Genealogie sradicamenti ricognizioni di Camilla Marchisotti (Seconda parte) ⥀ Passaggi
Per la rubrica Passaggi, la seconda parte di Genealogie sradicamenti ricognizioni, una raccolta di prose brevi scritte da Camilla Marchisotti (qui la prima parte). L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Immagine di copertina di Noemi Tiofilo, Amore a prima vista, 2020.
Genealogie sradicamenti ricognizioni (Seconda parte)
Descrizione, telecronaca, resoconto. Le date chiamano il diario. Nel diario si appuntano le cose che succedono, finanche «le bizze del corpo» – come le chiamava Gadda, grande ipocondriaco. Il testo del 28.7 è assente. Credevo che questo testo sarebbe stato una descrizione delle cose fatte, viste e provate il giorno 28.7., quando sono partita con mia madre alla volta di Aosta, per andare a casa di mia nonna (morta in ottobre) per l’ultima volta. Credevo che avrei voluto riflettere, dopo, sulle numerose fotografie che ho sentito il bisogno di fare alla casa; e che avrei voluto descrivere – con la precisione di S. M. – gli oggetti un tempo appartenuti alla nonna o al nonno, che ho preso dalla casa e ho portato via con me. Perché proprio quel ritratto della bis-nonna Angela? Perché quella bottiglia, quel soprammobile, quel porta-chiavi? Perché la tazza in cui stavano le penne, in ingresso? E com’era la tazza? Grande, piccola, liscia, ruvida. Ho deciso che non lo farò. Se esaurire è impossibile, anche descrivere lo è. Lo sa bene Georges Perec, che nell’ottobre del 1974 per tre giorni consecutivi rimase seduto in un caffè in Place Saint-Sulpice, appuntando su un taccuino qualunque cosa vedesse (pubblicò il risultato in un libro intitolato Tentativo di esaurimento di un luogo parigino). Mancano circa 49 minuti alla fine di questo testo (mentre lo rileggo, mi sudano le mani e ne mancano 14). Accendo il telefono e riguardo le foto che ho scattato il 28.7. Ritrovo ogni stanza, fotografata con l’obiettivo ultra-grandangolare, da più punti di vista. Non ritrovo, scorrendole, la stessa sensazione di quando le ho scattate. Ad ogni scatto, il 28.7., mi sentivo salva. Ora guardo le foto e – sì – sento qualcosa, ma di più piccolo e leggero; non più una salvezza, appena un sollievo. Nella costellazione di foto, però, ce ne sono alcune che si distinguono da quelle documentarie, da quelle foto-descrizioni fatte sulla spinta della paura di dimenticare. Sono foto diverse. Foto 1: Sul vetro della porta che dalla cucina si affaccia in balcone (davanti: le montagne), nell’angolo in basso a sinistra c’è un adesivo rovinato dall’usura ma ancora leggibile. Recita: «Ordine degli psicologi di Aosta». Foto 2: Sempre in cucina, un cassetto verticale aperto (dove si teneva il pane): nel fondo, briciole. E poi, in numerose stanze (il bagno, la camera, perfino l’ascensore), non più foto con i mobili, i letti, i quadri, ma foto di me allo specchio.
Viene annunciato che: «Siamo in arrivo alla stazione di Reggio Emilia AV». Ho una leggera tachicardia; mi sembra di non aver detto abbastanza, di non aver fatto giustizia a quel giorno e a tutti quelli prima. Cerco allora nelle parole di altri.
Yi-Fu Tuan: «Here is a seeming paradox: thought creates distance and destroys the immediacy of direct experience, yet it is by thoughtful reflection that the elusive moments of the past draw near to us in present reality and gain a measure of permanence».
Prima di partire, spinta forse da un presentimento, ho ficcato disordinatamente nella borsa di tela qualche libro di Natalia Ginzburg. Incalzata dal tempo che passa – 9 minuti – li prendo, li sfoglio a casaccio, leggo qua e là. Da La vecchiaia, in Mai devi domandarmi, ho tempo di appuntare: «Vorremmo che quelle pallide tracce non sparissero, per poter ancora riconoscere nel presente qualcosa che è stato nostro». Viene annunciato che: «Siamo in arrivo a Bologna Centrale».
Chi volesse proporre prose brevi per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Camilla Marchisotti
Camilla Marchisotti (1993) è dottoranda in Lingue, letterature e culture moderne (curriculum: European Literatures) presso l'Università di Bologna, con un progetto sulla persistenza dell'idillio nella poesia europea del secondo '900. Si occupa anche di narrativa italiana dell'estremo contemporaneo. Ha pubblicato alcuni racconti su Colla, Inutile, Carie. Suoi articoli sono apparsi su alcune riviste online (Minima&moralia, Le parole e le cose).
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