Mixis#26 ⥀ L’anima nel faggeto di Sarah Di Piero

Il racconto breve di Sarah Di Piero presente in Mixis#26 è l’ultimo appuntamento con la rubrica di contaminazione creativa di Argo

Con L’anima nel faggeto di Sarah di Piero (illustrato da Noemi Tiofilo) l’esperienza artistico-letteraria di Mixis, rubrica di esplorazione immaginativa inaugurata quasi quattro anni fa, può dirsi conclusa. Qui di seguito il link per recuperare i precedenti appuntamenti; e l’invito a continuare la permanenza su queste pagine e a dare un’occhiata a Passaggi, il giovanissimo e nuovo laboratorio narrativo dedicato alle prose brevi.

 

L’anima nel faggeto

I faggi, alti e imponenti, riempivano il cielo e non sapevo già più se era notte o giorno, nuvoloso o sereno. Salii sul bricco e guardai lontano: il paesaggio immenso di verdi boscaglie; montagne. Mi prese a un certo punto una voragine nel petto, mi prese e non me la spiegai, se non per la vastità che stavano accogliendo in quel momento gli occhi miei. Le montagne scendevano e salivano e scendevano e si disperdevano fino all’infinito dissolvendosi piano in quella che si era rivelata una limpida giornata, ma un buco mi risucchiava e non smettevo di assillarmi per questo: in quel momento afferravo il vuoto del dubbio dell’esistenza, ma dalle mani mi scivolava la sostanza della materia; il Nulla, la Noia di fronte al Tutto.
Allora scesi dal bricco e corsi verso casa, verso la tana, verso il rifugio, proprio dove non volevo andare in quel momento. Infine deviai, presi un’altra strada, mi andai a nascondere di nuovo nel faggeto. Tra gli alti e fitti alberi mi sentivo al sicuro. Tra gli alti e fitti alberi non mi accorsi che si era fatta notte. I miei pensieri incastrati in un arzigogolo senza fine, con l’angoscia che come una roccia mi tratteneva seduto al suolo, immobile, inerme, proprio impietrito. 
Cosa mi aveva disturbato di tutto ciò? Di un paesaggio semplice, meraviglioso, completo? 
Vidi una figura slanciata, adombrata e con qualcosa in mano. Si avvicinava a me lentamente e sentivo un rumore di pianti di bambini, non un rumore di passi sulle foglie. Terrorizzato non mi mossi, finsi, come con gli animali, di essere morto. L’uomo passò oltre, in un crepitio di pianti.
Voci di uomini e donne risalivano dalla coscienza alle mie orecchie ed erano voci inquietanti che mi dicevano, mi sussurravano: «è la fine», «stai morendo», «l’universo ti sta risucchiando».
Temevo di impazzire, se non era già accaduto, e questo peggiorava le cose, trasfigurava il percepibile, lo trasformava, lo distorceva, lo riportava indietro contorto, distorto; decisi di farmi torto.
Non potei farne a meno, in quel momento non potei proprio farne a meno: presi una lametta, tirai su la manica sinistra della felpa e mi tagliai sull’avambraccio. Vidi la prima goccia di sangue scendere e per me fu una liberazione, poi sempre più gocce e un rivolo. Non so spiegare perché, ma sentire il corpo, sentire il dolore, scorgere il sangue sgorgare mi hanno riportato alla realtà che avevo attorno, al bosco di faggi, ai versi degli animali notturni e capii che era già notte.
Capii che quel Tutto che mi aveva trafitto l’animo in realtà poteva essere rimpicciolito, fatto diventare così piccolo da non spaventare affatto, ma non era quello il vero problema: il vero problema era che io non sapevo accettare il vuoto dentro me. Quel vuoto così naturale quanto incomprensibile a tanti. Quello che si sente quando ci si ferma, quando ci si specchia con la propria anima, quello per cui io solo con il corpo e il sangue ero in grado di liberarmi dall’inquietudine di poter essere risucchiato dalla Noia.

 

Mixis Sarah di Piero
Noemi Tiofilo, L’anima nel faggeto, 2022.