Abbiamo visto per voi L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, andato in scena sabato 21 marzo 2015 presso il Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno.
Il sipario, un telo bianco allestito per l’occasione, reca impresse delle stampe stilizzate raffiguranti i personaggi dell’opera, gli strumenti dell’orchestra e il direttore. Ad un certo punto, quest’ultimo entra in sala, attraversa la platea e sale sul palco, assumendo la posizione della stampa che lo raffigurava. Sale il sipario e inizia lo spettacolo.
L’orchestra è collocata sul palco, s’uno sfondo blu elettrico; blu sono anche gli abiti degli orchestrali. Dopo il preludio entra in scena il coro, sempre passando per la platea. La stretta vicinanza tra pubblico e interpreti e il brulicare composto dei coristi donano a questo incipit un senso di gioioso fermento, che accompagnerà tutto lo svolgersi della recita. I coristi e la pianista sono vestiti da contadini di un villaggio dei paesi baschi, alla fine del Settecento, in cui è ambientata l’azione scenica. Sul palco c’è un pianoforte, e vicino delle balle di fieno. Tutto è leggero e scherzoso.
Adina, interpretata dal soprano Mihaela Marcu, compare seduta sopra il piano intenta a leggere un libro, è molto bella, vezzosa e maliarda; Nemorino (tenore Antonio Poli) ne tesse le lodi. Poli riesce a mimare un portamento ed uno sguardo che ben si attagliano al personaggio del villico sprovveduto invaghito della giovane; nella scena sesta del primo atto mostra la propria felicità sgambettando come un bambino.
L’ingresso del sergente Belcore, interpretato dal baritono Bruno Taddia, è dirompente, la sua prima aria da solista raccoglie molti applausi. Il basso Andrea Concetti, interprete del sedicente dottore Dulcamara, entra in scena con grande pompa, mostrandosi latore di portentosi ritrovati scientifici – ma il suo costume, vistosamente macchiato sul colletto sotto la nuca, già ne tradisce lo status di truffatore e le reali intenzioni.
A nostro avviso, quella di Taddia è l’interpretazione più riuscita, grazie alla sua voce potente e precisa ed alla sua gestualità ampia ed esilarante. Anche Mihaela Marcu ci pare particolarmente adatta al suo ruolo: in alcuni tratti la sua interpretazione appare leggermente fredda, e questo, se da una parte ostacola il coinvolgimento emotivo dell’uditorio, dall’altra è coerente con le caratteristiche del personaggio di Adina, «mobile e infedel» come un soffio di vento. Poli (Nemorino) è potente e preciso, voce molto bella; applauditissima l’aria più famosa dell’opera, Una furtiva lacrima. Davvero esilarante la recita di Nemorino durante l’ultima aria di Adina: lei si compiace di sé stessa, mentre lui mostra impazienza, facendole il gesto di tagliare corto, perché non vede l’ora di abbracciarla. Andrea Concetti è decisamente all’altezza del ruolo, come anche Sara De Flaviis: fresca e gioiosa interprete di Giannetta, dalla voce molto bella e dalla presenza scenica leggiadra e sempre appropriata.
Ottimo il Coro del Teatro della Fortuna M. Agostini, magistralmente diretto da Mirca Rosciani. Una delle caratteristiche che più saltano all’occhio di questo coro è la sua capacità di riempire lo spazio e l’azione scenici in modo sempre efficace ed opportuno. Non capita mai, a chi voglia soffermare lo sguardo su un corista – finanche in un frangente in cui il coro non canti o non reciti parti significative – di sorprenderlo in un momento di trascurata inattività: mai il canto è disgiunto dalla recitazione, mai i coristi, neppure il più nascosto, escono dal loro personaggio. Sempre perfetta l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, diretta da Francesco Lanzillotta, preciso e capace di dirigere adeguatamente anche svolgendo le parti recitate previste dalla regia.
I colori delle scene di Gabriele Moreschi e dei costumi dei contadini, curati da Claudia Accoramboni, cozzano un po’ con lo sfondo blu elettrico e con gli abiti degli orchestrali, ma è un effetto voluto, che non ci sentiamo di sanzionare.
La regia di Saverio Marconi è frizzante: molto coinvolgente il continuo movimento degli attori tra il palco e la platea, che crea grande dinamismo. Decisamente apprezzabile l’interazione tra Dulcamara e l’orchestra: nella scena quinta del primo atto, il “dottore” chiama un orchestrale, «Giuliano, tromba!», e quello si alza e suona. La vivacità della recita è data anche da alcuni movimenti scenici affidati al direttore d’orchestra, che, oltre ad aprire la rappresentazione con il suo ingresso teatrale, in almeno due momenti interagisce con i cantanti, come quando, nella scena sesta del primo atto, abbraccia Nemorino e Adina continuando a dirigere i musicisti, o, ancora, come quando, nella scena precedente, suggerisce a Dulcamara una battuta. Come dimenticare, infine, il momento conclusivo dell’opera, quando il “dottore” passa tra il pubblico dispensando bottiglie di elisir? Espedienti di questo tipo, uniti allo spostamento dell’orchestra sulla scena, sono un valido diversivo per rendere le opere più vicine al pubblico – a nostro avviso preferibili alle modernizzazioni forzate e gratuite cui siamo sempre più spesso abituati.
Peccato non fossero presenti le didascalie ad ausilio del pubblico, che comunque ha potuto seguire tutti i dialoghi grazie ai libretti distribuiti gratuitamente all’ingresso del teatro, ed anche grazie alla una buona dizione di quasi tutti i cantanti.
Uno spettacolo davvero ben riuscito, che vi invitiamo a vedere il 15 e il il 17 ottobre al Teatro dell’Aquila di Fermo.