
Un romanzo sconvolgente, un pugno allo stomaco, capace di affrontare con un taglio inedito i mali individuali ma anche sociali, che non lascia però spazio a facili prese di posizione, perché ciò che veramente sconvolge è la tenera sensibilità del protagonista, che percepisce il mondo da un punto di vista personale e, per noi “esterni”, inconcepibile. Dal mondo sotterraneo il suo sguardo e la sua voce si fanno ora taglienti e crudi, ora sognanti e impauriti, ma anche adoranti e imploranti. La sensibilità del bambino, che soffre, odia ma allo stesso tempo ama il padre, viene di colpo bruscamente stravolta da una consapevolezza adulta, disillusa e acida, maturata nella muffa della prigione. Gli altri personaggi, profondamente caratterizzati attraverso semplici tocchi aneddotici, emergono e si costruiscono per sfaccettature successive grazie alla voce narrante e al suo schizofrenico registro, ora adulto ora bambino, restituendo al lettore un’immagine a tutto tondo, che tuttavia rimane sfuggente e con quel margine di incomprensibilità che è proprio della vita reale. Sono personaggi che raccontano la desolazione della vita.
Una storia di un’umanità disarmante che nasce da un’urgenza narrativa, comune sia al protagonista che all’autore, il cui linguaggio alterna l’urlo al sussurro, uno spietato realismo a visioni quasi fiabesche, ed è proprio in questa fusione che il romanzo si compie acquisendo spessore. Il protagonista si guarda attorno e si scontra contro il duro mondo reale, ma la sua sensibilità lo porta ad ammorbidirlo, a tramutarlo a tratti in un sogno, con il rischio però di tramutarlo nell’opposto, in un incubo. In questo processo è guidato da Magnolia, amica-nemica immaginaria, unica compagna nel mondo sotterraneo, cantastorie fantasiosa e perfida. Magnolia e un altro personaggio, chiave ma secondario, sono i soli ad avere un nome, per il resto Io non sono esterno è un romanzo senza nomi, ognuno non è altro che il proprio ruolo nella vita del protagonista, ma non è nominabile. C’è Lui, il padre, aspirante mafioso e uomo d’onore, la mamma, lo sfasciacarrozze e, unico punto luce della storia, ma forse non così luminoso, “la bambina che mi voleva bene”.
Giuseppe Merico riesce nell’impresa di tenere in equilibrio un romanzo complesso, denso di suggestioni e di sviluppi nonostante l’apparente immobilità della vicenda di partenza – la vita reclusa. La sua scrittura procede sottraendo il superfluo, suggerendo emozioni, narrando nel modo più innocente possibile, senza viziare la storia con prese di posizione o artifici “letterari”. A Io non sono esterno manca qualcosa, ma non in senso negativo: è un romanzo spugnoso, capace di assorbire, attende solo il lettore, spetta a noi colmarlo.Giuseppe Merico (1974) è redattore del settore narrativa della rivista Argo, Io non sono esterno è il suo primo romanzo, e segue di qualche anno la sua raccolta di racconti brevi Dita amputate con fedi nuziali (Giraldi, 2007).
Simone Colombo