Michele Monina, Milanabad, Castelvecchi, 2010

milanabad-477x350Un’incursione in un mondo ai margini, sulla strada, attraverso infrastrutture urbane e interstizi sociali. Michele Monina ci conduce nel mondo sotterraneo dell’Hip-Hop milanese, nella sub-cultura metropolitana che accoglie ragazzi come Marco (aka Pluto), protagonista di questo romanzo di formazione sui generis, orfano di padre, sfrattato, disilluso e privo di forti punti di riferimento: è la condizione di spaesamento e deriva esistenziale della gioventù d’oggi quella che viene descritta, cui a volte solo la musica, l’Hip-Hop in questo caso, riesce a fornire un orizzonte d’azione, se non proprio una direzione o una via di fuga. Grazie alla guida del cugino Tarik (aka La Rabbia), Marco e noi lettori veniamo introdotti in un universo fatto di musica, slangstreet namecumpa (adattamento italiano di crew), rime taglienti e vestiti oversize, al servizio di un codice morale volto al rispetto dei vincoli di sangue e amicizia, della libertà d’espressione e del riscatto sociale.

È la risposta alla ricerca di appartenenza e di valori in cui credere, del proprio posto nel mondo, perché come ci insegna Rabbia l’Hip-Hop è qualcosa di più di uno stile musicale, è un modo di vivere. La stessa musica ne è generata: il rap vero e sincero non è quello dei grandi nomi famosi e patinati, ma quello delle tantecumpa sparse per i quartieri della città, un giro fatto di mixtape autoprodotti, sessioni improvvisate e passaparola. Un mondo in cui vige la meritocrazia, in cui tutto ciò che vuoi te lo devi guadagnare, dove i bambini imparano ad essere uomini.

È questo forse il punto cruciale del romanzo: l’allontanamento dagli stereotipi del rap, la presa di distanza, da una parte, dal B-boy modaiolo e straricco da videoclip, dall’altra del ragazzo di strada povero e “guerriero”. Monina descrive molto bene la via di mezzo in cui si trova a vivere la nuova generazione (i protagonisti del romanzo sono tutti minorenni): quella continua oscillazione tra il duro e crudo mondo reale, enormi problemi familiari, economici, e addirittura scontri con skinhead, ed il leggero e colorato mondo virtuale, fatto divideoclip, immaginari alla MTV, social network e quant’altro, in mezzo ai quali i protagonisti del romanzo quasi sconvolgono per la loro dimestichezza nel fondere insieme i due piani d’esistenza, barcamenandosi in una sub-cultura allo stesso tempo locale e globale, di sicuro alienata rispetto al mondo degli adulti.

L’autore si immerge completamente nel racconto, descrivendo con aderenza a volte didascalica ma molto efficace il contesto preso in esame, riducendo ai minimi termini i brani narrativi per lasciar parlare i personaggi, dai cui dialoghi il lettore estrapola azioni e scenari. È il linguaggio della strada a raccontare la vicenda, in un continuo susseguirsi di botta e risposta farcito di slang, parolacce e parole chiave dell’immaginario giovanile, proprio come accadrebbe se invece di essere di fronte alle pagine di un libro si fosse in ascolto di un disco Hip-Hop, con tante voci e tanti rumori della strada che raccontano la propria storia. A sostegno di questa interpretazione va notato che i capitoli del libro vengono indicati come “tracks”, come traccie di un disco. Nell’insieme la scrittura è fresca e audace, ma in alcuni casi l’uso dello slang appare un po’ farraginoso, anche se l’effetto potrebbe essere dovuto, da un lato, alla possibile distanza del lettore, come chi scrive, dal contesto di riferimento, e dall’altro alla difficoltà della traduzione di un linguaggio essenzialmente orale e ritmico in parola scritta.

A far da contesto alla narrazione, a conferirle ritmo e pause ci pensano cantanti, rap e non, italiani che hanno collaborato con l’autore alla stesura del romanzo, fornendo preziosi consigli, testimonianze e testi da inserire in apertura ai capitoli, alle tracks, una vera e propria colonna sonora.

Michele Monina (1969) è un esperto di cultura popolare, nonché scrittore ad ampio spettro: esordisce nel 1998 in campo narrativo con Furibonde giornate senza atti d’amore(Pequod) alternando questa forma espressiva, giunta ora a Milanabad, con attività biografiche – famosi, per esempio, i suoi Vasco Chi? (Marco Tropea Editore, 2004) e Vale va veloce. Vita di un Campione (Marco Tropea Editore, 2006) – e giornalistiche, collaborando come critico musicale e reporter per varie riviste. Monina è capace di affrontare argomenti apparentemente distanti come musica e sport, di ideare un programma televisivo come Stasera niente MTV (per MTV), tutti ambiti il cui denominatore comune è la cultura di massa, la popolarità del fenomeno e la sua diffusione su vasta scala. Monina propone dunque un modello di intellettuale capace di guardare con intelligenza in “basso”, e nel nostro semplicistico scenario contemporaneo non è da sottovalutare.

 Simone Colombo