La tenerezza | di Gianni Amelio | recensione di Valerio Cuccaroni

Genere: Drammatico
Durata: 103 min.
Cast: Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti, Greta Scacchi, Renato Carpentieri, Arturo Muselli, Giuseppe Zeno, Maria Nazionale, Enzo Casertano
Paese: Italia
Anno: 2017

La tenerezza è un film di fantasmi. In effetti, se dobbiamo credere alle immagini, all’inizio l’anziano protagonista, Lorenzo (Renato Carpentieri), è morto in un letto di ospedale. Dopo aver incrociato lungo la corsia il fratello Saverio (Arturo Muselli), la figlia, Elena (Giovanna Mezzogiorno), prova a parlare al padre, ma lui non risponde, voltato dall’altra parte. Non solo parlare con un morto, ma anche vederlo è impossibile. Poi Elena se ne va, esce dalla scena, Lorenzo apre gli occhi, come se fosse resuscitato, e inizia il lungo rituale di ricongiunzione.
Elena è una mediatrice, una traduttrice legale-giuridica per imputati di lingua araba, ma lei non si accontenta delle traduzioni letterali, vorrebbe tradurre anche gli sguardi, il tono della voce, per restituire la verità che le parole possono celare. In lei c’è una così forte volontà di oltrepassare i confini e stabilire un contatto che nella sua disperata ricerca del padre perduto arriva persino a incontrare la sua ex amante, Rossana (Maria Nazionale), con cui anni prima aveva scoperto che Lorenzo tradiva la moglie.
Incapace di stabilire un contatto con la figlia, tuttavia, l’uomo ha bisogno di viaggiare nel mondo delle ombre prima di ritrovarla. Rientrando a casa, incontra una famiglia di giovani sposi: Michela (Micaela Ramazzotti) e Fabio (Elio Germano) con due figli, un maschio e una femmina. L’incontro avviene per caso: Michela ha dimenticato le chiavi in casa e, rientrando dal retro, si accorge che condivide il terrazzo con l’anziano vicino. Di porta in porta, di cancello in cancello, Lorenzo varca le soglie ed entra in contatto con ciò che sarebbe potuta essere la sua famiglia. Così, scopre che Fabio ha la sua stessa difficoltà di comunicare con i figli: rispettando l’immaginario del viaggio oltremondano, Fabio lo confessa a Lorenzo su una nave in costruzione, in cui lavora come ingegnere. Purtroppo, come Lorenzo anche Fabio si perde, vittima del proprio egoismo.
Complice la maestria dello scenografo Giancarlo Basili, Amelio gioca con le simmetrie, riprendendo e montando in parallelo i vagabondaggi per Napoli dei due padri fantasma e, nella seconda parte, il dialogo divenuto impossibile anche con Michela oltre che con la figlia Elena. Il confine fra i due mondi è sempre ben visibile: dopo le porte e i cancelli, nella seconda parte dominano i vetri.
Grazie alle buone prove d’attore e alla sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Amelio con Alberto Taraglio ispirandosi al libro di Lorenzo Marone La tentazione di essere felici, la sapienza umana e la perizia artigianale del regista si sposano con la cura dei dialoghi: tranne quello improvviso e irrisolto di Elena con la sua vecchia fiamma Giulio (Giuseppe Zeno), che fa sospettare un buco nella sceneggiatura, tutti gli altri sono di rara intensità.