Frédéric Dumont ⥀ Poesia dal Québec

La serie di pubblicazioni dedicate alla poesia quebecchese a cura di Laura Giuliberti presenta oggi una selezione di testi di Frédéric Dumont. L’immagine in copertina è opera dell’artista Toti O’Brien. La serie è interamente consultabile qui

 

e-il votz delq auzels sona e tint. ab doubtz acort maitin e tart. so-m met enc or qu’ieu colore mon chan. d’un’aital flor don lo fruitz sia amors. e joi lo grans e l’olors d’enoi gandres.
Arnaut Daniel, 29’3 (Pillet-Carstens)
«il richiamo dell’ittero alirosse consiste in un check profondo e in una sorta di fischio, terrr-eeee. Il canto, invece, risuona come una sorta di oak-a-lee»
(Wikipedia, Agelaius phoeniceus)
Pare che alla corte di Federico II, dove molto si tradussero i Trovatori, la poesia ebbe inizio come trasposizione formale di un locus — che era anzitutto il luogo fisico della Provenza con le sue piante ed i suoi uccelli — verso una diversa riserva sonora e ritmica.

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Tutta la follia di questo progetto* sta nell’idea di deterritorializzare una specie endemica del nord america attraverso il suo canto — che dal primo giorno m’è parso inaudito, non meno di un oak-a-lee.
La sua mera fattualità, in una voce di wikipedia e la sua traslitterazione canora.
Tra questi due poli si muove il tradurre.

 

* Tradurre poesia del Québec, senza avere né i mezzi né la pretesa di restituire la complessità del panorama attuale, ma seguendo il filo degli incontri — avvenuti durante l’estate 2024 a Tiohtià:ke/Montréal — e quel profumo che sempre è rimedio contro tristezza.
Il progetto prende qui forma di una serie, in cui ogni elemento presenta un’autrice, o un autore, attraverso la pubblicazione di una o due delle sue poesie, in originale e in traduzione. Ai poeti, mi auguro che il loro canto «nell’idioma di Lollobrigida» (come ha esordito un’autrice che è nella serie) dia una vita migliore di quella di un ittero alirosse in una pagina di wikipedia. Alle case editrici, vanno tutti i ringraziamenti che non ho ancora speso per le persone che hanno letto, criticato e in qualsiasi altro modo attraversato queste traduzioni.

(Laura Giuliberti)


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LA MIA CAMERA È LA SOLA PAROLA

[…]
da dove mi situo
vedo un lago
insomma: lo immagino
immagino
la pietra rimbalzare sull’acqua
non si ferma mai
conto 135 rimbalzi
poi la pietra fa un buco nel ghiaccio
un pesce ne esce
un bambino grida mamma mamma
e forse son io
[…]

 

LA LUCE NO

Sogno che la parola luce
sia qualcosa di diverso
da una metafora strisciante,
la poesia,
no, mai
la luce è quest’oggetto
volante e anormale grazie al quale
riesco a vedere la circonferenza
del buco, quel banale buco nell’acqua
scritto male in un buco.

 

IL VASO ROSA

Proteggere la libreria, contorcersi. Pena, le pene, la pena, obbiettivo: morire ricco, morire povero, morire giovane, morire vecchio, morire sempre più giovane, vivere. Clown inaugurale, dicono che sono un clown inaugurale, non lo dice nessuno.
Sono nudo in questa doccia d’hotel, un posto così bello dove sfortunatamente non metterò mai un piede, mai il minimo bagaglio.
Vorrei tornare su un punto: gli altri.
Fatto.
Adesso, vorrei sostituire i nostri lutti con questo ciondolo d’occasione.
Ecco quale sarebbe il seguito: un sonnifero che annulla la propria presenza chimica, un farmacista il cui numero di telefono associ il mio cappellino al mio cuore, ci sarebbe anche un mobile su cui potrei recitare la parte del vaso rosa per tutta la notte.

 

 

MA CHAMBRE EST LE SEUL MOT

[…]
d’où je me situe
je vois un lac
enfin : je l’imagine
j’imagine
cette pierre faisant des bonds sur l’eau
elle n’arrête jamais
j’ai compté 135 bonds
puis la pierre a percé la glace
un poisson en est sorti
un enfant a crié maman maman
et c’était peut-être moi
[…]

 

LA LUMIÈRE NON

Je rêve que le mot lumière
soit autre chose
qu’une métaphore rampante,
la poésie,
non, jamais
la lumière est cet objet
volant et anormal par lequel
j’arrive à voir la circonférence
du trou, ce trou d’eau ordinaire
mal écrit dans un trou.

 

LE VASE ROSE

Protéger la bibliothèque, se tordre. Peine, les peines, la peine, objectif : mourir riche, mourir pauvre, mourir jeune, mourir vieux, mourir de plus en plus jeune, vivre. Clown inaugural, on dit que je suis un clown inaugural, personne ne dit ça.
Je suis nu dans cette douche d’hôtel, un si bel endroit où je ne mettrai malheureusement jamais le moindre pied, jamais le moindre bagage.
Je voudrais revenir sur quelque chose : les autres.
C’est fait.
Maintenant, je voudrais remplacer nos deuils par ce pendentif d’occasion.
Ce serait ça la suite : un somnifère annulant sa propre présence chimique, un pharmacien dont le numéro de téléphone associerait ma casquette à mon cœur, il y aurait aussi un meuble sur lequel je pourrais jouer le rôle du vase rose toute la nuit.

 

Da Chambre Minimum (Les Herbes rouges, /Poésie, 2022)
Gli estratti e le traduzioni sono pubblicati con l’autorizzazione dell’editore, merci.

 

 


Frédéric Dumont è un poeta quebecchese nato a Montréal nel 1986. Ha pubblicato quattro libri di poesia. Il più recente, Chambre Minimum, edito da Les Herbes rouges, è stato finalista dei premi letterari Gouverneur Général e Émile-Nelligan.

Laura Giuliberti. Dopo gli studi in filosofia e in traduzione letteraria — e dopo una breve e dorata parentesi presso il Centro Internazionale di Poesia di Marsiglia, con cui organizza l’atelier di traduzione collettiva Import/Export : Rome/Marseille — Laura torna in Italia e sceglie la Liguria come territorio liminare da abitare, attraversare, sconfinare. Nel 2022 viene pubblicata la sua traduzione di Giovanni Fontana, Sento [dunque suono, da Le Dernier Télégramme. Altri testi poetici da lei tradotti compaiono in riviste francesi e italiane. Insieme a David Lespiau ha tradotto Sonnologie di Lidia Riviello in uscita per le edizioni L’Usage. Nel 2024 la frontiera l’ha spinta ancora più ad ovest, dove scopre la poesia quebecchese, prepara una piccola antologia e rimanda la fine della sua corsa all’oro. Nel novembre dello stesso anno esce Paraìso (Arcipelago Itaca) — non una pepita, ma il suo primo personale ritrovamento.

 

Frédéric Dumont
Toti O’Brien, Arcana #20, Epiphany (la luce è quest’oggetto volante), olio e collage su legno, 40×40 cm, 2022.