Geneviève Desrosiers ⥀ Poesia dal Québec
Concludiamo oggi la serie di dieci pubblicazioni dedicate alla poesia quebecchese, a cura di Laura Giuliberti, con la poetessa Geneviève Desrosiers. In copertina, un’opera dell’artista Toti O’Brien. La serie è interamente consultabile qui
e-il votz delq auzels sona e tint. ab doubtz acort maitin e tart. so-m met enc or qu’ieu colore mon chan. d’un’aital flor don lo fruitz sia amors. e joi lo grans e l’olors d’enoi gandres.
Arnaut Daniel, 29’3 (Pillet-Carstens)
«il richiamo dell’ittero alirosse consiste in un check profondo e in una sorta di fischio, terrr-eeee. Il canto, invece, risuona come una sorta di oak-a-lee»
(Wikipedia, Agelaius phoeniceus)
Pare che alla corte di Federico II, dove molto si tradussero i Trovatori, la poesia ebbe inizio come trasposizione formale di un locus — che era anzitutto il luogo fisico della Provenza con le sue piante ed i suoi uccelli — verso una diversa riserva sonora e ritmica.
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. […]
Tutta la follia di questo progetto* sta nell’idea di deterritorializzare una specie endemica del nord america attraverso il suo canto — che dal primo giorno m’è parso inaudito, non meno di un oak-a-lee.
La sua mera fattualità, in una voce di wikipedia e la sua traslitterazione canora.
Tra questi due poli si muove il tradurre.
* Tradurre poesia del Québec, senza avere né i mezzi né la pretesa di restituire la complessità del panorama attuale, ma seguendo il filo degli incontri — avvenuti durante l’estate 2024 a Tiohtià:ke/Montréal — e quel profumo che sempre è rimedio contro tristezza.
Il progetto prende qui forma di una serie, in cui ogni elemento presenta un’autrice, o un autore, attraverso la pubblicazione di una o due delle sue poesie, in originale e in traduzione. Ai poeti, mi auguro che il loro canto «nell’idioma di Lollobrigida» (come ha esordito un’autrice che è nella serie) dia una vita migliore di quella di un ittero alirosse in una pagina di wikipedia. Alle case editrici, vanno tutti i ringraziamenti che non ho ancora speso per le persone che hanno letto, criticato e in qualsiasi altro modo attraversato queste traduzioni.
(Laura Giuliberti)
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Benvenuto
Benvenuto
mio conquistador, mio frigorifero, mio aureolato, mia macchia grigia, mio carbone, mio gesso bianco, mio irrimediabile, mia colla da legno, mia roccia,
Benvenuto
mio semiologo del tutto, mia mazza da baseball, mio disco da hockey, mio portiere di ogni porta, mio biliardo a otto buche, mio assurdo infinito, miei begli occhi blu,
Benvenuta
mia brina d’estate, mio gufo sui tetti, mia una camera e mezzo, mia auto a tre ruote, mia astrazione lirica, mia poesia fangosa, mio nero illuminato, mio selvaggio civilizzato, mia croce a forma di cerchio, mio paziente, mio effimero eterno,
Benvenuto
mio santo dannato, mio quadrato bianco su sfondo bianco, mio accendino rosa, mio mostro, mio cuore insanguinato,
Benvenuta, benvenuta mia piaga perfetta,
Benvenuta
mia torta su ruote,
Benvenuto
mio pugnale spezzato
Arrivederci
Benvenuto.
Io
Aspettando di alzarmi
Aspettando di alzarmi.
Resto seduta a contare i miei anni
Dio come sono corti.
Dio come sono lunghi.
E dio come mi tuffo allegramente nei luoghi peggiori e in quelli più belli come uno.
Gioco facile.
Gioco.
Gioco come un capello.
Gioco come in mezzo.
Io mi metto una maschera e mi rimetto.
Veloce.
Casco sopra la testa fin sotto i piedi.
Viva gli spartiati.
Io bevo una bottiglia di vino.
Io la bevo tutta fino in fondo.
Battute. Boiate.
Le corde non sono più, e da tempo, vocali.
Sono abissali.
Una bella maglietta a maniche corte azzurro chiaro e con piccole macchie di vernice bianca, azzurra, gialla.
Non lo porterei mai.
Solo nelle peggiori occasioni.
Ce ne saranno poche.
Poche.
Chissà.
Chi sa.
Che sia.
Alto.
Alto. (Come una torre)
Dritto.
Dritto. (Come un tronco)
Bello.
Bello. (Come se stesso)
Fiero.
Fiero. (Come i bambini che lo ignorano)
È chiaro che non posso fare niente per lui.
Lui crede di sì.
Si sbaglia.
Alla grande come un elefante.
Probabilmente lo immagina. Forse anzi
lo sa.
Sapere.
Sapendo.
Cagare.
Clericale.
Cerchiamo esperti.
Urgenza assoluta.
Ahimè. Più tempo a guarire che a cadere
malata.
Io chiamo il chi-va-là.
Voi che siete là.
Oltre-mare. Oltre-tromba. Venti e maree. Venti e mariti. Venti e finito. Venti e liberato. Liberato dal vento che procrea nostalgia. La miserabile nostalgia.
L’ancestrale nostalgia che fa nascere figli, scoppiare guerre e morire gli amanti.
Puttana, pappone, miserabile, demagogo, egoista, maiale, schifoso, schifosa, stronzo, idiota, stupido, vile, villano.
Villaggio.
Castello.
Paradiso.
Io vi tramando, io vi abbandono, io vi offro, io vi ringrazio.
Io non potrei più incontrare la gente.
Senza rammentarmi.
Senza ricordarmi.
Io davvero divento troppo vecchia.
Perciò ricordami.
Perciò ricordatemi.
Come si pronuncia la parola.
Quale?
Ahimè. Io non lo rammento, io non lo ricordo…
Pronostico per favore!
Emergenza! Veloce! Si redingota nei vecchi sobborghi! Nelle vecchie città e nelle giovani contrade!
Potremmo diventare simpatici? Divertenti?
Io chiaramente dico noi per smettere di dire io.
È quello che si chiama un tentativo.
Ci sono anche i tentativi di omicidio, di stupro, di suicidio, di intimidazione.
Di solito fa rima con mancato.
Mamma, io ho tastato il mio tentativo prima di mancarlo.
Non è niente, bambina mia, non è niente.
Tra qualche giorno, non lo si vedrà più.
Forse è solo una questione di parasessualità dopotutto.
Dopo tutto.
E dopo niente.
Tentiamo di essere stoici. Apolitici. Lubrici. Ludici. Magnifici. Idillici. Apoplettici. Cadaverici. Lirici e stupidi.
Come solo gli animali sanno farlo. Tutti gli animali.
Tranne, chiaramente, l’uomo.
Troppo complessato, poveretto.
Povera bestia.
Povera età.
Povera ta.
Povera a.
Astrusa.
Allibita davanti alle innumerevoli bestialità che escono dalle sue mareggiate nere.
Tentativo incontrollato di incerti lividi.
Io tento di dire arrivederci.
Non è molto facile.
Provateci a dire con scioltezza: Arrivederci, io non voglio mai più rivedervi.
Soffiate le candeline, i ceri e lanterne, dannati delle grandi cause! Avete perso.
Ma, come diceva, come diceva…
Chi la perde la vince e chi la vince la perde.
Bisogna scolpire per non deludere.
Se stessi e gli altri.
Sii te-stesso.
Sapete perché c’è un trattino in te-stesso?
È per l’altro.
Non è un bastimento.
Imbastisce vendemmie nel suo cervello. O nell’anima se si preferisce.
Oh, Camomilla, com’è bella l’aurea del tuo mazzo.
Che mazzo.
Ammazzo.
Ammazzò.
Mirò il nero ed ammazzò il grigio
Tutti sanno che il bianco non è un colore comunque.
Io procreo l’infamia atrofizzata.
Atrofizzata perché non posso impedirmi di credere autenticamente.
Dò prova di autoscopia.
Autodafé.
Atonìa.
Ventitré io per un centinaio di righe. Credetemi, il conto è ormai fatto…
⥀
Bienvenue
Bienvenue
mon conquistador, mon frigidaire, mon auréolé, ma marque grise, mon charbon, ma craie blanche, mon irrémédiable, ma colle de charpentier, ma roche,
Bienvenue,
mon sémiologue du tout, mon bâton de baseball, ma poque de hockey, mon gardien de tous les buts, mon billard à huit trous, mon infini absurde, mes beaux yeux bleus,
Bienvenue,
mon givre d’été, mon hibou sur les toits, mon un et demi, mon char à trois roues, mon abstraction lyrique, ma poésie fangeuse, mon noir éclairé, mon sauvage civilisé, ma croix en forme de cercle, mon patient, mon éternel éphémère,
Bienvenue,
mon saint damné, mon carré blanc sur fond blanc, mon briquet rose, mon monstre, mon cœur ensanglanté,
Bienvenue, bienvenue ma plaie parfaite,
Bienvenue
mon gâteau sur roues,
Bienvenue
mon poignard cassé,
Au revoir
Bienvenue.
Je
En attendant de me lever
En attendant de me lever.
Je reste assise à compter me années
Dieu qu’elles sont courtes.
Dieu qu’elles sont longues.
Et dieu que je plonge allègrement dans les pires et les plus beaux lieux comme un.
Jeu facile.
Jeu.
Jeu comme un cheveu.
Jeu comme au milieu.
Je mets un masque et je me recoiffe.
Vite.
Casquée de la tête aux pieds.
Vive les spartiates.
Je bois une bouteille de vin.
Je la bois au complet.
Boutades. Broutilles.
Les cordes ne sont plus, et depuis longtemps, vocales.
Elles sont abyssales.
Un joli petit chandail à manches courtes bleu pâle tout maculé de peinture blanche, bleue, jaune.
Je ne le porterais jamais.
Que dans les pires occasions.
Il y en aura peu.
Peu.
Peut-être.
Peut être.
Puisse-t-il être.
Grand.
Grand. (Comme une tour)
Droit.
Droit. (Comme une tige)
Beau.
Beau. (Comme lui-même)
Fier.
Fier. (Comme les enfants qui l’ignorent)
Il est évident que je ne peux rien pour lui.
Il croit que oui.
Il se trompe.
Aussi gros qu’un éléphant.
Il le devine probablement. Peut-être même
qu’il le sait.
Savoir.
Sciemment.
Scier.
Sacerdoce.
Nous cherchons des experts.
C’est plus qu’urgent.
Hélas. Plus de temps à guérir qu’à tomber
malade.
Je hèle le hé-là.
Vous là-bas.
Outre-mers. Outre-trombe. Vents et marées. Vents et mariés. Vents et achevé. Vents et délivré. Délivré du vent qui enfante la nostalgie. La misérable nostalgie.
L’ancestrale nostalgie qui fait naître des enfants, éclater des guerres et mourir des amants.
Putain maquereau, misérable, démagogue, égoïste, cochon, salop, salope, enculé, idiot, stupide, méchant, vil.
Ville.
Château.
Paradis.
Je vous lègue, je vous abandonne, je vous offre, je vous remercie.
Je ne pourrais plus rencontrer grand monde.
Sans me souvenir.
Sans me rappeler.
Je deviens beaucoup trop vieille.
Rappelle-moi donc.
Rappelez-moi donc.
Comment on prononce le mot.
Lequel ?
Hélas. Je ne m’en souviens, je ne m’en rappelle…
Pronostic s’il vous plaît !
Ça urge ! Ça presse ! Ça redingote dans les vieux faubourgs ! Dans les vieilles villes et même dans les jeunes contrées !
Pourrions-nous devenir drôles ? Amusants ?
Évidemment je dis nous pour arrêter de dire je.
C’est ce que l’on appelle une tentative.
Il y a aussi des tentatives de meurtres, de viols, de suicides, d’intimidations.
En général, cela rime avec raté.
Maman, j’ai tâté ma tentative avant de la rater.
Ce n’est rien, mon enfant, ce n’est rien.
Dans quelques jours, il n’y paraîtra plus.
Peut-être n’est-ce qu’une simple question de parasexualité après tout.
Après tout.
Et après rien.
Tentons d’être stoïque. Apolitique. Lubrique. Ludique. Magnifique. Idyllique. Apoplexique. Cadavérique. Lyrique et bête.
Comme seuls les animaux savent le faire. Tous les animaux.
Sauf, évidemment, l’homme.
Trop complexé, le pauvre.
Le pauvre hère.
Le pauvre ère.
Le pauvre re.
Le pauvre e.
Abscons.
Abasourdi per l’incommensurable quantité de bêtises qui sort de son raz-de-marée noir.
Tentative incontrôlée de bleus incertains.
Je tente de dire au revoir.
Cela n’est pas très facile.
Essayez-donc de dire avec aisance : Au revoir, je ne veux plus vous revoir.
Soufflez les chandelles, les bougies et les lampions, damnés des grandes causes ! Vous avez perdu.
Mais, comme disait, comme disait…
Qui la perd la gagne et qui la gagne la perd.
Il faut sculpter pour ne pas décevoir.
Soi-même et les autres.
Sois toi-même.
Vous savez pourquoi on met un trait d’union à toi-même ?
C’est pour l’autre.
Il n’et paquebot.
Il est en train de faire les vendanges de son cerveau. Ou de son âme si on préfère.
Oh, Camomille, quelle belle aura tu as aujourd’hui.
Tu as.
Tua.
Il tua.
Visa le noir tua le gris.
Tout le monde sait que le blanc n’est pas une couleur de toute façon..
J’enfante l’infamie atrophiée.
Atrophiée parce que je ne peux m’empêcher de croire tout à fait.
Je fais montre d’autoscopie.
Autodafé.
Atone.
Vingt-trois je pour une centaine de lignes. Ma fois, le compte y est…
Nombreux seront nos ennemis (L’Oie de Cravan, 2019 [1999]).
Gli estratti e le traduzioni sono pubblicati con l’autorizzazione di Julie Desrosiers, la sorella, e della famiglia di Geneviève Desrosiers; merci.
Geneviève Desrosiers nasce a Montréal il 3 febbraio 1970. Nel 1989 scrive un testo teatrale intitolato Tourni Coti, Tourni Cota. Tra il 1990 e il 1996 si dedica alle arti visive e partecipa a numerose mostre. L’essenziale della sua produzione letteraria avviene tra il 1994 e il 1996. Muore a Montréal nel marzo 1996. Nombreux seront nos ennemis, la raccolta postuma delle sue poesie, è stata pubblicata per la prima volta a giugno 1999 dalle edizioni L’Oie de Cravan.
Laura Giuliberti. Dopo gli studi in filosofia e in traduzione letteraria — e dopo una breve e dorata parentesi presso il Centro Internazionale di Poesia di Marsiglia, con cui organizza l’atelier di traduzione collettiva Import/Export : Rome/Marseille — Laura torna in Italia e sceglie la Liguria come territorio liminare da abitare, attraversare, sconfinare. Nel 2022 viene pubblicata la sua traduzione di Giovanni Fontana, Sento [dunque suono, da Le Dernier Télégramme. Altri testi poetici da lei tradotti compaiono in riviste francesi e italiane. Insieme a David Lespiau ha tradotto Sonnologie di Lidia Riviello in uscita per le edizioni L’Usage. Nel 2024 la frontiera l’ha spinta ancora più ad ovest, dove scopre la poesia quebecchese, prepara una piccola antologia e rimanda la fine della sua corsa all’oro. Nel novembre dello stesso anno esce Paraìso (Arcipelago Itaca) — non una pepita, ma il suo primo personale ritrovamento.
