Il mondo bastardo ⥀ Racconto di Ezel Alcu
Un racconto di Ezel Alcu tratto dalla raccolta di poesie e prose Il fratellino di mio fratello, edita da END (2022)
Sono Ezel, ho diciassette anni, stiamo facendo una “festa illegale” a casa con altri tre amici, cantiamo, beviamo raki e leggiamo le poesie. Siamo a casa mia, i genitori non ci sono, la sorella piccola è da mia sorella grande, così possiamo divertirci un sacco. La serata passa in modo bellissimo, abbiamo noccioline, patatine, zaziki, le poesie sono molto belle, un nostro amico canta un canzone bellissima, un canto di rivoluzione. La notte va avanti, parliamo di cose belle, è già l’alba e ce ne rendiamo conto solo quando suonano alla porta. A me viene un mezzo infarto: potrebbe essere mamma! Vado a vedere: sono tutti sbirri dell’antiterrorismo, incappucciati, tutti vestiti di nero, con le armi spianate. lo faccio un respiro profondo e dico: «Raga’, tranquilli, non è mamma sono solo sbirri!» Perché noi kurdi abbiamo più paura della mamma che degli sbirri…
Fu un macello: i miei compagni sdraiati per terra con le armi puntate alla testa, io vengo spinta per essere buttata per terra, resisto e chiedo di non toccarmi, chiedo se hanno il permesso per fare irruzione!
E uno di loro mi fa: «Eh, che bella domanda, ti vengono in mente appena sveglia?» «Brutto scellerato, non ti sei reso conto che abbiamo fatto finta di dormire perché pensavamo che fosse tornata mamma!?»
Vabbè, niente di che, devo fare una pazzia: afferro la coda dei capelli di una sbirra che mi spinge e con tutta la mia forza la spingo verso la credenza di mamma, dove ci sono tutte le tazzine e piattini che non usa mai, roba buona, sciccosa, insomma i regali di sua mamma e pezzi del corredo…
«Il mondo bastardo, mortacci vostri! Porco porco porco…»
Mi si asciuga la bocca. Lei si alza e ha la testa rotta, sanguina. I miei compagni urlano e io penso solo alle tazzine di mamma. Non c’è scampo questa volta… porco porco porco! Allora io non perdo da sola, o vinco o perdiamo tutti insieme!
Comincio a urlare come una pazza, sbatto per terra tutto quello che si trova nella stanza, non dico nulla, urlo e basta, rompo la finestra, rompo la porta, mi sbatto contro il muro e sbatto, spingo gli sbirri, ad un certo punto mi trovo tutta da sola in camera, gli sbirri stanno tutti davanti alla porta a guardarmi. Sono sudata, sembro un pesce appena pescato, faccio una ricognizione fotografica e vedo tutto ciò che ho combinato, allora mi tranquillizzo. Ok, adesso se anche mamma mi uccide mi sono meritata tutto, ma anche loro!
Mi buttano per terra e mi legano le mani dietro alla schiena, io non mi calmo e chiedo un avvocato e ricordo che sono una bambina in questo Stato di merda… Pensato bene di chiamare il questore a casa, ormai erano le dieci meno un quarto, arriva il questore e mi vuole parlare. lo mi faccio avanti, con le mani legate.
«Ditemi ciò che vogliono e io vi darò quello che volete».
Lui fa il buono, stronzo di merda, puzzoso fascista. «Guarda Ezel, io ti conosco, sei una ragazza coraggiosa e so che non dici le bugie e non hai paura di niente, se ci dai ciò che vogliamo ti lasciamo qui e ce ne andiamo».
Mi intriga la conversazione e allora comincio una trattativa.
«Ma i miei compagni?»
«No, loro dovranno venire con noi».
«No, restano con me, altrimenti non apro bocca manco se mi togliete la carne con le pinze».
«Va bene, Ezel, però ci devi dare quello che vogliamo».
«Va bene».
La trattativa procede, mi va a favore, mi diverte la conversazione. Una ragazzina magra, sudata, negra, con il questore ben vestito, un grosso questore che mi chiede del gatto…
Quando sento «gatto» mi si congela la mente in un attimo. Faccio mente locale e tutto torna. L’altra sera uno dei compagni mi aveva regalato un gatto di peluche e al telefono avevamo parlato di questo gatto, e il servizio segreto turco con la sua intelligence ha creato tutto ‘sto casino perché? Perché pensava che il gatto fosse una bomba e che io fossi una kamikaze e che i compagni mi volevano far saltare in aria.
Signori, signori! Un guerrigliero per crescere ci mette anni, il mio movimento non fa azioni suicide, non avete capito un cazzo proprio.
Respiro e porto un altro gatto perché penso che forse c’è un biglietto dentro al gatto regalato… che ne so… mi fanno fondere il cervello! Ok, slegatemi, vi porto il gatto. Loro si preoccupano un po’, ma il questore dà l’ordine di slegarmi. Mi liberano e vado a prendere un altro gattino di stoffa e lo porto agli sbirri, mentre cammino faccio l’occhiolino ai compagni che stanno per terra e non capiscono cosa succeda. lo ridendo dico: «Tranquilli, vogliono il gattino, adesso lo prendono e se ne vanno…»
Loro mi guardano, stupiti dal mio sorriso e dalle mie spalle dritte, è una piccola vittoria farmi slegare le mani e condurre la trattativa con il questore… tanto poi mamma mi ucciderà.
Arrivo da lui e mi chiede: «Che cos’è questo?» «Il gatto!» «Nooooo, Ezel, vogliamo il gatto vero». «Non mi piacciono i gatti veri, sono pelosi e pieni di germi. Se volete ho questo».
Finalmente il questore si rende conto di essere preso in giro da una ragazzina di diciassette anni che non ha niente da perdere, tanto mamma la ucciderà, anzi, forse se la arresta la salverà da mamma. Allora si incazza e dà l’ordine: «CARICATE TUTTI!»
Così fu il terzo arresto e anche una nuova rinascita. Vengo processata e condannata, dopo un mese sono in Italia. A soli diciannove anni mi trovo in un Paese con una piccola condanna all’ergastolo e devo ricominciare da capo. Porto avanti la mia lotta e divento sempre più tamarra.