Metro Elettro Convegno | Economia | Una misura etica per la finanza | Seconda Puntata | di Sergio Corbi

[Metro Elettro Convegno continua con la seconda puntata dell’intervento di Sergio Corbi, economista e da quasi 30 anni manager, ceo e presidente in imprese, finanziarie e gruppi industriali, fra cui vari quotati in borsa, imprenditore in proprio con la sua Financial Systems.]

Sergio Corbi

Una misura etica per l’economia | Seconda puntata

Un viaggio di mille miglia comincia con il primo passo, e con una buona mappa da seguire. L’obiettivo da raggiungere, nel nostro caso, è lo sviluppo etico dell’economia, prima in una zona, poi in un paesino, poi in una città, poi in una regione, poi in uno Stato, e così via.

[Leggi la Prima puntata]

La Borsa delle piccole aziende

In senso direzionale inverso, rispetto alla teoria classica della Conglomerata in letteratura, la Conglomerata nasce concettualmente per essere, nella mia filosofia microeconomica, la Borsa delle piccole aziende che da sole non ce la fanno, infatti il loro scopo è quello di raccogliere capitali dal mercato finanziario e trasferirlo alle partecipate. A questo concetto abbiamo aggiunto il motore di crescita, cioè il legame, attraverso una forte preferenza di prezzo dei beni, tra azionisti della Conglomerata ed aziende di produzione partecipate.

Abbiamo creato un modello di crescita dell’economia dove vincono tutti e nessuno rinuncia alle sue aspettative. E cosa abbiamo fatto? Abbiamo solo invertito le priorità del profitto ad ogni costo, classiche e dominanti del nostro tempo: prima la crescita stabile, che significa occupazione, e poi il profitto unitario, che comunque si trasforma il maggiore volume di profitto.

Il profitto attira i capitali

Le aziende necessitano di mezzi finanziari per investire e crescere, per migliorare la produzione, generare maggior profitto ed autofinanziamento per continuare a perseguire il ciclo positivo: su questo presupposto si stimola l’ingresso di nuovi capitali al fianco dell’autofinanziamento generato. In particolare le piccole e medie aziende necessitano di attivare questo circuito virtuoso. Ciò è vero particolarmente al giorno d’oggi e in Paesi come l’Italia, dove il tessuto industriale è fatto di piccole e medie aziende che hanno perso progressivamente mercato, reddito, capacità di indebitamento, di autofinanziamento e gli imprenditori non hanno più sufficienti mezzi propri per sostenere lo sviluppo necessario delle loro aziende. Creare profitto genera autofinanziamento, cioè risorse interne prodotte dall’azienda stessa, e attira capitali dall’esterno: non vi sono nuovi soci disponibili ad investire in aziende non profittevoli.

I capitali preferiscono le aziende quotate

Aziende con buone prospettive di reddito possono essere appetibili per nuovi investitori, e si osservi che vi sono, contrariamente a quanto si pensi, molti capitali disponibili in cerca di buoni investimenti, ovvero disponibili a finanziare buoni progetti. Tuttavia gli investitori istituzionali normalmente cercano opportunità in aziende che abbiano raggiunto almeno una determinata dimensione, perché presuppongono che alla dimensione si possa associare stabilità, mentre non è affatto detto, e perché desiderano non parcellizzare troppo i loro investimenti, per limitare gli impegni di controllo degli stessi. Inoltre i loro gestori affidano più volentieri i loro capitali a società quotate o comunque quotabili, perché si suppone che esse siano maggiormente e meglio organizzate sul piano del controllo di gestione, della correttezza nei comportamenti, nella legalità in generale e perché, quotandosi, si sono volontariamente sottoposte a controlli ulteriori rispetto ad aziende non quotate, come la certificazione del bilanci, obblighi di trasparenza e di comunicazioni, ispezioni Borsa e Consob.

La convenienza di investire in una Conglomerata

Per l’investitore finanziario è importante, o potrebbe esserlo, la diversificazione del rischio di investimento in una impresa. La diversificazione si presenta sotto diversi aspetti: per esempio, prodotti diversi ma nello stesso settore, possibilmente in mercati diversificati geograficamente, con strutture di distribuzioni diversificate e così via. Uno dei sistemi di diversificazione, che non è sostitutivo dei precedenti ma complementare, è quello di investire in società che operano in settori diversi merceologicamente. Queste aziende sono normalmente delle Società di partecipazioni (holding), che investono appunto in altre società, che operano in settori diversi, in mercati diversi e geograficamente differenti.

In particolare, possiamo convenzionalmente definire Conglomerata una società di partecipazioni che investe in aziende acquisendo, in linea di principio, quote di minoranza, lasciando il controllo (azionario) dell’azienda e la gestione al proprietario, in genere alla famiglia che ha creato e gestito la società fino all’ingresso dei terzi nel capitale. La Conglomerata si riserva molte facoltà di controllo della correttezza della gestione e della realizzazione dei programmi definiti in comune e per realizzare i quali si è deciso di investire. Programmi che possono anche essere definiti solo sul piano logico ovvero strategico, ma con opportune griglie di investimento.

Non è necessario naturalmente che la Conglomerata sia una società quotata, se è in grado di attirare comunque capitali, ad esempio da private Equity e Investitori Professionali, come fondi chiusi di investimenti. In questo caso occorre accettare che i nuovi soci siano pochissimi o perfino uno solo, che affianca i precedenti proprietari: questo per certi versi è un bene, ma molto spesso ho visto che si trasforma in un male, per motivi complessi che esulano dalla presente trattazione.

Se sono quotate, tuttavia, le aziende hanno notevoli vantaggi ed attrattive per una moltitudine di investitori, in ragione della possibilità di vendere e comprare in modo parcellizzato i titoli che ne rappresentano il capitale, naturalmente in funzione della liquidità del mercato del titolo. Inoltre possono ricorrere più volte al mercato, proponendo aumenti di capitale per nuove proposte di investimenti, che possono trovare accoglimento in funzione della bontà dei progetti proposti e dell’efficacia della gestione.

La Conglomerata riunendo più partecipazioni nel suo attivo patrimoniale potrebbe acquisire una dimensione maggiore delle sue singole partecipate, che proprio per la loro dimensione contenuta potrebbero trovare, anzi trovano, difficoltà ad essere finanziate. Perciò può costituire un soggetto che per dimensione può accedere al mercato dei capitali (Borsa), ma la dimensione minima di accesso non è l’unico aspetto da considerare. Occorre che la Conglomerata proponga un progetto di investimento che sia profittevole e soggetto a minori rischi possibili, inoltre che possa avere facoltà di espansione per consolidare sempre più, nella norma, la profittabilità. Dalla profittabilità in particolare dipende il valore del prezzo del titolo della Conglomerata che giustamente interessa agli investitori. Il prezzo dipende anche da diverse circostanze esterne, ma il ruolo dei cosiddetti valori fondamentali dell’azienda – ciò che è espresso nei bilanci –, non è affatto secondario, soprattutto per le aziende di cui parleremo. Esse hanno una particolarità ulteriore, rispetto alla norma, che mantiene e tende a mantenere la fedeltà dell’azionista alla società, nel senso della propensione a non vendere il titolo della società stessa, ma a tenerlo a lungo in portafoglio, che poi è il senso logico e concreto del concetto di allocazione del risparmio.

Se il progetto è appetibile, si genererà attrazione di capitali per lo sviluppo, di qui si genererà anche “valore” dell’azienda e dei suoi titoli e quindi anche l’interesse di sempre nuovi investitori disponibili ad entrare nella compagine aziendale, acquistando titoli sul mercato o sottoscrivendo titoli di nuova emissione, come aumenti di capitali proposti dalla Conglomerata per finanziare le sue partecipate. Peraltro sarà un incentivo ulteriore a che nuove aziende si interessino a essere partecipate dalla Conglomerata.

La liquidità di un titolo è un elemento essenziale per l’investitore finanziario, che deve poter decidere di vendere quando gli occorre senza che ciò incida in modo significativo sul prezzo del titolo. Se il progetto è positivo, sta dando frutti e ha buone prospettive, accadrà che l’offerta di titoli in vendita nel mercato secondario potrà essere inferiore alla domanda di acquisto. Ciò genera la necessaria liquidità del titolo e la crescita del prezzo del titolo. Vale naturalmente anche il contrario.

Fin qui niente di nuovo, le Conglomerate esistono sia in letteratura che nella realtà, e ve ne sono sia private che, soprattutto, quotate (cioè pubbliche), anzi vi sono nel mondo conglomerate di dimensioni enormi e importantissime, che sono cresciute nel tempo con grande soddisfazione dei loro azionisti secondo i principi sopra esposti.

Creare la Conglomerata e quotarla in Borsa

Nella nostra ricerca di elementi che possano avvicinare i mercati finanziari alle piccole e medie imprese, abbiamo cercato di capire e studiare anche i rapporti con le piccolissime imprese, per le quali i problemi sono ancora più accentuati.

Innanzitutto è necessario creare la Conglomerata. Ciò significa trovare un certo numero di imprenditori, che decidono di cedere per concambio alla Conglomerata parte del proprio capitale sociale, in cambio di titoli di nuova emissione della Conglomerata stessa. Questa fase non è di fatto onerosa, ed è possibile, come già noi abbiamo fatto, anche studiare una serie di regolamenti per equalizzare le valutazioni di ingresso e di uscita dalla Conglomerata, nonché tutti i comportamenti e le governance del caso, ma non è questa la sede per analizzare i meccanismi regolatori e gestori della Conglomerata. Per ora è sufficiente sapere che la realizzazione è giuridicamente e funzionalmente fattibile e può operare con correttezza e trasparenza in ogni sua attività, con patti statutari e patti parasociali. Questi imprenditori consentiranno alla Società Conglomerata di assumere una dimensione che comincia a essere appetibile e attrattiva per gli investitori.

La gestione delle partecipate sarà demandata ai proprietari originari, che proprio in quanto scelti dalla Conglomerata per le loro caratteristiche (capacità di gestione, di creazione e distribuzione di prodotto, ecc.), con altri mezzi finanziari possono a loro volta sviluppare e consolidare ulteriormente le loro aziende, nell’interesse adesso di tutti i soci della Conglomerata, di cui loro sono parte, e diversificare contemporaneamente il rischio del loro stesso capitale investito, che ora è suddiviso in titoli, in maggioranza, della loro società ed in parte di titoli della Conglomerata, che sono valorizzati dalla sorte dell’insieme delle società partecipate (in minoranza) e son ben controllate dalla Conglomerata.

Un passo ulteriore della Conglomerata sarà di essere quotata, come noi auspichiamo perché è la miglior condizione di sicurezza finanziaria futura per le società partecipate e per gli investitori nella Conglomerata. Ciò comporta offrire al mercato titoli a pagamento di nuova emissione della Conglomerata, che consentono di raccogliere liquidità dal mercato finanziario. Questi capitali serviranno per finanziare le aziende partecipate nei loro progetti di sviluppo e consolidamento. In particolare possiamo ipotizzare un meccanismo sistematico, per cui le aziende partecipate proporranno annualmente alla nostra Conglomerata dei progetti che necessitano di essere finanziati. La Conglomerata selezionerà i progetti, riunirà le necessità delle singole aziende che a sua volta periodicamente proporrà in un’unica offerta di aumento di capitale al mercato finanziario, illustrando naturalmente al mercato stesso, con opportune comunicazioni, le motivazioni, le finalità e la destinazione dei capitali che desidera raccogliere a beneficio della capitalizzazione delle sue partecipate.

L’investimento etico nella Conglomerata

Siamo pervenuti quindi alla Conglomerata quale società quotata, con diverse partecipazioni sane e produttive che ha come soci: sia gli imprenditori iniziali, che hanno scambiato parte delle quote delle loro aziende (anche singolarmente piccole e molto piccole) con titoli della Conglomerata, sia investitori finanziari che hanno acquistato titoli della Conglomerata o sul mercato (secondario, cioè già circolanti per emissioni fatte) o in emissione di nuove azioni (mercato primario). La caratteristica cruciale è che essi sono tutti “risparmiatori”. Questo è un punto di incontro importante: vogliamo sottolineare ulteriormente che non solo sono risparmiatori gli investitori finanziari, che hanno acquistato o sottoscritto titoli, ma anche gli imprenditori che hanno scambiato i loro titoli o quote (di società non quotate) con titoli quotati della Conglomerata. E come tali sono tutti “consumatori” di beni e servizi, che ovviamente sono prodotti da imprese ed attività, siano esse partecipate dalla Conglomerata o no.

La nostra idea è creare un forte legame tra azionisti della Conglomerata (sia ex imprenditori che nuovi investitori, quindi tutti gli azionisti) e le aziende partecipate dalla Conglomerata. Questo possiamo raggiungerlo consentendo agli azionisti della Conglomerata di godere di un privilegio sul prezzo dei beni e servizi prodotti dalle singole aziende partecipate dalla Conglomerata.

Gli azionisti della Conglomerata avranno diritto ad un sconto da discutere, su quello che possiamo definire il “prezzo di listino al pubblico” dei beni e servizi offerti al mercato dalle aziende partecipate. Ciò produce tutta una serie di effetti sia positivi che negativi. Gli effetti negativi, che sorgono unitariamente per effetto di un prezzo minore di vendita, nella logica del modello finiscono per sparire essendo assorbiti dal volume maggiore dei beni venduti e dai benefici effetti sui costi degli investimenti che si è potuto realizzare proprio grazie al legame creato.

Il prezzo scontato può essere definito il “prezzo nella giusta misura” e anche il propulsore di una economia etica, in sviluppo, con tutto quello che ne deriva, non ultima la crescita dell’occupazione.

Le aziende partecipate cominceranno ad avere una parte della clientela che sarà indotta all’acquisto dei beni di ciascuna azienda e non da una sua concorrente, posto che a parità di qualità del prodotto il concorrente non sia in grado di proporre un prezzo inferiore al prezzo scontato della nostra azienda. L’azienda di produzione partecipata si sarà assicurata un mercato stabile ed anzi crescente, se opera bene, perché stimolerà altri investitori ad acquistare titoli della Conglomerata, e l’azienda avrà nuovi clienti. Questo indurrà a nuovi investimenti, che la Conglomerata consentirà di fare raccogliendo capitali sul mercato. Indurrà crescita dell’azienda e nuova occupazione, in sintesi sviluppo profittevole. Non solo della singola azienda partecipata, a danno di altre non partecipate, ma del mercato e dell’economia nel suo complesso; in quanto aumenta la capacità di spesa disponibile a disposizione, dovuta al risparmio effettuato realizzato dagli azionisti della Conglomerata nell’acquisto dei beni e servizi dalle aziende partecipate. Ovviamente non saranno tutte quelle del mercato e non produrranno tutti i beni e servizi necessari alle persone, ma potranno essere prima una piccola parte e poi man mano crescere fino a diventare una parte importante della spesa corrente degli individui.

Considerando l’embrione del meccanismo, che è l’azienda partecipata dalla Conglomerata, lo sviluppo è profittevole perché una parte della sua produzione sarà venduta a sconto, per esempio al costo totale ante imposte rapportato al singolo prodotto, o con un margine contenuto, quindi avrà per queste vendite, che restano parte del totale, minori margini, ma su maggiori quantità vendute, anzi crescenti e stabili. Questo consente un migliore assorbimento dei costi fissi, per il meccanismo di capitalizzazione citato, e consente di effettuare investimenti che renderanno sempre più economica la produzione, e sempre più stretti i legami tra aziende e soci della Conglomerata che necessitano di quei beni e servizi.

Non tutta la produzione poi sarà venduta a prezzo scontato, in quanto non tutti i clienti saranno anche azionisti delle società Conglomerata, anche quando queste cresceranno e si moltiplicheranno. Il risultato combinato sarà un volume di ricavi maggiore, ed un maggior volume di reddito, che si rifletterà su un incremento di valore del titolo della Conglomerata posseduto dal socio cliente, che a sua volta innescherà interesse all’acquisto dei titoli della Conglomerata da altri non ancora soci, così ampliando la clientela. Dall’embrione il circolo virtuoso crescerà e si moltiplicherà con l’incremento dei benefici indicati per la collettività. Non ultimo osserviamo che il risparmio fiscale, indotto dal meccanismo, giacché è lecito vendere a sconto, trasferisce ricchezza esentasse, per cui ulteriore, al socio cliente/azionista, essendo di fatto lo sconto un dividendo in natura, che vede aumentata la sua capacità di acquisto ed ha maggior denaro da dedicare ai propri consumi, non solo ma, in quanto azionista, potrà godere di un dividendo al pari di tutti gli altri azionisti della società.

Possibili sviluppi

Il meccanismo è realizzabile anche se l’azienda che controlla il sistema, la Conglomerata, è (ancora) non quotata, in quanto raccoglie interessi in piccolissime attività e capitali al proprio interno, selezionando i servizi ed i beni di consumo ricorrenti delle famiglie; diventa un embrione che cresce e si sviluppa fino a diventare quotabile e dare un’accelerazione al processo di crescita con la forza del mercato. Potremmo considerarla alla stregua di una epidemia che non si può fermare. Ci vorrà tempo, ma è possibile.

Se per esempio un soggetto investe 1000 € nella Conglomerata e questo gli dà diritto ad uno sconto dell’8% sui prodotti da tutte le società controllate, si hanno 80 € di dividendo netto in natura dal momento in cui il soggetto avrà speso 1000 € in beni e servizi delle partecipate; se spende in un anno 5.000 € in prodotti di queste aziende avrà, come socio/cliente, 400 € di dividendo esentasse; più un dividendo quale azionista della Conglomerata, tutte disponibilità per ulteriori consumi.

Si può, in altri termini, recuperare l’investimento in pochissimo tempo e avere poi una disponibilità e una rendita futura avendo già recuperato il capitale investito, purché si resti azionista della Conglomerata.

La forte relazione ipotizzata ha creato un circolo virtuoso che è in grado di generare ricchezza per tutti i partecipanti al sistema economico della Conglomerata: abbiamo innescato un sistema di sviluppo per le aziende, e un interesse anche per coloro che, pur essendo soci, non utilizzano lo sconto sui prodotti, in quanto le aziende cresceranno ed avranno profitti. Tutte insieme formeranno la Conglomerata che sarà per se stessa una società profittevole e dunque attrattiva per tutti i soci, sia che decidano di essere clienti o no, o solo in parte, dei prodotti della aziende partecipate.

Considerazioni conclusive

  1. Il legame tra clienti (acquirenti di beni e servizi) ed aziende che li vendono può essere molto forte se essi sono clienti azionisti della Conglomerata che partecipa all’azienda, e se possono beneficiare in quanto tali di un prezzo “scontato” di ciò che acquistano. Ovviamente più sono le aziende partecipate e più sono diversificate e maggiori saranno i servizi e i beni offerti ai clienti.
  2. La misura di questo sconto deve essere sensibile, ma non deve creare perdite alla società; è possibile calcolarlo, azienda per azienda, a partire dall’analisi dell’utile ante imposte; lo sconto conduce ad un “prezzo giusto” che sia propulsivo dello sviluppo della società singola che vende il prodotto acquistato, incrementando le vendite, stabilizzandole, inducendo altri utenti a diventare azionisti della controllante per accedervi, e capitalizzando così la controllante, che può a sua volta finanziare lo sviluppo e l’economia delle aziende partecipate, affinché i benefici per i soci crescano progressivamente per effetto positivo degli investimenti che per la crescita delle vendite (siano esse a sconto o no).
  3. Si innesca così un circuito virtuoso con opportuna convenienza dei clienti, che dispongono di apprezzabile superiore capacità di acquisto sia per lo sconto che per il dividendo, delle singole aziende e dell’economia nazionale, ovviamente man mano che tale progettualità si espandesse.
  4. Un aspetto interessante è che il meccanismo adottato da queste aziende, che decidono di partecipare a tale circuito, ha prodotto un interessante concetto; gli imprenditori delle aziende partecipate avranno ben chiaro che il profitto lo si raggiunge comunque ed anche in crescita, pur non mettendolo al primo posto nella scala dei valori, piuttosto applicando uno sconto ai propri azionisti, anche se indiretti, puntando, alla fine, sulla crescita occupazionale disponendo di capitali per investimenti che lo consentano.
  5. Questo concetto, assimilabile a un processo contagioso, porta alla crescita del benessere generale, pur confermando che ciò è realizzato in una intelligente ed etica economia di mercato competitiva, in base ad un criterio di comportamento razionale ed economico. Il successivo corollario è che se non si produce ricchezza essa non può essere distribuita, a questo tende l’idea proposta di sviluppo: creare sempre maggiore ricchezza di cui beneficiano tutti gli attori del processo, pur rimanendo ciascuno nel proprio ruolo e senza che alcuno debba rinunciare al proprio interesse (infatti l’abbiamo definito virtuoso).
  6. Il modello di sviluppo disegnato, essendo un modello economico e come’è noto l’economia non è una scienza esatta, deve trovare un punto di equilibrio nello sconto di acquisto, capace di scatenare l’efficacia del processo; ciò è assolutamente fattibile, anche se la ricerca deve necessariamente procedere per approssimazioni successive, ma nella filosofia o nei comportamenti indicati, filosofia, che per il solo fatto che ha raggiunto migliori risultati per tutti invertendo le priorità classiche che si pongono gli imprenditori, possiamo appunto definire etica.
  7. Ci si può spingere ancora oltre: nell’ambito delle acquisizioni di partecipazioni da parte della conglomerata, dovremmo considerare anche quelle in attività artistiche e culturali, in modo particolare, specifico ed importante ancor più nel nostro Paese, depositario in tal senso dei valori di gran lunga più importanti del mondo. Queste attività (o questi enti) possono anche non costituire partecipazioni in senso stretto del termine, ma costituire una sorta di sistema di affiliazione e possono beneficiare di finanziamenti in questo caso privati (da investitori nel capitale della Conglomerata), dando in cambio agli azionisti della conglomerata sconti (in questo caso sensibili ancor di più) per accedere a rappresentazioni teatrali, cinematografiche, concerti, musei e tutto quanto sia possibile associare a tale ambito. Anche qui potremmo scoprire che si innesca una sorta di sviluppo, di presenze, di volumi di ricavi e di risorse di cui gli enti, anche se per loro natura non mirano al profitto, possono beneficiare, per crescere in tutti i sensi e quindi generare anch’essi occupazione, e attraverso questa, ulteriore prodotto interno lordo. È appena il caso di rilevare, oltre all’aspetto puramente materiale accennato, l’importanza dello sviluppo e della diffusione della “cultura”, che ripropone l’aspetto etico del progetto, per il suo aspetto moralmente rilevante sul comportamento delle persone, che anche se non percepito materialmente in modo diretto, finisce comunque per alimentare l’economia del Paese. Non dimentichiamo il settore economico del turismo, che si presenta anche sotto forma di strutture societarie atte ad essere partecipate, e nel nostro Paese può costituire una risorsa che, al momento, è poco e male sfruttata in quanto è poco finanziata e sostenuta finanziariamente. Anche questo tipo di aziende può diventare profittevole e crescere e partecipare a pieno titolo al processo di cui abbiamo discusso offrendo appunto il servizio di turismo ad un numero crescente di turisti.
  8. La realizzazione di questo progetto aziendale deve trovare imprenditori illuminati che vi partecipano riuscendo a vedere traguardi a medio termine, che comprendano il senso produttivo del loro vantaggio (anche in termini di diversificazione del loro risparmio, oggi concentrato spesso esclusivamente in un solo investimento: la loro azienda), e accettino le regole del modello economico descritto. Ciò potrebbe essere considerata un’utopia, ma talvolta le utopie diventano realtà, non importa quanto tempo occorre. L’idea in sé è realizzabile, e, aggiungerei , soprattutto nelle piccole e medie imprese, ed anche in quelle molto piccole, che poi sono quelle maggiormente adatte al nostro progetto. Oggi con la contrazione della finanza aziendale, quasi in tutti i comparti, probabilmente potremmo considerare che gli imprenditori non hanno scelta alternativa.
  9. Il modello di sviluppo proposto, pur restando fisso il suo obiettivo e le modalità per raggiungerlo, comporta una programmazione dinamica e continua dei suoi parametri. Abbiamo tutti gli strumenti economico matematici per realizzarla con successo.