I wanted to tell you ⥀ Poesia di Marina Romani
La poesia I wanted to tell you di Marina Romani nasce in inglese e poi viene tradotta in italiano, dalla stessa autrice. Due voci in dialogo tra amicizia e amore
Ci sono due voci in questo brano, e non è sempre possibile distinguere chi sia a parlare. È una conversazione tra due persone che tengono profondamente l’una all’altra, in un rapporto che si delinea nello spettro tra amicizia e amore, ma che non può essere definito in maniera polarizzata. I temi che affrontano sono salute mentale, consenso all’interno di una relazione, displacement linguistico, spaziale e temporale nell’elaborazione della memoria.
Come la maggior parte dei miei lavori, questa poesia è nata in inglese, e solo successivamente ho deciso di tradurla in italiano. Nel processo di traduzione, mi sono trovata a voler trasformare l’originale inglese, andando avanti e indietro tra le due versioni, modificando forma e immagini. Alcune parti sono rimaste in inglese: in certi contesti emotivi, esprimere concetti o esperienze nella mia lingua madre rimane per me impossibile.
(Marina Romani)
I wanted to tell you
Quando torno a casa Quando non torno a casa Quando digrigno i denti Con l’accento
di campagna Con le cicatrici quando canto Mi insegnerai come dimenticare quando Rallentami
il battito del cuore
Mi insegnerai come quando devo
Mi farai attraversare la strada quando è rosso? Salirai le scale al posto mio verso la soffitta dove
fa freddo e le lenzuola antiche i quaderni e le fotografie in bianco e nero
rimangono
in silenzio
per favore, fammi dimenticare
Cosa mi risponderai quando ti dico che il pensiero di morire mi consolava?
Mi toccherai di nuovo
Non mi farai attraversare la strada quando è rosso
Mi dirai, Per favore, non dimenticare
Ti volevo dire Oggi ho imparato “distress tolerance” e “il bisogno di sentire
dolore fisico per validare il dolore emotivo” Eppure non è solo dolore
emotivo È l’eccesso di gioia che fa accelerare le parole le rende acute È
quando cammino sola dopo che le studentesse piangono nel mio ufficio e
vorrei fare di più per aiutarle È quando il cervello preme contro le pareti
Adesso quando me ne ricordo indosso un elastico per i capelli al polso e lo
tiro quando sento troppo Adesso scelgo gli elastici non secondo il colore o
come me li sento nei capelli ma per la profondità per la forma di quando
colpiscono il dorso della mano
È ora di alzarsi? No ci siamo appena messз a letto
Siamo solo un po’ più vecchз il che vuol dire che siamo vivз So che adori
fare colazione ma il mattino deve ancora arrivare Apriamo la finestra
Per un momento ancora il profumo della California sotto la pioggia Sapevo
di volerti bene perché in questo stesso letto stavi male e volevo starti
più vicina
Ti volevo dire In una cattedrale dove non siamo mai statз ci tenevamo
per mano In piedi respirando in silenzio vicino alle panche in fondo E mi sono
trovata nuda gocciolante di acqua benedetta Un vento strano dal portone socchiuso
Tienimi stretta sono bagnata
[ Il privilegio di scrivere, di fare domande ]
Come vuoi mi?, ti chiedo
E ti rispondo: ti dico come
ti guido come Ti tengo
la mano mentre improvvisi
ti do il mio consenso
ti insegno come usarmi e tu
mi ascolti
Tracciamo labirinti sulla mia schiena
Il suono e la forma dell’aria pesano più forte e più veloce
Sull’orlo di ogni sentiero sulla pelle il mio respiro avanza
con cautela pausa
senza
Cado in ginocchio
Sull’orlo di ogni storia sulla pelle il significato si infrange
Adesso con le dita segui il labirinto, dico
La notte sulla schiena è timida con la bocca aperta
As long as I know I’ll be leaving again, I can go back to the place where I was
Of course it hurts
I wanted to tell you
When I come home When I don’t come home When I grind my teeth With my countryside
accent With the scars when I sing You’ll teach me how to forget Slow my heartbeat down
Will you teach me how to when I have to
Will you let me cross the street when it’s red Will you climb the stairs for me to the attic
where it’s cold and ancient bed linens notebooks and black and white photographs stay
in silence
please make me forget
What will you answer when I tell you that the thought of dying consoled me
You will touch me again
Will not let me cross the street when it’s red
Will say Please, don’t forget
I wanted to tell you Today I learned about “distress tolerance”
and “the need to feel physical pain to validate emotional pain”
It is not only emotional pain though It is the excess of joy that
makes my speech run fast pitched higher It is when I’m walking
alone after my students cry in my office and I wish I could help
them more It is when the brain pushes against the walls
Now when I remember I wear an elastic band on my wrist
and pull it when I feel too much Now I shop for elastic
bands not for color or how they feel in my hair but for
the depth for the shape of the hurt when they hit my hand
Is it time to wake up yet No we just went to bed
We are only a little older which means we are alive I know you love
breakfast but that is not until the morning Let’s open the window
Let’s smell the California rain a moment longer I knew I loved
you because in this same bed you were sick and I wanted to be
closer
I wanted to tell you In a cathedral where we have never been we held hands
Stood breathing in silence near the pews at the back And I found
myself naked dripping holy water An unfamiliar wind from the doors ajar
Hold me I’m wet
[ The privilege of writing, of asking questions ]
How do you want to me? I ask
And I answer: I’ll tell you how to I’ll
guide you how to I’ll hold
your hand while you improvise
I’ll give you my consent
I’ll teach you how to use me and you
will listen
We trace labyrinths on my back
Sound and shape of the air weigh faster and heavier
At the edge of each path on my skin my breathing treads
lightly pause heavily
I fall to my knees
At the edge of each story on my skin meaning breaks
down
Now with your fingers follow the maze, I say
The night on its back is shy with its mouth open
As long as I know I’ll be leaving again, I can go back to the place where I was
Of course it hurts
Marina Romani è artista multidisciplinare, traduttrice, insegnante, e ricercatrice. Nata in Abruzzo, Italia, la sua carriera accademica e professionale si è svolta principalmente negli Stati Uniti. Ha conseguito un PhD in Italian Studies presso la University of California, Berkeley e un MA in Comparative Literature presso il King’s College London in UK. Ha presentato le sue ricerche nelle istituzioni più prestigiose di Stati Uniti ed Europa (Yale, UCLA, New York University, tra le altre) e ha tenuto corsi di lingua e cultura (storia, cinema, letteratura, scrittura e ricerca, critical thinking) a studenti provenienti da 20+ paesi nel mondo al Berkeley International Study Program e alla San Francisco State University. Inoltre, ha lavorato come esperta linguistica e culturale in aziende della Silicon Valley. Marina è performer di musica afro-portoricana, e ha svolto per tanti anni l’attività di critica musicale. Collabora come scrittrice con la San Francisco Opera. Dal 2016, Marina ricopre il ruolo di Resident Scholar and Expert per UN Women’s Global Voices Film Festival. Vive tra l’Italia e la Bay Area, California. È possibile consultare i suoi lavori e pubblicazioni su marinaromani.org e @marina_nella.
L’immagine di copertina è un’opera fotografica di Marina Romani