Natura e artificio, dinamica delle acque e ingegneria idraulica, da secoli si misurano nella laguna di Venezia. Da una parte la città lagunare, costruita su terre emerse con fondamenta rinforzate con tronchi e materiali d’ogni sorta provenienti dall’entroterra veneto; dall’altra la forza erosiva dell’acqua, i sedimenti portati in laguna dai fiumi e le maree che, attraverso le tre bocche di porto della laguna, penetrano e permettono il ricambio d’acqua.
Ecco Venezia, un incantevole e sofisticato castello di sabbia su un bagnasciuga, minacciata dal moto ondoso delle numerose barche a motore e dalle sempre più invasive e dannose maree.
Un territorio limite, città nel mare, struttura immobile in un paesaggio in continua evoluzione. E così Venezia affonda.
Il progetto Mo.S.E. (Modello Sperimentale Elettromeccanico) nasce per far fronte a questo problema. Se ne discute ormai da trent’anni e ora questo mastodonte di cemento e gommoni sembra averla spuntata. Cos’è il Mo.S.E? È un complesso di paratoie alloggiate sul fondale, una “grande muraglia” galleggiante che prevede la possibilità di chiudere le tre bocche del porto della laguna: quella di Porto di Lido, quella di Malamocco e quella di Chioggia. Quando si dovesse verificare una marea superiore ai 110 cm le paratoie saranno svuotate dall’acqua grazie ad aria compressa e ruotando intorno all’asse delle cerniere emergeranno in superficie. Costi dell’opera: 3.762 milioni di euro. Costo manutenzione 630 milioni di euro ogni anno. Un po’ dispendiosa, no? Eppure il Consorzio Venezia Nuova, soggetto privato locale che ha pensato, studiato, progettato e che si appresta a realizzare l’opera pare inarrestabile. A parte i giudizi negativi espressi da molti esperti, chi mai su questo pianeta considererebbe di realizzare un’opera pensata con le tecnologie dello scorso millennio?
Venezia è unica, va salvaguardata, certo. Eppure si dà il caso di alcune installazioni molto simili già in opera nei Paesi Bassi. Una diga a compasso a Rotterdam che costa un’inezia in rapporto al Mo.S.E. Certo tra i vantaggi del Mo.S.E. c’è il fatto che l’opera è invisibile, ma non per questo è a impatto zero sull’ambiente. Occorre scavare il fondale, alloggiare dei cassoni di cemento per le paratie… dieci anni di lavori sotto il livello del mare e senza la possibilità di tornare indietro. I cambiamenti climatici sono in movimento e noi rispondiamo con il cemento… è come se Noè, invece di costruire l’Arca avesse pensato di fare un giga porto. Ecco allora l’ennesima anomalia italiana che ci condannerà ad avere un’opera costosissima, che poteva essere tutt’altro, che rischia di essere inutile a breve tempo. La Biennale di Architettura del 2000 era intitolata Less Aesthetics More Ethics, possibile che le idee, le filosofie, in Italia vengano prese solo come intrattenimento?
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