Il paradosso della poesia in scatola ⥀ La Punta della Lingua 2020
Anche quest’anno Argo è media partner della Punta della Lingua, il festival della poesia totale diretto da Luigi Socci e Valerio Cuccaroni
Inauguriamo con questo primo scritto una serie di interventi sul festival della poesia totale La Punta della Lingua (qui il programma), che quest’anno si svolgerà come al solito ad Ancona, con l’aggiunta di due date speciali a San Severino Marche, che è la città dove sono nato, dove sono cresciuto e da dove, in fondo, non riesco a fuggire. Dal 2016 la terra trema costantemente, tant’è che non ci si fa nemmeno più caso. Molti luoghi della mia memoria sono scomparsi, come la scuola superiore, altri sono ancora lì, macerie sul cemento che nessuno ha mai smaltito.
Nello scritto che segue, Valerio Cuccaroni presenta uno dei tanti eventi poetici che si terrà ad Ancona, ovvero la poesia in VR, creata in occasione di MaTerre2019, di cui Lello Voce aveva parlato su argonline proprio il giorno dell’inaugurazione del nostro nuovo sito. In questi anni con Valerio Cuccaroni abbiamo spesso parlato di voler trasformare argonline in una vera rivista elettronica, e infatti, fra le altre cose, tra poco apriremo ufficialmente le iscrizioni al corso di letteratronica, che verrà tenuto online dal poeta nerd Fabrizio Venerandi e che già nella scorsa edizione della Punta della Lingua presentò le sue poesie elettroniche. Tutto torna.
E il libro? Il libro, come dice Valerio, è una tecnologia, che alla poesia e alla letteratura da tempo non basta più.
(Andrea Capodimonte)
Il paradosso della poesia in scatola
La poesia è una forma di espressione umana primigenea, come la musica e la pittura, tanto tecnologica quanto la pietra focaia, l’arco e la freccia. È la tecnologia che permise alla grande scimmia sapiens di uscire dalla selva oscura e fare di ogni luogo della terra il suo paradiso terrestre: la tecnologia è il Virgilio di Dante.
Spesso la poesia, in effetti, venne paragonata, in base alla simile tecnologia mimetica, alla pittura («ut pictura poësis» affermò Orazio) e nella modernità, in base alla simile tecnologia analogica, alla musica («de la musique avant tout chose» ordinò Verlaine).
Nel corso del Novecento poesia, musica e pittura si sono fuse in quella forma di arte totale che è il cinema: lo testimoniano i film-poemi, da L’étoile de mer di Man Ray
a Prometheus di Tony Harrison
fino alle ibridazioni con la computer grafica nella digital poetry di Caterina Davinio II
e agli animated poems di Billy Collins (visibili qui).
Nel 2019 Antonello Faretta, che realizzò le videopoesie cult di John Giorno “Nine poems in Basilicata” (visibili sempre qui), insieme a Lello Voce e Paolo Heritier, ha diretto il progetto di videopoesia VR MaTerre:
Così come per leggere le poesie occorre quella tecnologia che a noi sembra ormai naturale, il libro, che invece è puro artificio, per vedere le videopoesie in VR a 360° occorre avere un visore Oculus o una VR box in cui inserire il proprio cellulare. Pertanto, oltre ai libri degli autori ospiti al festival, nel banchetto che allestiremo per La Punta della Lingua (29-30 luglio, 5-9 agosto 2020, Ancona e San Severino Marche) dovremo mettere a disposizione anche queste scatole, dette VR box.
Così come la poesia “da libro”, anche la videopoesia “da VR box” è “poesia in scatola”. Dentro la scatola la poesia è sia viva che morta, proprio come il gatto nel paradosso di Schrödinger.
Valerio Cuccaroni
Dottore di ricerca in Italianistica all’Università di Bologna e Paris IV Sorbonne, Valerio Cuccaroni è docente di lettere e giornalista. Collabora con «Le Monde Diplomatique - il manifesto», «Poesia», «Il Resto del Carlino» e «Prisma. Economia società lavoro». È tra i fondatori di «Argo». Ha curato i volumi “La parola che cura. Laboratori di scrittura in contesti di disagio” (ed. Mediateca delle Marche, 2007), “L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila” (con M. Cohen, G. Nava, R. Renzi, C. Sinicco, ed. Gwynplaine, coll. Argo, 2014) e Guido Guglielmi, “Critica del nonostante” (ed. Pendragon, 2016). Ha pubblicato il libro “L’arcatana. Viaggio nelle Marche creative under 35” e tradotto “Che cos’è il Terzo Stato?” di Emmanuel Joseph Sieyès, entrambi per le edizioni Gwynplaine. Dopo anni di esperimenti e collaborazioni a volumi collettivi, ha pubblicato il suo primo libro di poesie, “Lucida tela” (ed. Transeuropa, 2022). È direttore artistico del poesia festival “La Punta della Lingua”, organizzato da Nie Wiem aps, casa editrice di Argo e impresa creativa senza scopo di lucro, di cui è tra i fondatori, insieme a Natalia Paci e Flavio Raccichini.
(Foto di Dino Ignani)
[…] occasione della 15° edizione de La Punta della Lingua, festival internazionale di poesia totale, Argo presenta dodici brevi interventi dedicati ad alcuni dei suoi ospiti più illustri e agli […]
[…] occasione della 15° edizione de La Punta della Lingua, festival internazionale di poesia totale, Argo presenta dodici brevi interventi dedicati ad alcuni dei suoi ospiti più illustri e agli […]
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[…] occasione della 15° edizione de La Punta della Lingua, festival internazionale di poesia totale, Argo presenta dodici brevi interventi dedicati ad alcuni dei suoi ospiti più illustri e agli […]
[…] In un articolo pubblicato su Argo ho preso le mosse su una vecchia polemica, su cos’è e cosa non è poesia. Benedetto Croce negava che la poesia potesse essere altro dalla lirica e sembra che questa identificazione tra poesia e lirica sia presente ancora oggi. Basti pensare che uno dei più autorevoli critici italiani, Guido Mazzoni, nel suo saggio del 2005 sulla poesia moderna, ancora identificava poesia e lirica. Ma le osservazioni che ho potuto fare alla Punta della Lingua, oppure con Argo dal 2000, mi hanno convinto che non è così: semmai è la lirica che gira attorno al Sole della poesia, se vogliamo usare termini copernicani. Non dimentichiamo che se il canone della poesia italiana è ancora formato da poeti lirici (da Petrarca a Foscolo, da Leopardi a Ungaretti, Montale, Caproni, Saba, Sereni), il ‘900 si apre con il Manifesto del Futurismo. Mi è sembrato di individuare come antecedente diretto della videopoesia la poesia tecnologica teorizzata dagli avanguardisti italiani negli anni ’60 e ’70, dai meno noti, come Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini e il gruppo 70, come documentato magistralmente da Vetri in quel grande saggio che è Letteratura e caos. Pignotti nel ’65 diceva che «l’albero della poesia tecnologica si situa più nel contesto delle attuali comunicazioni di massa, degli odierni linguaggi tecnologici, che in quello della tradizione specificamente poetica». Da questo punto di vista Maria Teresa ha fatto bene a ricordare come Delcan sia un regista di spot pubblicitari. Ammesso che si possa essere d’accordo con questa genealogia, bisogna interrogarsi su cosa sia lo specifico del linguaggio video-poetico. […]