“Fumettisti contro Youtubers”: la satira delle contraddizioni
Riflessioni in forma di intervista sulle vertiginose trasformazioni del panorama multimediale
Chi non sa cos’è un’intervista? Ne siamo abituati, assuefatti sino al midollo. L’intervista può essere un gioco dialettico sapientemente preparato tra il famoso giornalista e lo scrittore, oppure l’esplosione di rabbia del manifestante che si racconta a favore di telecamere, ancora una confessione, come in quelle interviste-verità che tanto piacciono a certe persone; esiste l’intervista strutturata, semistrutturata, destrutturata e distrutta; c’è l’intervista formale, magari davanti a una scaffalatura in mogano ripiena di libri formali, con poltrone formali, saluti formali e formule di cortesia squisitamente formali; oppure l’intervista per strada, davanti a una casa, o in stazione, mentre passa la gente, con la pioggia o il sole, di notte o di giorno, d’estate o in pieno inverno; un’intervista a un altro, un’altra, molti altri, a se stessi; un’intervista tranquilla oppure inaspettata, graffiante, ruggente; in tutti i casi l’intervista passa dagli occhi, dalla “vista” dell’etimo, ed è a tutti gli effetti dialogo che si instaura innanzitutto attraverso gli sguardi, non importa se in mezzo c’è solo un metro d’aria oppure lo schermo di un computer. Il vedere diventa la reale condizione di chi è davvero disposto ad ascoltare la voce dell’altro, e a far sentire la propria con entusiasmo, e magari un po’ di arroganza. Ripartendo da questo significato di confronto che spesso viene messo da parte proponiamo un nuovo modo di domandarsi e di domandare con gli occhi: l’intercritica. Solo là dove il confronto è più acceso e diretto, dove le opinioni divergono e il dibattito si colora, dove ogni punto fermo viene rimesso in discussione si può capire e criticare le scelte e le idee dell’altro, che può ribattere e giustificarsi: in altre parole, è solo con la critica che l’intervista si trasforma in specchio per vedere veramente non solo dentro di noi, ma anche dentro l’altro.

Marcus L., nome d’arte di Marco Lanza, è un fumettista. Attualmente vive e lavora in Norvegia, dove si è trasferito dopo la laurea in Storia dell’Arte. È fondatore, negli anni Duemila, dell’etichetta Blatta Production, con la quale ha realizzato due fumettometraggi ( Sfattanza con Simone Danieli e Consigli armati ad un giovane scrittore con Vincenzo Notaro), un avanguardistico progetto di fumetto in lattina (La Storia dell’Uomo) e la rivista collettiva «Naked Women Inside». In passato ha pubblicato storie per varie riviste tra cui «Argo» ( vol. XII, vol. XIV, vol. XVI) e «Pillole» del collettivo romano dei Dissociati. Più recentemente, sempre con Blatta Production, ha pubblicato Crisis Comix, serie autobiografica a puntate. Lo scorso ottobre Marcus L. ha pubblicato un’antologia satirica, intitolata Fumettisti contro Youtubers. In questa raccolta, composta da sette racconti a fumetti, veniamo catapultati nella storia di due adolescenti in cerca di successo a qualunque costo su Youtube; una giovane fumettista che cerca disperatamente di emergere col proprio lavoro; un alter-ego di Piero Angela che viaggia nel tempo per raccontarci la storia degli “youtubers”; una patata antropomorfa che diventa influencer e finisce nel giro di un losco individuo; le palle di un fumettista che lottano contro i propri istinti suicidi; un cartoonist ignorato da tutti a una fiera del fumetto come tante; e un fumettista che, imbattendosi sul video di uno youtuber, comincia a riflettere sul significato del proprio lavoro artistico (per maggiori informarsi consultare il sito: www.blattaproduction.com). Le storie sono state disegnate, oltre che da Marcus L., da Stefano Werne, Chiara Gabrielli, Sal Modugno, Roberto Cavone, Ruben Curto e Fabio Valentini. Tutti gli autori si sono concentrati principalmente sul rapporto tra due mondi, quello della china e quello del mouse: universi diversissimi che sono entrati in rotta di collisione. Andrea Plazzi, che ha curato la postfazione del volumetto, scrive:
“È questa la guerra, è questo il conflitto.
E deflagrano ora.”
Ho contattato Marco per approfondire con lui tutti gli aspetti di questa battaglia.
Terminata la lettura di Fumettisti contro Youtubers, non possa inosservato il carattere corale che permea le storie. Dai racconti dei fumettisti, anche se di formazione assai diversa tra loro, emerge unanime la condanna a un certo modo di fare video su Youtube, o più in generale a un certo tipo di Internet. Questa risposta compatta è senza dubbio problematica per l’interpretazione del messaggio: in un certo senso rappresenta il tallone di Achille e insieme la forza di questa antologia. Allora ti chiedo se, da coordinatore del progetto, hai dovuto discutere a lungo con gli autori che hanno collaborato prima di impostare una critica così concorde, oppure se questo carattere è emerso spontaneamente.
Prima che concepissi l’idea dell’antologico avevo già realizzato la mia storia. Solo dopo, all’incirca un annetto, decisi di coinvolgere altri fumettisti. Non diedi loro alcuna indicazione in particolare, dissi semplicemente che volevo fare un antologico satirico intitolato “Fumettisti contro Youtubers e li invitai a leggere la mia storia. Non lo feci per dare un modello, ma semplicemente per mostrare le tematiche che io avevo voluto trattare, lasciandoli assolutamente liberi di fare altrettanto. Le uniche indicazioni furono il formato, il numero di pagine (approssimativo, non tutte le storie sono lunghe esattamente lo stesso, ma volevo che l’antologico fosse il più equilibrato possibile tra i vari autori) e ovviamente una coerenza col titolo. Ciò che accomunava tutti noi era il nostro essere fumettisti e l’esserci in qualche modo dovuti rapportare con dei media che offrono una maggiore velocità di realizzazione dei contenuti. Ognuno ha affrontato la cosa senza nessuna discussione collettiva, ne è venuta fuori una critica così concorde perché, presumo, pensavamo cose simili sull’argomento. Questo ha stupito, piacevolmente, anche me. Ma non era per nulla scontato.

Come hai giustamente notato le vostre storie sono legate da alcuni tratti comuni: l’appartenenza al mondo del fumetto e il rapporto con il vertiginoso mondo dell’informatica. C’è un altro elemento che vi accomuna. Comparando le vostre biografie si scopre che, mediamente, chi ha partecipato al progetto è nato nella seconda metà degli anni ’80. Gli autori, dunque, durante la loro giovinezza, hanno vissuto due epoche distinte: quella delle autoproduzioni, figlia della cultura anni ’90, e quella del cosiddetto Web 2.0. In quest’ottica Youtube rappresenta un po’ il simbolo della possibilità di rendere virale qualsiasi tipo di contenuto a prescindere dal contenuto stesso. Vorrei che, dal tuo privilegiato punto di vista anagrafico, mi dicessi dove si è consumata la frattura da cui muove la vostra satira e, conseguentemente, qual è la tua visione utopica di Internet?
Perché un’operazione satirica abbia un senso chi la compie deve trovarsi nel punto di osservazione giusto per poter criticare il fenomeno in questione, e per poterlo fare devi avere dei termini di paragone. Nel caso di Fumettisti contro Youtubers credo che i nati negli anni Ottanta abbiano un punto di vista anagraficamente privilegiato. Sono abbastanza giovani per capire e usare i nuovi linguaggi (molti di loro sono anche youtubers!), ma anche abbastanza vecchi per ricordarsi di quello che c’era prima. Fumettisti contro Youtubers è un’operazione che un millennial non avrebbe nemmeno potuto concepire, tanto più che oggi il confine tra fumettisti, youtubers, blogger e simili è molto sottile: l’intermedialità è normale e credo che sia cosa buona e giusta. La vera grande differenza tra il periodo delle autoproduzioni degli anni Zero e oggi è che in quel periodo si sperimentava stampando (o fotocopiando) e buttandosi direttamente nel circuito di distribuzione più o meno underground, senza filtri, senza l’ansia di piacere a tutti i costi, semmai con la sola ansia di rifarsi delle spese. Anzi, in quella scena, l’essere difforme dalla produzione mainstream era un valore da esibire con orgoglio. Oggi le autoproduzioni esistono ancora e sono anche di qualità tecnicamente migliore di quelle di una volta. Prima di stampare è però d’obbligo il consenso sul web, e per poterlo avere un fumettista deve omologarsi ad un tipo di linguaggio che funziona sui social, che deve essere semplice e virale. Persino i grandi editori pubblicano senza battere ciglio chiunque abbia successo sul web, a prescindere dalla qualità delle loro proposte. Scelte economicamente ineccepibili, ma culturalmente avvilenti, che hanno portato in libreria libri e fumetti davvero tremendi. Date queste premesse è ovvio che un autore oggi voglia essere virale (quindi mainstream), l’essere difformi non porta like immediati, non porta alla pubblicazione, non porta a nulla, quindi nessuno vuole più farlo. L’underground, come spazio culturale, è quindi praticamente estinto poiché questa rivoluzione del linguaggio tende a svilire forme di espressione che usano meccanismi diversi. Youtube e tutte le piattaforme social, non rendono virale ogni contenuto, ma solo quelli che funzionano all’interno di esse, penalizzando gli altri. Il problema non sono i contenuti in sé, ma la loro omologazione. Questa frattura è avvenuta in questi ultimi dieci anni, col web 2.0, ma ovviamente è un processo in corso e non penso si possa parlare di un momento preciso. In fondo non credo nemmeno che sia tanto drammatica: da sempre il fumetto ha dovuto confrontarsi e anche adattarsi a media differenti. Credo anche che un modo diverso di utilizzare Internet sia possibile, più libero e lontano da piattaforme proprietarie, anche se per adesso, in mancanza di meglio, dobbiamo confrontarci con esse. Fumettisti contro Youtubers è un’operazione di satira massmediale, che analizza esattamente questa frattura da un punto di vista smaccatamente (e orgogliosamente) di parte.
Parlando dell’analisi di questo scisma uno dei temi che suscita più dibattito riguarda la trasformazione delle fiere del fumetto in Italia: da qualche anno infatti in queste occasioni gli spazi riservati ai cosplayer, ai videogiocatori e agli youtuber sono cresciuti con straordinaria rapidità. Il risultato è che i fumettisti hanno visto decrescere l’interesse dei partecipanti nei loro confronti. Se però questa situazione viene criticata il rischio è di passare per “rosiconi”, invidiosi dell’inaspettato successo altrui. Hai appena parlato dell’intermedialità, descrivendola come una cosa buona e giusta: lo è anche aggregare discipline diversissime per ricezione e diffusione, complice l’uso di diversi media, in nome di una cultura nerd trasversale e di interessi economici?
Non ho mai capito la gente che stigmatizza l’invidia. L’invidia è un sentimento umano diffusissimo, credo il più diffuso di tutti. Siamo tutti invidiosi di qualcuno, soprattutto oggi che i social ci bombardano costantemente con ragazze più sexy della nostra, disegni più belli dei nostri, vite più interessanti della nostra. L’invidia sembra più diffusa che in passato per l’aumentare dei modelli di confronto, ma allo stesso tempo è il sentimento di cui ci si deve più vergognare, perché se invidi sui social passi per rosicone, appunto. E non ce lo si può permettere, tutti sui social dobbiamo apparire dei vincenti, il modello è quello americano e ormai lo abbiamo assimilato alla perfezione. Personalmente non mi pongo il problema. Il fumetto, come tutte le forme d’arte quando sono libere da condizionamenti di vario tipo, parlano direttamente della realtà vera, non della sua rappresentazione. Fumettisti contro Youtubers esprime in maniera cristallina anche un certo rosicamento, che esiste davvero tra addetti ai lavori. Una narrazione che si pone fuori dai circuiti imposti dai social media, che valorizzano solo le narrazioni vincenti, può anche rappresentare una condizione da perdenti, da incazzati idealisti, in fondo è un retaggio di quell’orgoglio nell’essere difformi di cui si parlava prima. L’invidia ha un’energia potente e se la sprechi solo con commenti caustici sul web stai sprecando energia, è come consumare tutta la libido in seghe piuttosto che facendo l’amore. Che poi se ne consumi troppa non te ne resta nemmeno per fare l’amore. Lo stesso coi social. Ci abituano ad esprimerci con commenti su piattaforme preimpostate e ci tolgono il tempo e l’energia per esprimerci con forme d’espressione più personali. È stato proprio questo il motivo per cui ho fatto il mio fumetto: dopo la visione di un video in cui uno youtuber affermava che i fumettisti non stanno facendo nulla per il mondo dei fumetti ho preferito prendermi qualche tempo per scrivere e disegnare una risposta che non fosse un commento incazzoso tra i tanti, ma un’operazione intellettuale tutta mia, giocata su un terreno autonomo. Confermo quanto detto prima sull’intermedialità: è cosa buona e giusta che i media si contaminino e sarebbe ridicolo pensare il contrario dato che è un processo che c’è sempre stato e che ha sempre arricchito le arti. Ci tengo a ribadire questa cosa perché la nostra operazione rischia di essere letta come un invettiva luddista contro i treni a vapore che tolgono il lavoro ai cocchieri. Fumettisti contro Youtubers non è una critica verso il nuovo, ma una satira sulle contraddizioni che il passaggio tra il vecchio e il nuovo genera. Una testimonianza satirica di un momento storico, non un manifesto poetico. Se per “aggregare discipline diversissime” intendi le fiere del fumetto di cui parliamo nelle nostre storie, la risposta l’hai già data nella tua domanda: interessi primariamente economici. Qualcuno addirittura arriva a dire che bisognerebbe creare degli eventi a parte, qualcun’altro dice che della grande affluenza portata dagli youtubers comunque beneficiano anche i fumettisti. Non so quale sia la soluzione giusta, so che però questo mischione ha portato alla creazione di manifestazioni solamente fumettistiche che pare vadano anche piuttosto bene (penso all’“Arf!” ad esempio). Non so se sia giusto o sbagliato creare manifestazioni che contengono di tutto, in fondo la cultura nerd è davvero trasversale e anche il fumetto fino a non troppo tempo fa era considerato una sorta di fratello ritardato della letteratura, mentre oggi lo troviamo anche alle fiere del libro senza nessuno scandalo. Non so davvero dare una risposta netta alla tua ultima domanda.

Mi pare però che tu abbia detto lo stesso molte cose interessanti: per esempio, è raro sentir parlare qualcuno in termini così schietti dell’invidia, un sentimento che molti covano, ma che pochi sono disposti a mostrare apertamente. Fermiamoci ancora un po’ a parlare di emozioni: vorrei chiederti cosa vorresti che frullasse nella testa di chi ha appena letto Fumettisti contro Youtubers. Non parlo solo delle molteplici idee, ma anche delle emozioni che l’opera è capace di trasmettere.
Mi piacerebbe che il lettore fosse indotto a pensare a bla bla bla e che si spingesse verso un’analisi che bla bla bla, eccetera eccetera. No, in realtà l’unica cosa che vorrei è che si divertesse leggendolo.
Concentrandoci ora sull’antologia e sull’opera di ogni singolo autore ce n’è una in particolare che ti ha colpito tra quelle dei vari collaboratori? Non voglio metterti in imbarazzo, perciò non ti chiedo quale, a tuo avviso sia la migliore: semplicemente, parlami di un’altra storia che, per una qualche ragione particolare, è riuscita a imporsi sotto un certo aspetto.
Se devi farmi sbilanciare permettimi almeno di ricordare come tutti gli autori siano stati fantastici nel cogliere in pieno il senso del progetto e nell’averlo realizzato al loro massimo.
La storia che ha più colpito me, e anche altri autori dell’antologico, è Agenzia Pallese di Roberto Cavone. È l’unica storia che non parla nello specifico delle dinamiche squisitamente nerd di cui parlano tutte le altre (e di cui abbiamo parlato in questa intervista), ma ci porta in un mondo surreale pieno di suggestioni grottesche con la sua patata innamorata e il cinico talent scout Ciccio Pallese. È stata di gran lunga la storia con l’approccio più originale, pur rimanendo ben aderente alla tematica dell’antologico. Conosco Roberto da una vita, proprio dai tempi delle fanzine ( non a caso noi due siamo gli autori più vecchi) e sapevo di andare sul sicuro quando gli ho chiesto di collaborare. Lo invidio molto per i voli pindarici narrativi che crea nelle sue storie, uniti ad un certo cazzeggio nei dialoghi e nelle situazioni, il tutto inserito in una storia che fila liscia come l’olio fino alla fine.
Anzi, già che ci sono dò uno scoop ad Argo: Ciccio Pallese tornerà molto presto con Blatta Production.

Wow, grazie mille per l’esclusiva! Ora vorrei farti un’ultima domanda di carattere valutativo. Il mondo che descrivi, quello digitale, è spesso definito fluido perché in continuo cambiamento, senza una forma definita: come cambierebbe la tua storia, se dovessi criticare il mondo digitale?
Non credo si possa personificare il mondo digitale, come per esempio fanno tanti giornalisti (“la rete si indigna!”). Il mondo digitale non è un soggetto, è un’evoluzione del nostro modo di comunicare. Non si può fare satira o critica su un media, il media in sé è neutrale. Invece è interessante notare l’effetto che ha il media su di noi, in tutte le sue contraddizioni. Sono un mcluhaniano convinto, credo che i media cambino le persone non certo per il loro contenuto, ma per come gli scombussolano i modi di comunicare, persino di vedere il mondo. Se dovessi rifarla non credo che la mia storia cambierebbe, ma di sicuro si presterebbe ad ampliamenti, parlerei di altri aspetti della trasformazione che stiamo vivendo.
In fondo è quello che ha sempre fatto la fantascienza, si è inventata mondi futuribili con tecnologie inquietanti e distopiche non per parlare delle tecnologie in sé, ma per evidenziare aspetti dell’animo umano, spesso portando avanti riflessioni persino filosofiche molto importanti. Oggi che il futuro immaginato da quella fantascienza è già presente, o perlomeno è già iniziato, certi cambiamenti nella società stanno già avvenendo grazie all’invasione massiva della tecnologia. Se ne può parlare anche con l’umorismo e la satira perché non parliamo più di mondi futuribili, ma del nostro presente. L’uomo contro la macchina è un elemento classico della fantascienza, un espediente retorico per interrogarci sul nostro essere umani, che nasce da ben prima della fantascienza. Con le dovute proporzioni, credo che Fumettisti contro Youtubers possa anche essere letta come una variante in chiave umoristica di questo genere. Fumettisti contro Youtubers non parla di mondi digitali. La satira, la critica, è sempre verso questo meraviglioso animale parlante che si chiama uomo e che ci continua a dare infiniti spunti creativi e di riflessione.
Francesco Faccioli