Interrogatio sulla biforcazione delle possibilità in Past Lives ⥀ Esistenza delle micro vite

Una riflessione su Past Lives, l’ultimo film della regista sudcoreana Celine Song, e sul tema della scelta

 

L’esistenza delle possibilità è uno dei presupposti fondamentali della vita umana, da qui la necessità di dover costantemente prendere decisioni in una direzione o nell’altra. Nell’ultimo film di Celine Song, Past Lives, questo nucleo della scelta è centrale lungo tutta la narrazione e interpella lo spettatore in un loop ciclico di infiniti «se invece…»

La protagonista, Nora, deve lasciare il suo migliore amico e innamorato per trasferirsi con i genitori. Dopo tanti anni i due riescono a ricongiungersi e inevitabilmente si chiedono come sarebbero andate le cose se tutto quel tempo non li avesse separati, e se non avessero ormai realizzato due vite distinte: l’uno in Corea del Sud, l’altra negli Stati Uniti.
La storia di Nora con le sue peculiarità può facilmente giustapporsi a quella di qualsiasi altra donna, o uomo. Il filo comune è l’esistenza di vite passate che è necessario rimangano confinate al passato affinché si possa progredire verso il futuro, rendendo possibile il compimento del passo necessario per la propria realizzazione personale. Il nucleo problematico sorge nel momento in cui si cerca la fusione tra una micro vita e quella immediatamente successiva, sebbene questo non sia possibile dal momento che l’una andrebbe a invalidare l’altra, e bisogna quindi fare una scelta.

Past Lives

Già lo diceva Kierkegaard nell’opera Aut-Aut: «Amico mio! Quello che ti ho detto tante volte, te lo ripeto, anzi te lo grido: o questo o quello, aut-aut!»1. Nel saggio, in risposta alla questione aristotelica su come bisognerebbe vivere, si afferma però che in ogni caso la scelta definitiva non sembra esistere, perché resta sempre uno scarto nell’infinito bacino di “mondi possibili” e che è proprio questo a procurare angoscia. Sempre in Aut-Aut, a seguito del suo matrimonio fallimentare con Regina Olsen, lo stesso filosofo scrive una nota biografica: «Sposati, te ne pentirai; non sposarti, te ne pentirai anche; o che ti sposi o che non ti sposi, ti penti d’entrambe le cose… Questa, miei signori, è la somma della scienza della vita!»

Nel saggio emerge come non esistano scelte definitivamente giuste o sbagliate, dato che dipendono tutte dalla condizione di partenza e dal soggetto in questione. L’unica scelta concretamente corretta è quella di «colui che trova la forma positiva» della libertà, rimanendo «contento nella vita che gli è stata assegnata» perché sa che «questo rimanervi è l’espressione più certa del suo amore, della sua umiltà». Ogni volta che ci troviamo davanti la possibilità di fare una scelta, «per un attimo, nell’attimo in cui si soppesano le possibilità, può sembrare che l’uomo scelga tra possibilità estranee o indifferenti. Ma in realtà la scelta sta in un rapporto intimo e profondo con chi sceglie»2.

Past Lives

Nora fa questa scelta decidendo di trasferirsi a New York per inseguire la sua carriera di scrittrice, costruendo una relazione con un uomo che lavora nel suo stesso settore nonostante i ricordi e le emozioni che la tengono legata, quasi intrappolandola, al passato. La Corea del Sud è per lei l’infanzia, è la vita percepita con gli occhi di una dodicenne innamorata e con il sogno di vincere un giorno il Nobel per la Letteratura. Questa realtà nel film riemerge e di nuovo sospende Nora tra le due possibilità.

Il «mantenersi sempre sul culmine dell’attimo della scelta», per Kierkegaard, non può essere d’altronde la soluzione definitiva, perché mentre la scelta risulta «decisiva per il contenuto della personalità», non prendere posizione vuol dire rimandare di vivere, fermarsi e così rischiare lo smarrimento. Proprio la libertà della scelta, per Kant, è ciò che ci rende liberi, e proprio per questo se l’individuo non sceglie «alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non lo ha fatto».
Anche il non scegliere, dunque, è già una scelta, e speculare sulle biforcazioni rimane perciò solo un ludico passatempo che tuttavia non cancella lo stato attuale delle cose.

La scena finale del film non sembra sciogliere il problema quanto più fa trapelare questo senso di sospensione tra una vita passata e la tensione al futuro, senza possibilità concreta di riconciliazione. Essa consegna a ciascuno una domanda aperta.

 

 


Note

1 S. Kierkegaard, Aut-Aut, Mondadori, Milano 2016.

2 R. Cantiani, Prefazione a ibid.