Ripeschiamo dalla ghiacciaia un’intervista, ancora inedita, realizzata l’8 marzo 2007 da un nostro redattore dell’epoca, Lorenzo Franceschini, a Silvano Agosti, grande regista e scrittore che, con una cerimonia di commiato, domenica scorsa ha chiuso il suo Cinema Azzurro Scipioni, lanciando una raccolta fondi per realizzare un film documentario sulla storica struttura, dal futuro incerto. Argo sostiene l’iniziativa e invita sin da ora a presentare il film, quando sarà pronto, a Corto Dorico, il film festival della nostra organizzazione
Silvano Agosti (Brescia, 1938) è regista e scrittore, autoprodotto (Edizioni l’Immagine, Roma). Tra i suoi numerosi film e documentari: Il giardino delle delizie (1971), Matti da slegare (con Marco Bellocchio, Stefano Rulli e Sandro Petraglia, 1976), D’amore si vive (1987), La strage di Brescia (1975). Tra i libri: Il semplice oblio (Cardoni 2003), Lettere dalla Kirghisia (2004), Il ballo degli invisibili (2007) 1. Le sue opere manifestano una visione del mondo e dell’uomo che spesso si allontana dal senso comune, causando nel loro fruitore a volte rifiuto, altre volte quell’entusiasmo che si prova di fronte a una verità altra, sentita come più autentica, e liberatoria.
A Bologna, dopo una sua lettura in libreria, lo accompagniamo in stazione.
(Sul taxi.)
Le tue riflessioni sull’esistenza mi hanno sempre affascinato, che ne dici se parliamo del rapporto tra natura e cultura?
Tutti devono incontrare la natura, prima o poi. La poesia di Leopardi che dice: «O natura, o natura, perché di tanto inganni i figli tuoi?», si può capovolgere: «O figli della natura, perché di tanto ingannate la vostra natura, trasformandovi in qualcosa che non c’entra niente con la natura?». Questo l’ho espresso, per esempio, in due versi, che dicono: «A voi che dall’albero della vita / cogliete le foglie e trascurate i frutti». Nel senso che la natura è tutto, anche l’asfalto è natura, anche il computer è natura, soltanto che vengono adoperati male. Anche l’automobile appartiene alla natura, fino a prova contraria.
Cioè, natura come ciò che ci circonda?
Natura come ciò che nasce da eventi naturali. L’uomo è un evento naturale, costruisce la macchina, quindi la macchina è frutto della natura. È un errore quello di distinguere fra la natura e la non natura. È stato snaturato l’uso delle cose. Io non ho niente contro l’automobile, ma mi fa pena l’uso che se ne fa. A Roma le persone stanno ferme per ore, immobili nella macchina col motore acceso e non arrivano da nessuna parte. Anche il lavoro… È assurdo che uno lavori più di tre ore al giorno. Non ha nessun senso, però si fa. E questo è tradire la natura.
(Il taxi si è fermato e scendiamo dalla vettura. Siamo in stazione.)
Non bisogna fare l’errore di distinguere fra ciò che riguarda l’uomo e ciò che non lo riguarda. Tutto lo riguarda. Perché lui è all’interno di questo fenomeno che è tutto ciò che c’è.
Edgar Morin parlava di competenza, la responsabilità dell’uomo, la quale deve essere globale. Ogni essere umano dovrebbe essere competente in vari ambiti, per rendersi conto della complessità del mondo che si trova ad abitare.
Ma l’uomo la competenza ce l’ha di nascita, guarda, mi devi credere.
Ce l’ha di nascita? Quindi, magari… Ma no, scusa, non è vero!
Ce l’ha di nascita. Tu che sei un essere umano, se ti sviluppi nella tua interezza, sai fare qualsiasi cosa, naturalmente con un percorso più o meno lungo; anche se sei solo su un’isola deserta.
Beh, però parliamo di competenza anche riguardo a ciò che è stato pensato, ciò che è stato scritto o detto… Su un’isola non è che ti puoi rendere conto di tutto questo.
Ma tutto ciò che è stato pensato tu ce l’hai dentro. La tua memoria genetica è un libro che contiene tutto quello che è passato attraverso la mente delle persone. È una cosa fantastica. Solo che tu non lo sai, e io non ci posso far niente. Io sono sicuro che ogni essere umano contiene non solo tutta la memoria genetica, ma anche tutti i virus che ci sono stati, dal primo fino ad oggi. Solo che in stato latente.
Quindi l’educazione non serve?
Intanto non è un’educazione ma è un addestramento. Ti costringono a star seduto e a non correre. Tu vuoi solo correre e ti fanno star seduto. Ti addestrano come i cagnolini.
Però, se tu vuoi insegnare qualcosa a un ragazzino, come fai? Per esempio, ci sono cose molto belle nella letteratura, ma devi dare all’alunno i mezzi per capirle, tramite la scuola.
Ma non ci deve essere la scuola! La scuola è un’emulazione del manicomio. In Lettere dalla Kirghisia spiego che i bambini del paese della Kirghisia sanno tutto, anche se giocano fino ai 18 anni. Ma giocano soltanto, però! E sanno sette lingue, sanno cos’è il fegato, sanno cos’è la milza. Qui da noi, invece, i bambini smettono di giocare a cinque anni e a 18 anni non sanno niente. Io non ho mai incontrato uno studente di liceo che sapesse davvero qualcosa. Ti può ripetere mnemonicamente qualcosa, ma… Ma tu cosa vuoi fare in realtà?
Io voglio insegnare…
No, no, non va bene! Tu puoi dare una serie di informazioni su come la persona raggiunge se stessa. Quando una persona raggiunge se stessa, fa prestissimo a imparare. L’essere umano è capace di dipingere, scolpire, scrivere, ma non glielo puoi insegnare, se no quello che farà sarà solo un’imitazione di quello che gli hai insegnato. Al bambino devi dire: «Inventa il cinema, inventa la letteratura, inventa l’arte». Tu puoi essere lì come uno che, se lui mette le dita in una presa, gli dice: «Attento, puoi morire!». E basta! Gli devi dare solo delle indicazioni. Lui deve solo giocare.
Però, se prendi un ragazzetto delle suole superiori, lui ha la testa piena di cazzate, dei programmi deficienti della TV…
…ma perché ci devono essere le scuole superiori? Vedrai che in Kirghisia ci sono delle case intorno ai parchi, con scritto Casa della Geografia, Casa della Storia, Casa dell’Arte, Casa del Corpo umano… E quando piove i bambini smettono di giocare nei parchi, vanno in quelle case e dentro ci sono i computer, e internet risponde nel migliore dei modi a tutte le loro domande. C’è solo internet nella Kirghisia, con internet tu puoi sapere tutto di tutto.
In effetti in questo modo il bambino va a documentarsi su ciò che realmente gli interessa. Mentre, delle cose che deve studiare per forza, a lui importa ben poco.
Non gliene frega niente, fa finta di ascoltare, ma è stufo, vuole andare a giocare; vuole sapere perché la sua mamma piange, vuole sapere perché il pisellino gli si rizza. Che vuoi che gliene importi di sapere chi erano Cavour e Garibaldi? E poi che cosa importa sapere chi erano Cavour e Garibaldi? Perché uno di sette-otto anni deve sapere chi sono Cavour e Garibaldi? Un bambino ha tutt’altro nella mente! E tu devi rispettare quello che ha lui nella mente. Certo, tu dici: «Io vado a insegnare così sto con i bambini». Inventa una cosa nuova. Inventa che tu e altri tenete i bambini nel parco e li fate giocare.
Mi piacerebbe farli svegliare, fare delle lezioni in cui parlo della Divina Commedia facendogliela ascoltare dalla voce di Carmelo Bene, per esempio.
Ma non gliene frega niente! Io voglio soltanto sapere perché tu a tutti i costi vuoi parlargli della Divina Commedia mentre lui ha soltanto voglia di giocare. E probabilmente a trent’anni avrà una voglia matta di leggere la Divina Commedia, la prenderà, la leggerà e sarà felice.
Sì, anch’io ho fatto così…
E allora?! Perché non deve fare così lui?! Devi lasciarlo in pace! Le persone vanno lasciate in pace. Adesso devo proprio andare.
(Arriviamo insieme al binario. Agosti sale sul treno, io resto giù. Prima che l’ingresso del vagone si chiuda: «Buon viaggio», mi dice. E il treno si allontana.)
(A cura di Lorenzo Franceschini)
1 Altre opere di Agosti sono reperibili sul suo sito.