«Il popolo si prese un alloggio/ Poi il governo arrivò» — Gli scarafaggi di Prigov
Dopo la rivoluzione, in seguito allo spostamento di grandi masse di persone dalle campagne alla città, tutte le abitazioni furono statalizzate e lo spazio abitativo razionato. Le case e gli appartamenti venivano confiscati e ad ogni famiglia restava una sola stanza, in modo che a ciascuna persona fossero “garantiti” un certo numero di metri quadri. Nelle cosiddette kommunalki[1], spesso affollatissime, non era raro vivere in coabitazione con degli sconosciuti. Le stanze più grandi di venticinque metri quadri venivano divise in più spazi usando pannelli attraverso i quali passavano molto bene sia i rumori che le parole, e la coabitazione forzata era spesso accompagnata da una mancanza di rispetto per lo spazio altrui. La privacy violata e il rischio continuo di delazioni, in particolare nel periodo del terrore staliniano, originavano quindi delle condizioni di vita segnate da una totale diffidenza.
Ovviamente, la condivisione di ingresso, corridoio, cucina e servizi necessitava di regole e stratagemmi che evitassero conflitti. Per esempio, vicino al campanello, molto spesso uno per tutti, veniva posto un cartello che indicava il numero e la lunghezza dei suoni da emettere in base a chi si stava cercando, anche negli spazi comuni ognuno aveva le sue cose che non potevano essere usate dagli altri e la stanza da bagno poteva essere occupata solo per il tempo necessario e appendendo alla porta il cartello “OCCUPATO”; se questa regola non veniva rispettata i vicini potevano picchiare alla porta per sollecitare l’inquilino che si dilungava. Ma lo spazio comune per eccellenza era senza dubbio la cucina, piena di mobili “fortuiti” e quasi sempre priva di frigorifero, per cui il cibo veniva conservato in buste a rete per la spesa appese alla finestra, ma anche sede di letture e incontri “clandestini”.
La convivenza forzata, tuttavia, non avveniva solo con altre persone, ma uno dei coinquilini più frequenti in questi appartamenti era senz’altro il tarakan: lo scarafaggio; a metà tra presenza inquietante, appena spente le luci, e “animale domestico”, presente già da tempo immemorabile nelle case e nelle vite dei russi, tanto da diventare personaggio letterario in poesie, racconti popolari, miti, detti, cartoni animati, canzoni, e non solo[2]. Qualsiasi tentativo di “sterminarli” risulta fallimentare: bisogna conviverci.
Prigov nello scrivere i suoi versi attinge sempre dalla quotidianità, toccando e intrecciando le tematiche più svariate: dall’economia domestica alle leggi della letteratura e dell’arte, dai rapporti con il potere a quelli con gli animali[3], servendosi dell’ironia come unico possibile «mezzo per resistere alla condizione totalitaria[4]», che gli permette di trasportare l’ideologia fuori dal suo contesto abituale per liberarsene. Perciò, anche il tarakan non tarda a diventare personaggio prigoviano.
Nel ciclo sugli scarafaggi, Prigov riprende la battaglia secolare con quelle che definisce “ctonie truppe” senza l’intenzione di narrare alcunché, ma solamente di sottolineare il legame indissolubile e l’inevitabile e la «quotidiana presenza di queste truppe nella […] vita» dell’uomo sovietico, segnata dallo «spirito della lotta, della resistenza, dell’eroismo, dell’orrore, della convivenza e dell’amore». Nei testi, oltre al tarakan, compaiono i più svariati personaggi, tra cui: il governo, Dio, ma anche il Milicaner[5]: figura centrale nell’opera di Prigov ed esemplificativa della sua prospettiva globale, visto come il «normale asse di comunicazione tra l’uomo e il sublime[6]». Prigov aspira a creare il «poeta ideale [che] avvolge tutto il mondo delle sue parole[7]», e nel farlo, assimila il potere poetico sulla parola al potere statale. Il poeta, che è allo stesso tempo autore, Io lirico ed eroe, indossa la maschera del poliziotto, che percepisce come suo doppio in quanto entrambi sono accomunati dalla volontà di potenza: l’uno poetica, l’altro politica. Il Milicaner, pur essendo strettamente legato all’ideologia e alla mitologia sovietiche, si trova al centro del mondo e della guerra fredda, nella stessa posizione in cui Prigov si poneva come poeta.
Il testo “Mi presi un alloggio” mette in luce la reale faccia del governo sovietico che in realtà conoscevano tutti, fatta di delazioni, omicidi, damnatio memoriae, ma anche veri e propri stermini, nascosta dietro la magnificenza e l’imponenza di un regime che voleva creare un futuro in cui tutto il popolo sovietico sarebbe stato felice. Nel gioco che ci propone Prigov la negazione si riversa nell’affermazione, sfociando inevitabilmente nella contraddizione: dapprima sembra negare l’analogia nel rapporto tra il governo e il popolo e tra gli scarafaggi e il poeta che si arroga il «diritto di sterminarli», ma poi tale vicinanza viene affermata nell’ultimo distico: «Il popolo si prese un alloggio/ Poi il governo arrivò». Uno dei tanti slogan con cui il regime affermava la propria ideologia recitava: Miru-mir[8] [Pace al mondo], ma in realtà la guerra era interna, tra governo e “nemici del popolo”.
Altro personaggio è il Padre comune a tutti gli esseri viventi, che si presenta come il Dio veterotestamentario “che tutto muove e tutto vede” e fornisce regole morali da seguire; quel Dio che era stato liquidato, desacralizzato, e la cui Parola era stata sostituita da una “parola” diversa. L’imposizione dell’ateismo di Stato, portò inevitabilmente all’assassino e alla deportazione dei rappresentanti della Chiesa e alla chiusura degli edifici di culto. Il caso più eclatante e rappresentativo di tale processo fu l’abbattimento della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, per far posto all’enorme edificio del Palazzo dei Soviet, che però non fu mai realizzato perché troppo imponente e pesante per il terreno paludoso che avrebbe dovuto reggerlo e che per questo viene spesso considerato il “non-luogo staliniano[9]” per eccellenza. Non si andò più avanti delle fondamenta, che in seguito furono convertite in un’enorme piscina riscaldata, attiva fino al 1995, quando cominciò la ricostruzione della cattedrale. Nel testo “Fratello scarafaggio e sorella mosca”, Dio torna a fare da contraltare alla quotidianità sovietica e ancora una volta si ha un’analogia: nelle mani di Dio siamo noi gli scarafaggi.
Il testo “Nuovamente non nella distanza ideoliogica” vede come protagonisti della battaglia «il razionale contadino sovietico» e «la dorifora» americana: un coleottero difficile da debellare che si diffuse prima in Europa e in seguito in Unione Sovietica dopo la seconda guerra mondiale e che devastava le coltivazioni di patate. Nel 1950 il governo americano fu accusato, dal governo di Berlino-Est prima e da quello sovietico poi, di aver dato origine a una vera e propria guerra biologica per sabotare l’economia dei Paesi del blocco orientale, attraverso lanci di dorifore dagli aerei. Va da sé che la propaganda anti-americana non tardò a sfruttare a suo favore il “mito delle dorifore paracadutate”: si cominciarono a diffondere opuscoli e poster che invitavano a combattere il minaccioso insetto, tanto che anche i bambini venivano mandati nei campi dopo la scuola e coinvolti in una sorta di gara a chi ne raccoglieva di più, e a sostenere che «le dorifore [erano] più piccole delle bombe atomiche, ma [erano] ugualmente un’arma dell’imperialismo americano scagliata contro la popolazione pacifica[10]». Il problema della dorifora, che di fatto era arrivata dal “Nuovo Mondo”, ma insieme alle patate, derivava dalla scarsità di pesticidi, e non si trattava quindi della conferma dell’idea che il nemico non si facesse scrupoli a inoculare malattie e diffondere parassiti, ma più probabilmente di una leggenda metropolitana.
Nel testo di Prigov la battaglia avviene agli occhi dei kulaki[11]: i contadini arricchiti. La nascita di questa classe fu una delle conseguenze dell’abolizione della servitù della gleba. Negli anni della NEP la figura del kulak era ancora tollerata in quanto, come sosteneva Lenin, oltre ad essere proprietario era anche un lavoratore[12], ma a partire dalla fine degli anni ’20, con l’avvio del primo piano quinquennale e la conseguente modernizzazione e collettivizzazione dell’agricoltura che portò alla nascita dei kolchozy[13], iniziò la loro liquidazione. Quello dei kulaki fu un vero e proprio sterminio, che come al solito avvenne prima attraverso le immagini, poi fisicamente. Un manifesto del 1928 mostra una schiera di “nuovi contadini” impegnati nella semina, ma che allo stesso tempo si dirigono verso un kulak implorante pietà, che presto verrà schiacciato come uno scarafaggio. I lavoratori, enormi rispetto al nemico che stanno contrastando, sono seguiti da trattori, che rappresentano l’evoluzione tecnologica e sostituiscono la falce dei manifesti precedenti.
I kulaki, nel testo, «scrutano» la battaglia, ma non vi contribuiscono e non prendono posizione, e in questo senso si contrappongono al contadino lavoratore, all’eroe positivo che combatte la dorifora, in una società, in cui peccare di inettitudine non era ammesso.
Nell’ultimo testo, “Come un ladruncolo selvaggio”, Prigov indossa di nuovo la maschera del Milicaner: colui che ha il compito di ristabilire – o ricreare – l’ordine e che, instancabile, non esita a rincorrere il nemico, l’abominevole scarafaggio, per tutta la notte in una battaglia ambientata proprio nel luogo da cui eravamo partiti: la cucina.
Тараканомахия 1981 Предуведомление Каждое время являет свои образы добра, зла, чуда, ужаса. Точно так же тема этой книги есть новый поворот темы вековечного присутствия среди нас хтонических сил. В нашем городском экранированном быте они объявились в виде стремительных и хрупких тараканов. |
Scarafaggiomachìa[14] 1981 Preavviso Ogni epoca presenta i suoi personaggi buoni, cattivi, prodigi, dell’orrore. Infatti, il tema di questo libro è la nuova svolta di un tema di sempiterna presenza tra le nostre ctonie truppe. Nella nostra urbana, blindata vita quotidiana apparvero alla vista, irruenti e fragili scarafaggi. |
*** И я уничтожать их вправе Там узел толще и почище |
*** Ho il diritto di sterminarli Lì il legame è più un retaggio |
*** Ага, понимаю, что я мол подлец На небе бинокль к глазам свой подносит Так нет, не надейтесь, когда б заносил То жизнь на земле уж давно б прогорела |
*** Sì, capisco, che per voi sono un vigliacco In cielo agli occhi il binocolo porta Quindi no, non sperate, se avesse scritto La vita sulla Terra sarebbe assai angusta |
*** Лицом к лицу – его лицо кривое Кто победит? Которому на свете |
*** Faccia a faccia, la sua faccia curva Chi vincerà? A chi sarà dato |
*** Среди кухни например Как примерно, постовой Он отстреливаясь – прочь |
*** In cucina dopo le otto Esemplare come un agente Lui risponde, vuol fare a botte |
Indice delle illustrazioni
Illustrazione 1: Dmitrij Aleksandrovič Prigov durante una performance alla libreria Ciolkovskij di Mosca.
Illustrazione 2: Campanello di una kommunalka.
Illustrazione 3: Progetto del palazzo dei soviet. Questa costruzione, pur non essendo mai stata realizzata, veniva comunque utilizzata nei manifesti di propaganda come dimostrazione di grandezza e magnificenza.
Illustrazione 4: «Costruiremo il palazzo dei soviet – la più grande costruzione del mondo». Comparazione dei monumenti architettonici e delle più grandi costruzioni del mondo con il progetto del palazzo di soviet. Dalla rivista Smená [Cambiamento] dell’inizio degli anni ’30.
Illustrazione 5: Piscina Moskva: la più grande piscina riscaldata dell’Unione sovietica. Costruita nel 1958 dalle fondamenta del palazzo dei soviet.
Illustrazione 6: Manifesto della Germania dell’Est che recita: Scarafaggi Americani. Possono distruggere il nostro raccolto. In questo modo minacciano anche i tuoi mezzi di sostentamento! Stermina le dorifore della patata, è la lotta contro i piani di guerra degli imperialisti. La tua lotta contro il flagello della peste che portano gli Stati Uniti è la lotta per la pace.
Illustrazione 7: Manifesto del 1928 che recita: Contro lo strepito dei kulaki, andiamo alla semina con un fronte collettivo e compatto! Bednjak i serednjak[15], moltiplica la semina, introduci la cultura tecnica, rafforza la tua economica.
Riferimenti bibliografici
- Angelo Bonaguro, STORIA/ La dorifora, il coleottero che ha sfidato il comunismo in Il sussidiario, 14 settembre 2012, https://www.ilsussidiario.net/news/cultura/2012/9/14/storia-la-doriflora-il-coleottero-che-ha-sfidato-il-comunismo/320727/ (ultimo accesso: 09/02/2019)
- Lotta alla dorifora americana nella propaganda dei Paesi dell’Europa Occidentale e dell’Unione Sovietica, in Storia della propaganda, 25 dicembre 2016. http://propagandahistory.ru/2347/Borba-s-koloradskim-zhukom-v-propagande-stran-Vostochnoy-Evropy-i-SSSR/ (ultimo accesso: 09/02/2019).
- Jacob Edmond, Il progetto globale di D. A. Prigov nel contesto del concettualismo globale, in Prigov e il concettualismo, Raccolta di saggi e materiali, Novoe literaturnoe obozrenie, Mosca, 2014, p. 263-270.
- Dennis Ioffe, Riso nel Concettualismo Moscovita: Collocando l’ironia di Prigov all’interno del contesto concettualista, in Russian Literature, volume 76, numero 3, 1° ottobre 2014, pp. 339-359.
- Maksim Mirovič, Verità sulle kommunalki sovietiche. in livejournal, 14 aprile 2016 https://maxim-nm.livejournal.com/220812.html (ultimo accesso: 07/02/2019)
- Alessandro Niero, A.P.: Modalità d’uso, in Dmitrij Aleksandrovič Prigov, Trentatré testi, a cura di Alessandro Niero, Terra Ferma, Crocetta dal Montello (TV), 2010, pp. 83-111
- Gian Piero Piretto, Dal “Carnevale” bolscevico al “teatro staliniano”: spettacolarizzazione della vita, in Europa Orientalis XIX, 2000: 2, pp.325-339 http://www.europaorientalis.it/uploads/files/2000%20n.2/2000%20%20n.%202.20.pdf (Ultimo accesso 06/05/2019)
- Gian Piero Piretto, Quando c’era l’URSS. 70 anni di storia culturale sovietica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2018.
- Dmitrij Aleksandrovič Prigov, Eccovi Mosca, traduzione di Roberto Lanzi, edizioni Voland, Roma, 2005.
- Dmitrij Aleksandrovič Prigov, Testi sovietici, Edizioni Ivan Limbach, San Pietroburgo, 1997 (ristampa 2016).
Note al testo
[1] Abitazioni tipiche della Russia sovietica in cui più nuclei familiari coabitavano condividendo cucina e servizi.
[2] Si ricordino ad esempio Le anime morte di Gogol’, la filastrocca di Čukovskij Tarakanišče, Le Uova fatali di Bulgakov.
[3] cfr: Alessandro Niero, D.A.P.: Modalità d’uso, in Dmitrij Aleksandrovič Prigov, Trentatré testi, a cura di Alessandro Niero, Terra Ferma, Crocetta dal Montello (TV), 2010, pp.89-90.
[4] Dennis Ioffe, Riso nel Concettualismo Moscovita: Collocando l’ironia di Prigov all’interno del contesto concettualista, in Russian Literature, volume 76, numero 3, 1° ottobre 2014, p.340.
[5] Variante popolare di milicioner [poliziotto], può essere tradotto con “pulotto”, “sbirro”.
[6] Dmitrij Aleksandrovič Prigov, Eccovi Mosca, traduzione di Roberto Lanzi, edizioni Voland, Roma, 2005, p.120.
[7] Brigitte Obermayr, La morte e il numero: Operazioni transitive e intransitive di Chlebnikov e Prigov, Almanacco viennese di slavistica, 2005, ill. 56, p.230. cfr: Jacob Edmond, Il progetto globale di D. A. Prigov nel contesto del concettualismo globale, in Prigov e il concettualismo, Raccolta di saggi e materiali, Novoe literaturnoe obozrenie, Mosca, 2014, p. 264.
[8] Slogan che gioca sull’equivalenza in russo delle parole mondo e pace.
[9] Cfr: Gian Piero Piretto, Dal “Carnevale” bolscevico al “teatro staliniano”: spettacolarizzazione della vita, in Europa Orientalis XIX, 2000: 2, pp.335-336 http://www.europaorientalis.it/uploads/files/2000%20n.2/2000%20%20n.%202.20.pdf
[10] cfr: Angelo Bonaguro, STORIA/ La dorifora, il coleottero che ha sfidato il comunismo in Il sussidiario, 14 settembre 2012, https://www.ilsussidiario.net/news/cultura/2012/9/14/storia-la-doriflora-il-coleottero-che-ha-sfidato-il-comunismo/320727/ (Al presente nel testo originale).
[11] Kulàk in russo significa pugno, ma il termine indica anche i contadini arricchiti, le cui mani erano callose e nodose.
[12] Cfr: Gian Piero Piretto, Quando c’era l’URSS. 70 anni di storia culturale sovietica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2018. p.136. Cfr: Zaslavsky V, Il nemico oggettivo: il totalitarismo e i suoi bersagli interni” tr. it. in Marcello Flores e Francesca Gori (a cura di), Gulag, il sistema dei lager in URSS, Marotta, Milano, 1999, pp. 29-37.
[13] Fattorie collettive.
[14] –machìa è secondo elemento di parole derivate dal greco in cui significa “battaglia”, “combattimento”. Si è tentato di “italianizzare” il russo Tarakanomachia in questo modo.
[15] Rispettivamente contadino povero e contadino medio: le due classi di contadini contrapposte ai kulaki
Note
1. Un ringraziamento a Rosa Bruno per le traduzioni dal tedesco.
2. Una prima versione di alcune di queste traduzioni è già stata pubblicata su Nazione Indiana.
Giorgia Romagnoli
Giorgia Romagnoli (Jesi, 1995) dal 2012 contribuisce allo spazio di ricerca eexxiitt.blogspot.it.Nel 2015 il suo ebook “Prove tecniche di trasmissione” è risultato finalista al concorso Opera prima ed è stato pubblicato su poesia 2.0. Nel marzo 2019 pubblica il libro “La formazione delle immagini” per Arcipelago Itaca Edizioni. Suoi testi sono apparsi su: lettere grosse, Nazione Indiana, Poetarum Silva, Extreme Writing Community, Argonline.it, tradotti in svedese nella rivista OEI e in inglese nella rivista Contemporary Works in Translation: A Multilingual Anthology Vol II (Oomph! Press). Ha tradotto, tra gli altri, Dmitrij Prigov e Ciaran Carson. È redattrice della rivista online la rivista Porà.