Giulia Coralli anima la poesia di Samir Galal Mohamed | Mixis #14
Proteste, impegno sociale e politica nel quattordicesimo appuntamento con Mixis.
Le immagini in movimento apparente, in vita grazie all’animazione 2D di Giulia Coralli, incrociano le parole in dedica di Samir Galal Mohamed. Il risultato è un incrocio dell’attimo che ancora si compie, di una lotta di ieri, dell’oggi e del domani.
A Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò
[Questo testo, scritto nel maggio/giugno 2014 ed edito da Marcos y Marcos nel 2015, viene oggi riproposto dall’autore con alcune importanti modifiche, ed è dedicato a quattro giovani attivisti No Tav: Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò – all’epoca, già in carcere dal 2013 per i fatti del 13/14 maggio (accusati di sabotaggio di un compressore nel cantiere Torino-Lione). Durante il processo, che si sarebbe svolto nel dicembre dello stesso anno, i quattro furono poi assolti dall’accusa di “terrorismo”, «perché il fatto non sussiste[va]», ma ritenuti colpevoli di aver “sabotato” il compressore e tutti condannati a tre anni e sei mesi di reclusione e al pagamento di cinquemila euro di multa.]
I
È il contenuto del vostro sacrificio contro la legge
formale che, in quanto tale, non sa che farsene di voi,
se non assimilare l’azione al terrore/l’azione alla mafia,
uniformando la modalità processuale. Ingenuo
è colui che ritiene sia possibile non strumentalizzare:
non esiste voce imparziale. Io voglio strumentalizzare,
poiché la strumentalizzazione dichiarata è,
quanto meno nel mio caso, un atto d’amore,
di riconoscenza, debito e rispetto morale.
Io sono – o potrei essere – un fratello, qualora voi voleste
accettare: chi vi scrive non lo fa con intenti e stile paterni,
ma con la voce rotta di paura, con il balbettio dell’insicuro,
l’intelligenza dell’escluso: con un borghesismo formale.
Con le squame.
Insomma, se fossi un fratello, saprei.
Saprei se tacere oppure parlare. Purtroppo, ora non conosco
che l’ottimismo della vostra volontà;
così non posso fare altro
che cominciare con il chiedere:
posso tacere o devo parlare?
II
Avrei voluto vivere la vita di ognuno di voi,
anziché affrontare la condanna per moderazione;
per la mia giusta – sebbene mai dolosa – medietà…
drastico, invece, riverbera l’arbitrio che fu tutto
oppure niente, puro ed empio. No, non sono, questi,
quattro vangeli che possa interpretare, questo tempo:
non un’ermeneutica civile che traduce
in terrore quella vita attiva farsi luce.
Quanti amici mai venuti – al mondo.
Quanta intelligenza – ancora in grembo.
E nessun interlocutore, nessun contraddittorio…
dov’è la mia comunità?
Che io sia così contemporaneo?
O tanto reazionario?
(Non una parola che non sia soverchia, in poesia;
né assoluto che non si dia azione, in ideologia…).
Madre lontana, come ti hanno scopata male:
senza lambire le pareti – le tue valli –,
addomesticando le tenebre – i tuoi abissi –,
stemperando quell’alba amaranto di rancido
sole. Terre mute e misericordiose, di museruole
sante vi vestirono. Terre padroni e salvatrici.
In fila come tanti devoti nel giorno della scepsi
saremo – anche – redenti. Allora voi sarete stabbio,
noialtri, pigmenti.