Al giorno d’oggi la pratica del fagocitare organismi appartenenti alla propria specie è considerata piuttosto sconveniente (se non in situazioni culturalmente rilevate) di Bianca Oradini ⥀ Passaggi
La rubrica Passaggi ospita oggi il testo Al giorno d’oggi la pratica del fagocitare organismi appartenenti alla propria specie è considerata piuttosto sconveniente (se non in situazioni culturalmente rilevate) di Bianca Oradini, accompagnato da una sintografia di Andrea Capodimonte. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Sintografia in copertina di Andrea Capodimonte, Senza titolo, 2023.
forse non s’incastrano perfettamente il mio modo di sentirmi smarrita in certi discorsi e quel suo modo di difendersi che tende al ferirsi – in queste notti ho sognato che tutti (noi, tassonomicamente definiti «homines sapientes») siamo cannibali e che io divoravo il mio corpo (il mio stesso corpo) : (c’est il cupio dissolvi in un rito proibito originato nella preistoria neolitica dell’umanità!) : (questo lavoro mi sta spingendo a divorarmi) (e questo discorso non porta da nessuna parte). ci si aspetterebbe che io sia grande e stabile – non come quei bicchieri zeppi di birra (appoggiati sul vassoio) che tremano se la gente mi osserva mentre apro la porta (non ho mani libere) : devo spingerla pian pianino in avanti col complesso muscolare che (evolutivamente) ha permesso alla nostra specie di assumere un’andatura eretta (bipede) : devo spintonare la porta col culo, poi, voltarmi di scatto quando ho abbastanza spazio per il vassoio (in modo per nulla elegante) (il più delle volte, sbattendo il gomito contro lo stipite) – aprirsi e ferirsi sono la stessa azione? contemplano la crepa. (sulla soglia) ero sporca di birra – ero sporca di sangue (nel sogno) mi alimentavo consumando il mio corpo amnesico (il mio stesso corpo) – fagocitato e ridotto in residui ossei scarnificati e privati del midollo – estratti dal canale anatomico che mette in comunicazione la faringe con l’esterno : avevo pezzi di carne fra i denti (nella mia cavità orale) (antropica) (la fessura da cui ci si aspetterebbe udire uscire la mia voce) ma non sentivo di aver sbagliato perché lo facevano tutti : è questa la nostra fregatura?
. c’è chi sta bene in quella dimensione di passaggio –
«nella luce catastrofica» – io vorrei solo tornare a casa e vederlo apparire (mi fa tremare le ombre) con due biglietti sola andata per la Thailandia (non ho mai visto un macaco dal vivo!) invece faccio incubi dagli istinti antropofagi perché dovrò sempre fare i conti con cose che si aprono senza riuscire a chiudersi
Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Bianca Oradini
Bianca Oradini è nata a Cremona nel 1997, dove vive. Dopo aver conseguito la Laurea triennale in Lettere moderne presso l'ateneo di Pavia, sta frequentando il corso magistrale in Filologia moderna a Firenze. Ha collaborato con alcune prose brevi alla rubrica Passaggi della rivista «Argo» e al numero dello scorso dicembre della rivista letteraria «L'Appeso». Non capisce le faccende cibernetiche – scrive ferite estetiche – combina un sacco di patatrac!