Il cantiere invisibile di Argo ⥀ Le autoproduzioni della Rivista di esplorazione e della Casa editrice indipendente
Argo è stata invitata nel Cantiere invisibile dell’Università di Udine. Alcune riflessioni di Valerio Cuccaroni sulle autoproduzioni della Rivista di esplorazione e della Casa editrice indipendente Argolibri
È ancora possibile fare un discorso di autoproduzione editoriale, in chiave sia culturale, sia politica che economica? Nell’ambito del fumetto esiste una grande realtà, prolifica e presente nelle fiere di settore, mentre in ambito letterario, a parte la nicchia delle riviste indipendenti, si è persa perfino la memoria delle autoproduzioni. Su Wikipedia non esiste il lemma autoproduzione e non figurava neanche nelle edizioni online del Vocabolario e dell’Enciclopedia Treccani, fino a quando, nel 2019, lo abbiamo fatto notare alla segreteria di redazione, che ha aggiunto al primo significato, specifico del linguaggio economico («produzione di energia elettrica, fuori dal regime di monopolio, effettuata da un’impresa industriale per soddisfare i fabbisogni inerenti ai propri processi produttivi»), anche il secondo, relativo all’editoria («produzione indipendente, pubblicata al di fuori dei circuiti dell’editoria tradizionale, prodotta soprattutto dagli appassionati di un genere culturale specifico a proprie spese»). Autoprodurre una rivista elettronica o un libro online non comporta i costi vivi, legati innanzitutto alla stampa, che implica stampare riviste e libri cartacei.
Autoprodurre una rivista e libri di carta è ciò che dal 2000 facciamo con il progetto Argo ed è per questo che Alice Gardoncini, che insegna Editing e Tecniche di redazione all’Università di Udine, ci ha invitato a parlarne durante il suo ciclo di lezioni sul mestiere dell’editore, intitolato Il cantiere invisibile.
A nome di Argo, siamo stati chiamati a parlare di editori indipendenti, insieme a Giorgiomaria Cornelio, che presenterà un altro progetto, le Edizioni volatili, curato con Giuditta Chiaraluce. La lezione è l’occasione per dialogare in una tavola rotonda insieme a David J. Watkins della rivista Charta Sporca e Carlo Selan della rivista Poesia del nostro tempo. Tutti noi, chiamati a intervenire, lavoriamo a progetti indipendenti ma ci siamo anche ritrovati, temporaneamente, in periodi diversi, a lavorare insieme nel cantiere di Argo: Selan occupandosi di poesia, quando Poesia del nostro tempo faceva parte del collettivo argonautico; Watkins pubblicando un racconto su Argonline.it; Cornelio curando l’ultima opera uscita per Argolibri, La radice dell’inchiostro. Sarà dunque un dialogo non solo sull’editoria indipendente ma anche sui collettivi editoriali.
Questa lezione, la terza, viene dopo una con Francesco Guglieri, editor di Einaudi, e precede un’altra con Domenico Scarpa, consulente letterario-editoriale del Centro Studi Primo Levi nonché studioso di Gadda, Contini e Sciascia. Insomma, è una posizione scomoda, tra pesi massimi, quella in cui ci troviamo a parlare di editoria.
Del resto, chi ha pensato questo incontro ha voluto lanciare uno sguardo su piccoli progetti, fuori dalla visibilità dell’editoria di mercato, sui margini e proprio ai margini, da sempre, si muove il progetto editoriale della rivista Argo e di Argolibri. In realtà, per quanto fuori dalla visibilità dell’editoria di mercato, Argolibri appartiene a tutti gli effetti all’editoria di mercato: ha una promozione (Goodfellas) e una distribuzione libraria (Messaggerie), con un lavoratore part-time e un suo fatturato, per quanto piccolo. Cosa significa, quindi, fare editoria ai margini, dovendo stare sul mercato?
Evolversi per vivere
Non ripercorreremo la storia di Argo, rivista nata all’Università di Bologna nel 2000 e passata per più editori e più formati, sdoppiandosi nella collana omonima, fino a creare i presupposti per la nascita del marchio indipendente Argolibri. Accenneremo ai vari passaggi, certo, ma ci concentreremo su ciò che ha reso possibile la sopravvivenza di una rivista universitaria e la sua evoluzione in un marchio editoriale, fino a consentire al progetto di assumere un suo ruolo, per quanto marginale, riconosciuto e riconoscibile.
Nel 2017 Matilde Quarti pubblicò su Il Libraio un reportage dedicato a quel «“movimento” poco conosciuto ma dinamico nel panorama editoriale italiano» che è costituito dalle «riviste letterarie indipendenti, autoprodotte, spesso nate in contesti universitari». Di Argo scrisse che è una «rivista che unisce narrativa, poesia e critica», segnalando che «nel suo passaggio da fanzine ciclostilata a rivista iscritta al tribunale di Bologna ha ospitato autori come Paolo Nori e Aldo Nove. Nel 2010 Argo ha anche inaugurato una collana che si occupa principalmente di poesia». Il 2010, in effetti, fu l’anno in cui inaugurammo la collana Argo pubblicando Calpestare l’oblio. Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana, un’antologia curata da Davide Nota e Fabio Orecchini. Si trattava di un’opera collettiva, che, sin da quando circolava in formato PDF, generò un dibattito acceso, ribalzato da «l’Unità» alla prima pagina del «Corriere della Sera» per essere ripreso dal «Giornale», dalla trasmissione La zanzara di Radio 24, «Il Foglio», «Libero» fino ad approdare, dopo la diffusione dell’antologia in formato cartaceo e la realizzazione di una serie di parlamenti poetici, organizzati tra Roma, Bologna e altre città italiane, al Tg3 Notte. Una visibilità rarissima per un’autoproduzione, ma non ci interessa ora indagare le ragioni di quella meteora mediatica, quanto piuttosto sottolineare il suo essere un’autoproduzione, nata in seno a due collettivi redazionali. Il primo, quello di Nota, poeta e all’epoca giornalista, era il collettivo della rivista di poesia e realtà «La Gru», di cui Nota era tra i fondatori. Il secondo, quello di Orecchini, era il collettivo di «Argo».
Argo è un progetto editoriale che si inserisce nella storia delle autoproduzioni e delle esperienze editoriali collettive, ma a differenza di tantissime altre, Argo non ha avuto vita breve. Non ha avuto neanche, a dire la verità, quella vasta eco, tra gli addetti ai lavori, che hanno avuto riviste indipendenti come Prismo (2015-2017), tra le più interessanti e innovative degli anni Dieci, in parte confluita nell’esperienza della rivista Not.
La crescita del progetto Argo è stata lenta ma costante, alimentata dai ritmi biologici e biografici dei collettivi redazionali che si sono succeduti nel tempo. La rivista non ha smesso le sue pubblicazioni quando i primi due collettivi redazionali hanno lasciato, uno dopo l’altro, Bologna. Da Bologna, dove aveva sede l’associazione studentesca che creò la rivista, il CSH[Q] Collegium Scribarum Histrionumque, poi Compagnia degli Articultori aps, la proprietà di Argo è stata trasferita a un’altra associazione, Nie Wiem, con sede ad Ancona, città originaria del direttore responsabile della rivista, il reporter Marco Benedettelli, cofondatore di Argo, come me, che nel 2003 avevo cofondato anche Nie Wiem.
La sopravvivenza del progetto Argo è stata resa possibile da questo passaggio, da questa mutazione, in seguito alla congiunzione tra la tribù nomade di Argo e la tribù stanziale di Nie Wiem. Ho ricostruito questo passaggio in uno scritto, intitolato Realizzare imprese associative, in cui ho cercato di teorizzare la possibilità di resistere all’aziendalizzazione di ogni forma di vita associata.
Fare impresa senza scopo di lucro
Era il 2017 quando, con quello scritto, cercavamo una via d’uscita alla situazione critica in cui ci trovavamo con Argo e Nie Wiem. I trasferimenti di fondi per la cultura dallo Stato agli enti locali avevano subìto, dalla crisi del 2008 in poi, tanti e tali tagli progressivi, che ormai non erano più disponibili i fondi provinciali e i fondi regionali si erano ridotti drasticamente. Di fronte a questa situazione la Regione Marche aveva deciso di creare distretti culturali evoluti sul modello dei distretti industriali, come quelli delle calzature e dell’elettrodomestico, che dagli anni Sessanta del secolo scorso ai primi del Duemila avevano reso le Marche una delle regioni economicamente più ricche e dinamiche d’Italia, frantumandosi però in seguito all’impatto con la globalizzazione (per fare un solo esempio, nel 2014 la famiglia Merloni, proprietaria di Indesit, ha venduto il marchio a Whirpool).
Con la creazione dei distretti culturali evoluti la Regione chiedeva non solo agli enti culturali ma anche alle associazioni, che volevano continuare a ricevere fondi regionali, di pensare e agire come imprese creative, collaborando con altre imprese. Era possibile diventare un’impresa creativa mantenendo la nostra struttura associativa, che è una struttura democratica, a differenza di quella della maggior parte delle imprese, che è monocratica o, nel migliore dei casi, oligarchica? Dimostrare che fosse possibile era necessario per teorizzare e realizzare una struttura produttiva democratica e senza scopo di lucro.
In effetti, non avevamo alternativa: dovevamo partecipare al bando Imprese creative della Regione Marche, perciò dovevamo capire se con la nostra struttura democratica e senza scopo di lucro avremmo retto, senza snaturarci.
Iscrivemmo Nie Wiem alla Camera di Commercio come casa editrice. Potevamo farlo in quanto Nie Wiem, proprietaria di Argo, aveva pubblicato opere in coedizione prima con Pendragon (2005-2008), poi con Cattedrale (2009-2014), infine con Gwynplaine (2014-2019) e, solo per un anno, con Istos (2018). Quindi, assunte le vesti dell’impresa creativa, partecipammo al bando Imprese creative della Regione Marche con il progetto Marche della Poesia, vincendolo nel 2018. Nello stesso anno un nuovo bando, stavolta dedicato specificamente all’editoria, ci consentì di creare il marchio editoriale Argolibri e smettere con le coedizioni.
Stare sul mercato
A quel punto, sebbene avessimo pubblicato già 19 numeri della rivista e vari libri della collana, partivamo da zero, con un nuovo marchio da piazzare sul mercato. Dovevamo convincere un distributore a distribuire i nostri libri in tutta Italia. Sin dal primo sbarco della rivista Argo in libreria, nel 2005, con Pendragon, abbiamo sempre pensato, infatti, che le nostre pubblicazioni dovessero essere ordinabili in tutte le librerie italiane, da Trento a Palermo, da Aosta a Santa Maria di Leuca, da Trieste a Cagliari. Grazie alle coedizioni con Pendragon, Cattedrale, Gwynplaine e Istos, ci eravamo riusciti, ma ora dovevamo fare da soli.
Inizialmente, a dirla tutta, non pensavamo di creare un marchio indipendente da Gwynplaine. Chiedemmo, anzi, all’editore Orlando Micucci di creare con noi il marchio Argolibri, come sigla da affiancare a Gwynplaine, sul modello di quanto fece Pier Vittorio Tondelli con Transeuropa. Inizialmente Transeuropa era solo una collana della casa editrice Il lavoro editoriale, poi una sigla affiancata alla casa editrice, infine una casa editrice indipendente. Anche noi avremmo preferito un passaggio intermedio, affiancando la sigla Argolibri a Gwynplaine, prima di lanciarci da soli nel mercato. Micucci, però, aveva già un’altra sigla, Dakota Press, e ci lasciò liberi di prendere accordi con il suo ex-distributore, Massimo Roccaforte di Goodfellas, per tentare la strada dell’indipendenza.
La trattativa con Goodfellas è stata lunga e abbiamo dovuto elaborare un piano editoriale convincente, senza capitali, a parte il piccolo contributo messo a disposizione dalla Regione Marche, grazie alla vittoria del bando sull’editoria del 2018. Anche questa vittoria scaturì da un lavoro collettivo, coordinato da Fabio Orecchini, dal traduttore Andrea Franzoni e da me, con l’aiuto della nostra tirocinante, studentessa di Lingue all’Università di Urbino, Marina De Simone. Il progetto editoriale, ideato nel 2018, si è concluso nel 2020 con la pubblicazione di Tacete, o maschi. Le poetesse marchigiane del ’300 accompagnate dai versi di Mariangela Gualtieri, Antonella Anedda, Franca Mancinelli, con le figure di Simone Pellegrini. L’opera, recensita sui maggiori quotidiani italiani, ha superato le 1300 copie, oltrepassando la media delle pubblicazioni poetiche, anche degli editori maggiori, e ha ispirato i Teatri di Roma per l’evento organizzato in occasione della Festa della donna, lo scorso 8 marzo.
Nel frattempo, dal novembre 2019 a oggi abbiamo pubblicato 11 libri con un fatturato complessivo di 48 mila euro, piccolo, ma in attivo, di cui 32 mila inerenti alla vendita dei libri e 16 mila ai contributi per il nostro lavoratore part-time, retribuito al 50% grazie al progetto con cui abbiamo vinto il secondo bando Imprese creative e per il restante 50% dalle attività connesse al progetto. I grafici e alcuni redattori, come quelli che si occupano della pubblicazione dell’opera omnia di Corrado Costa, ricevono compensi grazie alle vendite dei libri e a finanziamenti privati, ma gran parte del lavoro redazionale si regge sul volontariato. Del tutto volontario è il lavoro per la rivista Argo, sebbene, grazie al laboratorio di Letteratronica, abbiamo iniziato a sperimentare una prima forma di sostenibilità economica, retribuendo, grazie alle iscrizioni al laboratorio, sia il lavoro di segreteria della redattrice responsabile del corso, Giulia Coralli, sia il docente, Fabrizio Venerandi, che ha tenuto il corso e che è diventato uno dei nostri autori.
Per la prima iniziativa che organizzammo con Nie Wiem, il festival del cinema Corto Dorico ricevemmo un contributo di 500 euro. Oggi, dopo 18 anni di attività in un luogo periferico come Ancona ma in contatto con l’Italia e con il mondo, Corto Dorico ha un budget di 40 mila euro e il bilancio annuale complessivo di Nie Wiem ammonta a 150 mila euro.
La gestione democratica delle comunità, che cerchiamo di praticare in Nie Wiem, e la bibliodiversità, che perseguiamo con Argolibri, non si accordano con la velocità imposta dal capitalismo. Tuttavia non siamo idealisti, siamo coscienti dei bisogni materiali di chi lavora in ambito culturale, per questo continuiamo a studiare modi nuovi per rendere sostenibile la nostra avventura, dimostrando nel nostro microcosmo, che il mercato può essere messo al servizio del vivente e di un altro mondo possibile. Per sapere chi fa parte del collettivo di Argo basta cliccare qui.
Un libro non è solo un libro
Le pubblicazioni di Argo si connettono con le attività di Nie Wiem e quelle di altri collettivi. Il primo libro che abbiamo pubblicato, a novembre del 2019, insieme a La moltiplicazione delle dita di Corrado Costa, s’intitolava Reparto da qui, poesie scritte da Sarah Di Piero, una socia della nostra organizzazione che ha attraversato l’inferno del ricovero psichiatrico, uscendone con un canto lieve e caotico come il battito d’ali di una farfalla. Da quel libro è nato un progetto di sostegno ai pazienti psichiatrici, organizzato insieme al Centro di Salute Mentale di Ancona, inserito in una serie di laboratori di scrittura e altre attività che negli anni Nie Wiem ha promosso nei centri diurni, nelle residenze per anziani e continua a promuovere nelle carceri.
Poesía contra el bloqueo è un eBook di poesia combattente, curato da Geraldina Colotti, Gabriele Frasca e Lucidi, che hanno chiamato a raccolta tante voci diverse, italiane, cubane e venezuelane, per una presa di posizione forte e radicale contro il blocco economico, mantenuto persino in piena emergenza Covid, imposto a nazioni come il Venezuela e Cuba semplicemente perché non corrispondono ai parametri del capitalismo senza scampo nel quale siamo immersi, e del quale rischiamo oramai di morire. L’incontro con la poesia cubana e quella venezuelana fa al contrario di questo eBook un esempio di quello che dovrebbe essere il dialogo fra i popoli.
Tacete, o maschi è entrato nelle lotte, nel flusso del discorso femminista e le scuole ne discutono, le radio autonome all’università lo usano per i loro podcast, se ne appropriano i collettivi.
Infine, La radice dell’inchiostro. Dialoghi sulla poesia, curato da Giorgiomaria Cornelio, è nato online nella riserva di Nazione Indiana e ha trovato nella collana Territori diretta per Argolibri da Rossella Renzi uno spazio per riprodursi in forma cartacea e in AgoWebTv il medium per trasmutarsi in voci.
Il libro agisce sull’immaginario che agisce sul reale.

Valerio Cuccaroni
Dottore di ricerca in Italianistica all’Università di Bologna e Paris IV Sorbonne, Valerio Cuccaroni è docente di lettere e giornalista. Collabora con «Le Monde Diplomatique - il manifesto», «Poesia», «Il Resto del Carlino» e «Prisma. Economia società lavoro». È tra i fondatori di «Argo». Ha curato i volumi “La parola che cura. Laboratori di scrittura in contesti di disagio” (ed. Mediateca delle Marche, 2007), “L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila” (con M. Cohen, G. Nava, R. Renzi, C. Sinicco, ed. Gwynplaine, coll. Argo, 2014) e Guido Guglielmi, “Critica del nonostante” (ed. Pendragon, 2016). Ha pubblicato il libro “L’arcatana. Viaggio nelle Marche creative under 35” e tradotto “Che cos’è il Terzo Stato?” di Emmanuel Joseph Sieyès, entrambi per le edizioni Gwynplaine. Dopo anni di esperimenti e collaborazioni a volumi collettivi, ha pubblicato il suo primo libro di poesie, “Lucida tela” (ed. Transeuropa, 2022). È direttore artistico del poesia festival “La Punta della Lingua”, organizzato da Nie Wiem aps, casa editrice di Argo e impresa creativa senza scopo di lucro, di cui è tra i fondatori, insieme a Natalia Paci e Flavio Raccichini.
(Foto di Dino Ignani)