Lucida tela di Valerio Cuccaroni. Postfazione di Lello Voce ⥀ La Punta della Lingua 2022

Questa sera, 24 giugno, ore 21.30, si terrà al festival di poesia totale La Punta della Lingua una performance-presentazione del libro Lucida tela (Transeuropa, 2022) di Valerio Cuccaroni, con immagini di Allegra Corbo, sonorizzazioni di Paolo Bragaglia e video di Giacomo Alessandrini. Per l’occasione pubblichiamo la Postfazione di Lello Voce al libro e alcune poesie estratte dalla serie Riflessi

 

La poesia di Valerio Cuccaroni è, in molti sensi, sorprendente, a partire dal titolo scelto per questa sua prima raccolta, Lucida tela. Che – come molti dei testi che si incarica di precedere – significa almeno due volte e in modo dissonante: la prima alludendo, mi pare, all’andamento rizomatico delle sue parti, che si collegano in totale autonomia, pur nella loro diversità e senza stabilire gerarchie, ma relazioni e implicazioni, come una tela, o, appunto, un rizoma.
Ogni testo sembra star li come fosse – in sé – un singolo carattere alfabetico di una lingua che sta tentando di crearsi, di far tessuto e poi testo, con indiscutibile lucidità (delle forme linguistiche sempre nette e piane, e delle luci che, dando loro profilo, le rilevano e le rivelano).
La seconda significazione sta invece, crollata la maschera del faux amis che ce la fa interpretare di getto con il suo primo significato, nel suo (poter) essere locuzione latina, evidentemente riferita a quelle “lucide frecce diurne” di cui parla la traduzione di un frammento lucreziano che chiude il libro. Tentativi di fare luce, di esercitare ragione, pensiero, tentativi, infine, visto che è di poesie che stiamo parlando, di usare la lingua come un grimaldello che apra porte e che, per l’appunto, ci sorprenda.

Tutto sembra poter trovare posto in questa tela, su questa tastiera: dai testi autoriali, a quelli collettivi, dalle traduzioni, ai frammenti quasi lirici, che sembrano schegge, o, neanche a dirlo, punte. Punte di frecce che abbiano ormai dimenticato, però, ogni bersaglio. Sospese nell’aria, in attesa che qualcuno le pronunci, facendo ricominciare la vita dove prima era soltanto linguaggio.

Si organizzano cosi gli stili e le smilze sezioni che compongono il libro: dialogando, ma soprattutto lasciando nel lettore quella melodia strana, involontaria, che fa l’accordatore che cerca la stecca, che batte sullo stesso tasto e stringe le chiavi delle corde fino a ‘temperarlo’, a dargli un suono che significhi. Questa lucida tela sta in piedi proprio grazie alle lucide frecce diurne che la inchiodano alla pagina. Il tutto è, evidentemente, più della somma delle sue parti, ma le sue parti, smontate, stanno per sé, pur puntando sempre la loro lancette magnetizzate verso il Nord dell’insieme.

L’overture della sezione Cartomanzia – con le sue metafore quasi barocche, capaci di meravigliare il lettore (dall’orizzonte che si fa bordo di carta da gioco, alla maschera subacquea che trasforma il tuffatore in cosmonauta) – inizia un percorso di indagine del giornaliero, di azioni minime, che, decorticate dalle parole e dalla loro logica ‘linguistica’, danno accesso a una sorta di surreale quotidiano, che trasforma le virate barocche in meraviglia domestica.
Psichedelia, invece, la seconda tappa, va di deriva, tra squarci metropolitani e proposte di Cadavre exquis, testi collettivi, realmente composti da altri (che siano i giovani reclusi di un carcere, o i poeti colleghi alla tavolata di un dopo-festival), schegge di documenta, brani di ‘verità’, testimonianza irrefutabile di accadimenti, prodotte come prove a discarico in un processo intentato al poeta, in cui però a essere condannata sarà la poesia e a cui il poeta risponde subito, in dialogo, con un lungo testo, ironico, che fa l’occhiolino a Parini e a Gozzano.

Il rizoma inizia a comporsi.
Il suo ritmo si fa sempre più chiaro al lettore. E si espande nei testi brevi dei Disincanti, dove la nota del minimo e dell’usuale si fa amara, a volte stridente per poi, nei Riflessi, ritrovare il gusto del surreale e sorprenderci di nuovo con le sue metafore sghembe, con inaspettati ribaltamenti del punto di vista che, come all’esordio, mettono bene in luce lo iato che c’è tra il reale e la lingua che inutilmente prova a rappresentarlo e che invece si ritrova ogni volta a tradirlo.

E che non sia un problema di ‘io poetico’, ma un problema che riguarda la poesia prima che il poeta, non bastassero le appropriazioni indebite, ma assolutamente opportune delle sezioni precedenti, arrivano a dimostrarcelo le Covers, con le loro traduzioni e riscritture, dalla lingua al dialetto, dalle lingue straniere alla nostra, o da quella dei nostri padri a quella dei nostri giorni, cosi smemorati.
E giunti alla fine, il profilo del rizoma è chiaro. È lucida tela. Costruita da lucide frecce, una diversa dall’altra, ma tratte dalla medesima faretra.

La scrittura di Cuccaroni ha funzionato come un segnale guida: il suo problema non è stato essere originale, ma, piuttosto, essere in grado di ‘orientarci’, di stimolarci a riflettere sulla lingua e sulla sintassi della nostra vita quotidiana, sul loro cucirsi assieme, per coprire, con la coperta indispensabile del senso, il nostro agire e la sua insensatezza. Prima, dopo e comunque fuori dal testo e dalla poesia.

Da questo punto di vista Lucida tela non è solo un bel libro di poesia, ma anche un testo di geografia lirica. Una mappatura del linguaggio mentre è in azione, mentre prova a percorrere quello spazio, quel territorio tanto diversificato che usualmente chiamiamo il senso della vita. La cartografia di quelle infinite cicatrici che infliggiamo al senso, ogni volta che proviamo a tradurre la vita in segni. O a fare del respiro una serie articolata di parole.

(Lello Voce)

 

 

Estratti

da Riflessi

 

Cresce ancora l’alloro nei boschi
se s’insinuano serpi nei fossi
i pettirossi non sono scomparsi.

Mentre tardi primavera gli sfuggi
non è il caso di dirti da quanto
nel parco sia qui che ti aspetti.

 

 

Circo naturale

Nello spettacolo d’autunno gli alberi
indossano parrucche da pagliacci
rosse e gialle per l’applauso delle ali
in volo verso un’altra estate
e queste vostre risate sarcastiche
mentre state a guardarli denudarsi.

 

 

Acqua che parla

Dalle nubi precipitando piovi
passi le rocce fino alla falda
succube al suolo sprofondi
sali quando il sole ti riscalda
o ti estrae un secchio dai pozzi
dalle fonti fino alle bocche
scorri nelle dita e negli occhi
e nelle nubi celi i tuoi ritratti.

 

 

Geoide

L’infinito si riflette
sui tuoi mari sui tuoi
fiumi sui tuoi laghi
sugli occhi specchi
di brame siderali.