che dimentichiamo le donne, la vita e la libertà e accettiamo invece il patriarcato, il culto della morte e la schiavitù. Un nemico che vuole che noi e la nostra resistenza siamo dimenticati e cancellati dalla memoria collettiva del mondo, soprattutto dalla memoria dei nostri amici. I nostri amici, sì, sto parlando di voi. E questa straordinaria parola, «amicizia», mi spinge a parlare di un altro aspetto della letteratura: l’amicizia nella lettura e nella scrittura.
La lettura si basa sulla “fede” piuttosto che sulla “conoscenza”. E la fede immanente nella lettura, come ogni altra forma di fede, si fonda sui due concetti di “fallimento” e “speranza”.
La verità è che conosciamo il mondo e noi stessi, ma non siamo in grado di esprimere pienamente la nostra conoscenza. Leggere è confidare o sperare che un altro esprima ciò che noi non siamo riusciti a esprimere.
Allo stesso tempo, la lettura è fede o speranza per un’altra vita. Speranza per la possibilità di vivere ancora e ancora. Fede nella frammentazione del tempo e del sé come rinascita. Leggere è credere di rivivere in un altro o attraverso un altro. Al di là di questo, la lettura è un riconoscimento della presenza dell’altro e una collaborazione nel processo di osservazione del mondo. Leggere la passione è colludere con un altro contro la morte. Il desiderio di uscire da se stessi ed entrare in un altro o di accettare un altro.
Per questo la lettura ha in sé un aspetto che precede la comprensione, ed è l’amicizia. L’amicizia, al di là della comprensione e dell’accordo, sta sulle spalle della compagnia. Questo è l’aspetto che della lettura viene abbandonato, lasciato nell’ombra accanto alla lettura come intesa e accordo o scambio. La mia ipotesi è che la lettura e la scrittura cerchino amicizie da incontrare.
La lettura è il tentativo di trovare quell’amico che può esprimere questo mondo o la nostra sofferenza così com’è. E scrivere è il tentativo di trovare un amico che ascolterà la nostra storia di questo mondo e la storia della nostra sofferenza, e ci salverà dall’oblio.
La leggenda di Sanghe Sabur ovvero La pietra della pazienza, nella letteratura persiana, è un’attraente descrizione di questo aspetto della letteratura.
Una pietra magica alla quale riveli le tue sofferenze, e alla fine del tuo discorso, se qualcuno ti abbraccia e grida: «Ho sentito, ho sentito la storia della tua sofferenza», la pietra si spezza. E se non viene nessuno, è il cuore del narratore a essere lacerato e a morire. Questa è la terrificante scommessa della scrittura. Parlare alla pietra con questo debole desiderio, che l’amico si mostri.
Chi è rimasto inascoltato e ignorato, chi è stato rimosso, soppresso e censurato, rischia se stesso per raccontare la sua storia. O l’amico ascolterà la sua storia o il narratore verrà messo a tacere e dimenticato per sempre. O la pietra paziente sarà spezzata o lo sarà il narratore. Tuttavia, il pubblico del narratore non è un amico ma una pietra.
Per lo scrittore/narratore avere un amico che esca da dietro il muro e lo abbracci è così improbabile che persino parlare di speranza non è esatto. Chi parla con una pietra paziente, chi racconta storie, chi scrive, chi lotta contro l’oblio ha già accettato la sua morte. Allora perché dovrebbe parlare? Cosa può significare parlare con una pietra?
Parlare con una pietra è privo di significato come fischiare nel buio, ed entrambe sono forme di testardaggine contro la paura della solitudine e dell’oblio, entrambe sono forme di coraggio e resistenza.
Scrivere è sempre una lotta e una rivincita, seppure senza successo, sulla solitudine e sull’oblio.
La scrittura è sempre rivolta alla pietra, ma con la speranza che arrivi un amico. In questo modo leggere è sempre un comportamento furtivo, ascoltare e vedere da dietro il sipario, con la speranza che in ciò che verrà narrato si possa trovare il pezzo non raccontato della propria storia e, se lo si trova, si è trovato un amico.
Per anni noi, scrittori iraniani, abbiamo scritto alla pietra, e per il crimine di lottare contro l’oblio, individualmente e in gruppo, siamo stati imprigionati, torturati, siamo morti e siamo stati dimenticati. Per anni noi scrittori iraniani, noi iraniani, abbiamo fischiato in pura solitudine, nel cuore dell’oscurità, e nessuno ha sentito la nostra voce.
Oggi abbiamo ritrovato i nostri amici. Oggi parliamo con i nostri amici e in quello che diciamo i nostri amici troveranno pezzi non raccontati della loro storia. Perché in fondo, tutti noi che abbiamo fatto della letteratura la nostra professione parliamo di futuro e di libertà.
Parliamo di futuro perché la scrittura, pur essendo un richiamo al passato, è sempre rivolta al futuro. Da una semplice lettera a una poesia o a un racconto, la scrittura è sempre rivolta al futuro. Quando scrivi, stai rimandando al futuro, al tempo futuro in cui gli altri leggeranno. In un altro senso, scrivere significa avere speranza per il futuro e portare quel giorno davanti ai propri occhi. In quel giorno in cui verrà letto verrà allo stesso tempo scritto. Il giorno in cui la luce vincerà sulle tenebre. Il giorno in cui il mondo non chiuderà gli occhi davanti ai crimini di un regime di apartheid. Il giorno in cui la donna, il corpo, l’amore e il gioco d’amore avranno il diritto di riapparire nella letteratura persiana. Il giorno in cui il corpo della letteratura e del linguaggio diventeranno un solo corpo senza genere, non esclusivamente maschile.
Parliamo di libertà perché la letteratura ci permette di uscire da noi stessi e vivere indirettamente nel corpo di qualcun altro. Ci permette di resuscitare i morti e affrontare i loro assassini. Ci permette di chiamare i nostri amici al buio, ci permette persino di attraversare l’inferno. Ci permette di descrivere nei dettagli più affascinanti la combustione di tutto ciò che sembra duro e solido. La letteratura vive per conto di tutte le figure sbiadite e dimenticate della storia e grida le loro voci represse. Per tutti questi motivi l’autore è amico dei libertari e la letteratura è l’incubo dei dittatori.
Un estratto video del discorso di Omid Shams, tradotto da Siavash Guil.
درود بر شما
خوشحالم که در جمع شما سخن میگویم. در جمعی که از بسیاری جهات به آن احساس نزدیکی میکنم. جمعی که میراث دار یکی از درخشان ترین دورانهای مبارزه علیه تاریک ترین نیروهای تاریخ بشریست و به همین دلیل از مبارزه امروز ما و دشمنی که با آن میجنگیم تصوری دقیق تر و واقعی تر دارد. و مهم تر اینکه در جمعی سخن میگویم که به واسطه ی حرفه اش یعنی ادبیات ذاتا مشغول مبارزه با فراموشی است.
میلان کوندرا در کتاب خنده و فراموشی حکایتی کوتاه و واقعی نقل میکند که به اعتقاد من به بهترین نحو، چیستی ادبیات را توضیح می دهد:
کوندرا عکسی را توصیف میکند که در فوریه 1948، از کلمنت گوتوالد رئیس جمهور کمونیست چکسلواکی ، بر بالکن قصری قرن هجدمی در پراگ در محاصره یاران نزدیکش گرفته شد.
«گوتوالد در محاصره رفقایش بود، همراه با کلمنتیس که نزدیک به او ایستاده بود. برف میبارید و هوا سرد بود، و گوتوالد چیزی به سر نداشت. از فرط نگرانی برای حال رفیق، کلمنتیس کلاه خز خود را از سر برداشت و آن را بر سر گوتوالد نهاد.
چهار سال بعد، کلمنتیس به جرم خیانت محاکمه و اعدام شد. بخش پروپاگاندا بلافاصله او را از تاریخ و البته متعاقباً، از تمام تصاویر حذف کرد. چهره ها یکی یکی از آن عکس حذف شدند تا اینکه عاقبت گوتوالد روی بالکن تنها ایستاده بود. جایی که کلمنتیس بود، اینک تنها دیواری خالی نمایان بود. هیچ چیزی از کلمنتیس باقی نمانده بود، جز کلاه خزش روی سر گوتوالد.»
ادبیات، دوستان عزیز من، همان کلاه کلمنتیس است. گامی بلندتر و چشمی ذرهبینتر از تاریخ؛ داستانگوی صداهای محوشده و چهرههای فراموش شده.
برای همین است که ادبیات همیشه در حال ارجاع به چیزی دیگر است. همانند کلاه کلمنتیس، ادبیات چیزی بسیار بیشتر از خودش است. راوی روایتهایی است که دیگر وجود ندارند. ادبیات آخرین سنگر امید مردم است در مبارزه با فراموشی. در سرکوب، اعدام و نسلکشی، مفهوم فراموشی مرکزیت دارد و به نوعی هدف اصلی است: تبعید مفاهیم، اشخاص و ملتها به سرزمین فراموشی.
در تضاد با این اصل، ادبیات بهعنوان آئینی برای احیای آنچه فراموش شده عمل میکند. ادبیات آن تکههای نجاتیافته از فراموشی و فراموشکاری را جمعآوری میکند و از این طریق، محوشدگان را به حافظه بازمیگرداند. آنچه بهتمامی مرده است میتواند کماکان در بستر تکههای مجزا زندگی کند. حتی یک تکه نیز میتواند باعث یادآوری کلیتی شود که به آن تعلق دارد. یادآوری در میان این قطعات و تکّهها اتفاق میافتد. مبارزه با فراموشی، جستجویی است برای این قطعات. حافظه از واقعیت ریشه میگیرد اما محدود به آن نیست. حافظه تنها یادآوری وقایع نیست بلکه بازسازی آنها و زندگی کردن در آنهاست، دوباره و دوباره و دوباره. حافظه وقایع را گزینش میکند و آنها را به ترتیب اخلاقی و احساسی میچیند. بر اساس جزئیاتی که برای تاریخ هیچ اهمیتی ندارند اما برای فردی که آنان را به یاد میآورد حیاتی هستند. هر آنچه از تاریخ، بهمثابهی یک روایت بیعاطفه از واقعیتی تعمیمیافته، محو و حذف شده باشد، در حافظه و در ادبیات احیا میشود.
همه ی ما که خود را وقف ادبیات کرده ایم با این مبارزه علیه فراموشی آشنا و مانوس هستیم.
این همان مبارزه ایست که مردم من امروز فراسوی کتابها و نوشته ها، در خیابانها آن را پیش می برند؛ علیه دشمنی که از فراموشی نیرو میگیرد. دشمنی که زنان ما را همچون اشباهی بی چهره و سرگردان، گمنام و فراموش شده می خواهد. دشمنی که حافظه ما را از هر خاطره ای از آزادی، تمدن، نوگرایی، مقاومت، سرکشی، آرزو، تخیل، خلاقیت، شادمانی، رقص و زندگی تهی شده می خواهد. دشمنی که از ما می خواهد زن، زندگی و آزادی را به فراموشی بسپریم و به جایش پدرشاهی، مرگ پرستی و بردگی را بپذیریم. دشمنی که ما را و مقاومت ما را فراموش و محو شده از حافظه ی جمعی جهان به ویژه از حافظه دوستانمان، می خواهد. دوستانمان، بله از شما حرف می زنم. و این کلمه ی اعجاب انگیز «دوستی» مرا وامی دارد تا از وجه دیگری از ادبیات سخن بگویم: از دوستی مکنون در خواندن و نوشتن.
خواندن ادبیات بیش از آنکه معطوف به “دانستن” باشد متکی بر “ایمان” است. و ایمان مکنون در خواندن، همچون هر شکل دیگری از ایمان، متکی است بر دو مفهوم “شکست” و “امید”.
حقیقت این است که ما جهان و خویشتن را می شناسیم اما قادر به بیان کامل شناخت خود نیستیم. خواندن ایمان داشتن یا امید بستن به دیگری است برای بیان آنچه ما در بیان کردنش شکست خورده ایم.
در عین حال خواندن، ایمان یا امید به زندگی دیگر است؛ امید به احتمال دوباره و چندباره زیستن. ایمان به چندپاره کردن زمان و خویشتن به مثابه ی تولد دوباره. خواندن یعنی ایمان به زندگی کردن مجدد در دیگری یا از طریق دیگری. فراتر از اینها، خواندن تصدیق حضور دیگری است و شراکتی است در فرایند خیره شدن بر جهان. خواندن اشتیاق به تبانی با دیگری است علیه مرگ. اشتیاق به از خود بیرون آمدن و وارد شدن به دیگری و یا دیگری را به خود پذیرفتن.
از این روست که خواندن وجهی مقدم بر فهمیدن دارد و آن دوستی است. دوستی ورای فهمیدن و موافقت بر شانه های همراهی ایستاده است. این وجه مهجور مانده ی خواندن است که در جوار خواندن به مثابه ی مفاهمت و موافقت یا همان داد و ستد در سایه مانده است. فرض من این است که خواندن و نوشتن در این طلب کردن دوستی است که به هم می رسند.
خواندن، تلاشی است برای پیدا کردن آن دوست که می تواند این جهان را یا رنج ما را آنچنان که هست بیان کند. و نوشتن تلاشی است برای یافتن دوست، او که روایت ما از این جهان و روایت رنج ما را خواهد شنید و ما را از فراموشی نجات خواهد داد.
افسانه ی سنگ صبور، در ادبیات فارسی، توصیف جذابی از این وجه از ادبیات است.
سنگی جادویی که با او رنجهایت را برملا میکنی و در پایان سخنانت اگر کسی تو را در آغوش بگیرد و فریاد بزند “شنیدم، من داستان رنج تو را شنیدم” سنگ تکه تکه خواهد شد. و اگر کسی سر نرسد، قلب راوی است که پاره پاره خواهد شد و جان خواهد سپرد. این قمار هراس انگیز نوشتن است. سخن گفتن با سنگ در این آرزوی کم رمق که دوست خود را نشان بدهد.
او که ناشنیده و نادیده مانده است، او که حذف و سرکوب و سانسور شده است، خود را به مخاطره می اندازد تا داستانش را بازگو کند. یا دوست داستان او را خواهد شنید یا داستانگو برای همیشه خاموش و فراموش خواهد شد. یا سنگ صبور صد پاره خواهد شد یا راوی. با این همه مخاطب راوی نه دوست بلکه سنگ است.
این که دوست از پس دیوار بیرون بیاید و او را در آغوش بگیرد، برای نویسنده/راوی آنقدر نامحتمل است که حتی نام امیدواری بر آن نهادن چندان دقیق نیست. او که با سنگ صبور سخن می گوید، او که قصه می گوید، او که می نویسد، او که علیه فراموشی می جنگد، پیشاپیش مرگ خود را پذیرفته است. پس چرا باید سخن بگوید؟ سخن گفتن با سنگ چه معنایی می تواند داشته باشد؟
سخن گفتن با سنگ همان اندازه بی معناست که سوت زدن در تاریکی و هر دو لجاجتی است در برابر هراس تنهایی و فراموشی هر دو از سر شجاعت و مقاومت است.
نوشتن همواره از سر جان به لب آمدگی است و انتقامی هرچند نافرجام از تنهایی و فراموشی.
نوشتن همواره خطاب به سنگ است اما توامان با امید به آمدن دوست. بر این منوال، خواندن همواره رفتاری دزدانه است، فال گوش ایستادن و از پس پرده شنیدن و دیدن، با این امید که در آنچه نقل خواهد شد آن تکه ی ناگفته از داستان خود را بیابد و اگر بیابد دوستی را یافته است.
سالهای سال، ما، نویسندگان ایران، خطاب به سنگ نوشتیم و به جرم اینکه علیه فراموشی جنگیدیم تک تک و گروه گروه، به زندان افتادیم، شکنجه شدیم، و مردیم و فراموش شدیم. سالهای سال ما نویسندگان ایران، ما مردم ایران در تنهایی محض، در قلب تاریکی سوت زدیم و کسی صدای ما را نشنید.
امروز ما دوستان خود را یافته ایم. امروز ما خطاب به دوستان خود حرف میزنیم و در آنچه می گوییم دوستان ما تکه های ناگفته از داستان خود را خواهند یافت.
چرا که دست آخر همه ما که ادبیات را پیشه خود کرده ایم از آینده می گوییم و از آزادی.
ما از آینده می گوییم چون نوشتن اگرچه احضار گذشته است اما همواره معطوف به آینده است. از یک نامه ی ساده تا یک شعر یا داستان، نوشتن همواره خطاب به آینده است. وقتی که می نویسید یعنی موکول به آینده کرده اید؛ به زمانی در آینده که آن را خواهند خواند. به معنای دیگر نوشتن یعنی امید به آینده داشتن و آن روز نیامده را پیش چشم آوردن. آن روز را که نوشته خوانده خواهد شد. آن روز را که نور بر تاریکی پیروز خواهد شد. آن روز که جهان چشمهایش را بر جنایات یک رژیم آپارتاید نخواهد بست. آن روز که زن، بدن، عشق و عشق بازی دوباره حق حضور در ادبیات فارسی را خواهد داشت. آن روز که تن ادبیات، تن زبان، یک تن تک جنسی، یک تن صرفا مردانه نخواهد بود.
ما از آزادی می گوییم چرا که ادبیات به ما اجازه می دهد از خود بیرون آمده به نیابت و در کالبد دیگری زندگی کنیم. به ما اجازه می دهد کشتگان را بیدار کنیم و در مقابل قاتلانشان بنشانیم. به ما اجازه می دهد که در دل تاریکی دوستان خود را صدا بزنیم، به ما اجازه می دهد حتی از دوزخ عبور کنیم. به ما اجازه می دهد دود شدن هر آنچه سخت و استوار به نظر می رسد را با جذاب ترین جزئیات توصیف کنیم. ادبیات به نیابت از تمام چهرههای محو شده و فراموش شده در تاریخ زندگی میکند و صداهای سرکوبشده آنها را رسا فریاد میکند. برای همه اینهاست که نویسنده، دوست آزادیخواهان است و ادبیات، کابوس دیکتاتورهاست.
Omid Shams è poeta, traduttore e giornalista freelance, membro di Writers’ Association of Iran. Ha conseguito un dottorato in Giurisprudenza e ha pubblicato diversi libri, tra cui le traduzioni di importanti autori americani in farsi, come Ginsberg e Bergstein. Ha scritto numerosi saggi di poesia e teoria critica, ed è stato condirettore di varie riviste letterarie tra cui Zendeh Rood, Bidaar e Dastoor. Si occupa di diritti umani, libertà di espressione, libertà dalla tortura, femminismo post-strutturale, pensiero politico, letteratura e teatro radicale. Dopo aver subito minacce e aggressioni da parte delle autorità iraniane a seguito dei suoi scritti e del suo impegno nella situazione dei diritti umani in Iran, è fuggito dal suo paese d’origine per l’Europa. Attualmente vive in esilio a Londra.
