Iperrivista ⥀ Aldo Nove su Franco Arminio
Iperrivista è la nuova rubrica di Argo che salva i contenuti precedentemente pubblicati sui social network
Inauguriamo una nuova rubrica: Iperrivista. È il primo atto di una strategia che intendiamo perseguire per concretizzare le riflessioni elaborate durante l’incontro online Facebook ingenua e sentimentale. La rubrica proporrà riflessioni, opere e altri contenuti postati da scrittrici e scrittori su Facebook e su altre piattaforme che di fatto funzionano come delle iper-riviste, quindi dove a scrivere sono miliardi di persone connesse tra loro in tutto il mondo, ma che strutturalmente si sottraggono al ruolo delle riviste.
Facebook trasforma il dibattito, generato nei commenti ai post, in un traffico di dati fine a se stesso, ovvero utile solo alla logica algoritmica che governa la piattaforma e che ha l’unica funzione di generare profitti per chi ne è proprietario e azionista. A livello sociale e politico il correlato di questo processo è la creazione di bolle che prima o poi scoppiano, come le bolle finanziarie, di cui sono l’espressione sovrastrutturale.
In modo ingenuo, naturale, spontaneo, gli scrittori e le scrittrici di questo inizio Duemila – sembra il teatro dell‘assurdo ma è così – affidano a Facebook pagine e pagine di diario, regalando il proprio lavoro a Zuckerberg, senza rendersi conto che quelle pagine si sono già perdute, si perdono e si perderanno se nessunə le renderà pubbliche, se nessunə le pubblicherà. Oppure se ne rendono conto ma fanno finta di niente. Oppure se ne rendono conto, usano Facebook per testare il proprio pubblico ma, come vedremo con Arminio, possono diventare vittime del loro stesso gioco, rovesciato.
Iperrivista avrà lo scopo, dunque, di sottrarre alle piattaforme la proprietà privata delle riflessioni e delle opere create nei social dagli scrittori e dalle scrittrici che ci autorizzeranno a pubblicarle, cercando in questo modo di avviare un processo di autocoscienza che dovrebbe portarci a riflettere sul valore del nostro lavoro, del lavoro di chi scrive in Facebook, nella “iperrivista”, e su chi se ne sta appropriando, mentre noi pensiamo che sia normale, che sia naturale, apparendo come ingenui ma in fin dei conti risultando soltanto puerili.
Il secondo atto della strategia sarà l’edizione cartacea per Argolibri dei diari di Facebook che riterremo pubblicabili. Sin da ora, quindi, invitiamo gli scrittori e le scrittrici che ricavano introiti dalla propria attività pubblicistica (giornalisti/e, romanzieri/e, poeti/e a gettone, ecc.) e che leggeranno queste righe a scaricare le proprie informazioni pubblicate su Facebook, a riappropriarsene. In calce le istruzioni per farlo.
Come per tutte le nostre attività senza scopo di lucro, qualora dovessimo avere delle entrate sufficienti a garantire un contributo per gli autori e le autrici non esiteremo a corrisponderlo. È una precisazione doverosa, dato che dal 2017 chiediamo «una remunerazione per i contenuti che quei 2 miliardi di persone producono per il social network, in quanto utenti [di Facebook]».
(Valerio Cuccaroni)
Aldo Nove su Franco Arminio
Apriamo Iperrivista pubblicando un post di Aldo Nove su Franco Arminio, un autore che ha alle spalle un’ampia bibliografia e una lunga carriera, tanto quanto il primo.
Esordiente negli anni Ottanta del secolo scorso e rimasto nel sottobosco per un ventennio, Arminio emerge quando, nel 2003, pubblica Viaggio nel cratere per Sironi, poi nel 2006 Circo dell’Ipocondria per Le Lettere, nella collana Fuoriformato diretta da Andrea Cortellessa, uscendo così dalla nicchia, come uno dei prosatori italiani più apprezzati dalla critica e dal pubblico. A proposito di pubblico, arriva a quello grande, massificato, anche grazie ai suoi articoli sul quotidiano «il manifesto» e all’apprezzamento pubblico rivolto a Viaggio nel cratere da Roberto Saviano.
Dal 2006 Arminio ha pubblicato venti libri, a un ritmo anche di tre all’anno (nel 2011 e nel 2013), fino a sfondare con i bestseller di poesia Cedi la strada agli alberi (Chiarelettere, 2017) e, soprattutto, Resteranno i canti (Bompiani, 2018), che, unendosi a tutti i precedenti, gli hanno permesso di diventare, nel 2020, uno scrittore di professione, in grado di abbandonare a 60 anni, prima della pensione, il suo primo lavoro di maestro elementare. Parallelamente Arminio si è imposto nei social, in particolare su Facebook, dove ha due profili e una pagina pubblica seguita da oltre 91 mila persone. In passato Arminio condivideva su Whatsapp, su Messenger e altri canali di messaggistica scartafacci di poesie e altre opere, chiedendo consigli agli amici e alle amiche. Cedi la strada agli alberi si giovò, per esempio, anche di questa pratica.
Ho avuto il piacere di ricevere un paio di scartafacci di Arminio, quando usava condividerli, ma da dicembre 2020 non ricevo più non solo gli scartafacci ma neanche suoi messaggi, prima così frequenti, sebbene prodotti in serie. Forse perché nel frattempo la sua notorietà è aumentata e non deve essere facile gestire il flusso di commenti agli abbozzi di poesie e altri testi che pubblica in forma di post. Post che possono arrivare a cinque in una sola giornata con oltre 150 commenti ciascuno, a volte.
Questa iperproduzione ha generato la reazione di poeti molto attivi su Facebook, come Julian Zhara, che è stato tra i primi, fra chi su Facebook ha un certo seguito nella nicchia della poesia italiana, a confessare il suo disgusto per la produzione poetica di Arminio, così come ha fatto Lello Voce.
A prendere le difese di Arminio fu Aldo Nove (lascio a chi studierà l’attività su Facebook di quest’ultimo l’onere di rintracciare le prove*, sempre che nel frattempo Nove non sia stato di nuovo bannato, come già avvenuto in passato, e non si perda la sua apologia di Arminio). Il 2 ottobre 2021, però, Nove ha cambiato idea e ha pubblicato un’invettiva contro chi fino a quel momento aveva difeso, cioè proprio contro Franco Arminio. L’invettiva in forma di post ha avuto finora oltre 700 mi piace, oltre 200 commenti e oltre 100 condivisioni, che occorre tenere in considerazione perché commenti e condivisioni sono altrettante fonti di scrittura. Il giro della nicchia è stato così completato, stimolando fra l’altro i troll a creare la pagina Facebook Franco Arminions, in cui ci si potrà continuare a sfogare nel gioco al massacro contro il capro espiatorio di turno. Quindi l’affaire si potrebbe archiviare come l’ennesima sceneggiata da social. Invece no.
Pubblichiamo il post di Nove, dando un peso alle sue parole, perché tutte le parole hanno un peso, anche quelle pubblicate su Facebook. E chiediamo a Franco Arminio di replicare. Questo non-parlarsi a mezzo non-stampa, attraverso una piattaforma privata che lucra non sulle nostre parole ma sul traffico di dati che le nostre parole generano, è analogo alla Bestia creata da Luca Morisi per Matteo Salvini: riflette un andazzo preso dalla società umana che è la manifestazione del più becero caprismo.
* Nicolas Cunial ha rintracciato il post di elogio di Arminio da parte di Nove, datato 23 settembre 2020, che ci ha segnalato in forma di screeshot e che riportiamo di seguito.
Aldo Nove
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