Hilary Swank intervistata da Mike Goodridge al Locarno Film Festival
Durante la Settantaduesima edizione del Locarno Film Festival, Hilary Swank è stata insignita del Leopard Club Award davanti ai quasi 8000 spettatori che la Piazza Grande di Locarno può contenere. Nella mattinata del 10 agosto è stata intervistata da Mike Goodridge, produttore e critico cinematografico che nel 2017 ha anche diretto la seconda edizione del Macao Film Festival. Ecco cosa ha risposto la Swank.
Mike: Prima di parlare del tuo lavoro nel cinema, quanto ha inciso la televisione nel tuo percorso professionale?
Hilary: Moltissimo, infatti arrivata a L.A. ho lavorato per ben nove anni soprattutto in programmi televisivi di bassissima qualità. Erano produzioni semplicissime che nessuno guardava, ma grazie a queste ho imparato a migliorarmi sognando una svolta per la mia carriera. Inoltre ero molto mascolina all’epoca e mi davano continuamente parti da maschio che mi infastidivano profondamente, ma dovendo lavorare ho cercato di fare di necessità virtú…
M: E questa necessità ti ha molto aiutato a vincere la parte che ti ha poi consacrata come nuovo talento a Hollywood, ovvero quella di Brandon Teena in Boys don’t cry (ndr. Film del 1999 diretto da Kimberly Pierce che narra la storia tragica di un ragazzo transessuale)
H: Esatto, la Tv in questo senso mi ha fornito una buona preparazione per affrontare Boys don’t cry, un film che ottenni quasi per miracolo poichè ormai dopo più di nove anni di provini per il cinema mi sentivo abbastanza disillusa e pensavo che se a trent’anni non avevo raggiunto il successo di certo non l’avrei raggiunto più tardi…
M:Qual era il tuo background familiare ed economico quando arrivasti a Los Angeles?
H: Provengo da una famiglia umile: mio padre ha frequentato il college, mentre mia madre è una donna che ha sempre lavorato. Non eravamo ricchi, ma nemmeno poveri: avevamo diverse difficoltà e ciò che vedevo intorno a me non mi piaceva. Ho sempre sognato guardando i film e più il tempo passava più desideravo di far parte di quel mondo. Un giorno mia madre decise di trasferirsi a L.A per dare vita a quel sogno e cosí partimmo noi due da sole per quell’avventura.
M: Secondo la tua esperienza personale quanto sono importanti le scuole di recitazione?
H: visto il mio background non mi potevo permettere corsi di dizione o altro. La mia scuola è stata la strada: uscivo e osservavo la gente, imitavo poi le parlate e i gesti. Anche le comparsate in Tv mi aiutavano perchè quando mi rivedevo capivo cosa dovevo evitare di fare e cosa andava bene.
M: Quasi sempre i tuoi personaggi sono donne forti e determinate che però soffrono e finiscono tragicamente. Perchè scegli in questo modo i tuoi ruoli e come li affronti?
H: Perchè amo queste donne. Quando leggo una storia che mi sottopongono sento subito se il mio personaggio mi ha toccato nell’anima o meno. Se mi smuove dentro allora valuto se accettare la parte. Sono in quasi tutti i casi storie commoventi, ma tragiche per cui diventa sempre più provante buttarsi in un lavoro e poi in un altro subito di seguito. Serve forza fisica e psicologica per impersonare certi ruoli e tempo per ritornare me stessa dopo aver terminato le riprese. Basti pensare a Betty che ho impersonato in Conviction (2010); una ragazza madre disoccupata con due figli da mantenere che per liberare il fratello ingiustamente incarcerato nel braccio della morte si mette a studiare giurisprudenza, laureandosi e riuscendo a far scagionare il fratello. Quando ho affrontato il suo personaggio mi sono immedesimata in lei da quando l’ho conosciuta e ancora oggi qualcosa della sua personalità é ancora in me.
M: Hai lavorato con grandi registi, ad esempio Danny Boyle, Clint Eastwood, Brian de Palma, Christopher Nolan, Cosa ti hanno insegnato?
H: Ho avuto nella mia carriera di attrice tante opportunità e mi sono divertita molto. Alcuni registi erano convinti che grazie ai loro lavori sarei diventata famosa, altri mi volevano per il mio fisico atletico o mascolino. In ogni caso si continua ad imparare. Essere voluta da Clint Eastwood per Million Dollar Baby ha voluto dire raggiungere l’apice. Dopo ho rischiato ti montarmi la testa perchè il successo è arrivato inaspettato. Da che non mi conosceva quasi nessuno, a che venivo fermata da tutti per strada o invitata ovunque a Hollywood. Se non ti fermi e respiri rischi che tutto questo ti dia alla testa. Ho deciso di calmarmi e riprendere la mia vita tale e quale a com’era prima e anche nella mia professione ho ricominciato a lavorare con umiltà.
M: Nel tuo futuro ti vedremo sempre più in Tv e anche su Netflix, cosa ci puoi dire?
H: Vi posso anticipare che sarò sempre più vicina a Marte, infatti presto reciterò in una serie voluta da Netflix in cui sarò il capitano di una missione spaziale pericolosa e mai tentata. Più che l’idea degli effetti speciali o dello spazio mi affascina il tema del lavoro comunitario e della vita dell’umanità nel prossimo futuro.
M: Stai lavorando a molti progetti dunque?
H: In realtà meno che in passato, infatti ho deciso di stare di più con la mia famiglia. Quando sei giovane pensi solo alla carriera, passando gli anni ti rendi conto che la vita è una sola e va vissuta con le persone che ami.
Paola Coppi
Paola Coppi (nata il 31/07/1991) è un’insegnante piemontese di inglese e spagnolo. Cresciuta tra il Lago Maggiore, d’Orta e Mergozzo sente forte il legame con la natura ed il territorio da cui proviene. Oltre ad essere curiosa verso le culture straniere, nei ritagli di tempo ama leggere e dipingere. Non può vivere senza musica e cinema.