Gabbiani di Domenico Pierro ⥀ Passaggi

Per la rubrica Passaggi presentiamo oggi la prosa breve Gabbiani di Domenico Pierro, illustrata da Silvia Mengoni. L’editoriale della rubrica può essere letto qui

Immagine in copertina di Silvia Mengoni.

 



 

I bambini disegnano cieli con le punte turchine, le sbriciolano e poi strusciano le dita sul foglio bianco. Quando hanno distinto il cielo dal mare, dopo il sole, segnano archetti neri e congiunti, a fare uccelli che volano. Li fanno che volano ovunque, ma sempre neri, su prati e case. E se stanno sui mari, li fanno gabbiani.
Gabbiani di cielo e di acqua. Gabbiani maestosi, grandi, con le ali che abbracciano le onde. Li disegnano bianchi e veloci nello sconfinato spazio; l’arancione, il giallo, il nero non servono. Sono solo bianchi perché non devi sapere di becchi, di zampe, di narici, di occhi. I bambini non temperano nessuno di queste matite colorate.
Ho scoperto persone abbarbicate ai gradoni del tempo con il magnesio per tamponare la falesia di macchie bianche.
Ho visto uomini abbarbicati alla roccia come gabbiani che nidificano, aggrappati a minuscole tacche di pietra, incuranti del tempo, esposti con la più bella apertura, come di uomini al trapezio, sotto un mare di occhi spalancati. In quella occasione è stato come guardare il tuo volto nella penombra e fissare del tutto, solo l’orbita e il naso. Per mettere il sapore con l’odore, negli occhi.
Ho spezzato l’incenso ed è stato subito un bagno.
Dei gabbiani, l’occhio infuocato, lo vedi in città, dove, planando tra l’aritmetica umana, svoltano e si fiondano, anche a piedi. Li vedrai trotterellare accanto a carrelli e monopattini, tra la gente ai semafori o quella stanca delle panchine. Oppure li vedrai fermi, lapidei, a strider di urli improvvisamente, quando nulla sembra essere diverso da prima.
Ho visto gabbiani con te, essere implumi nell’aria fresca di un anno nuovo. Cercarne il nido per sapere del tempo. In uno spazio grande quanto il tempo. Senza confini, senza recinti, con appena un divieto e contemporaneamente vedere i ponti svegliarsi e le porte spalancarsi ai suoni, alla musica, al bisbiglio.
Ho visto, in questi cieli freddi e turchini, gabbiani volare coraggiosamente sopra i tetti e sopra le acque, velocemente, perché pare non abbiano paura, come il primo giorno di tutti gli altri.
Oggi li vedo sui muri rossi, sopraelevarsi e oscurare con la propria ombra il volo degli altri uccelli. Allora, vedere dei gabbiani che nuotano in città, insieme a colombi, pappagalli e passerotti, nel sole freddo di febbraio, è un evento occasionale o l’evoluzione spontanea della natura che si adatta al cemento?

 

 

 


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Domenico Pierro
Immagine in copertina di Silvia Mengoni.