NEMAT di Fabio Orecchini ⥀ Estratti
Ritorna in libreria (da oggi 26 aprile) Fabio Orecchini con un poema frastagliato dal titolo NEMAT (Industria&Letteratura, collana Loud diretta da Julian Zhara). Ne presentiamo alcuni estratti
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La natura minerale prende coscienza di sé attraverso il linguaggio. La memoria geologica si fonde con quella privata, il terremoto è un echeggiare rimontato di voci registrate, i versi sulla pagina ricordano certe esperienze al limite di Mesa, Villa, per mettere a nudo quanto di più umano ci sopravviva oltre ai dati biologici: la percezione del dolore.
E che cosa c’è di più rinfrescante dei vermi?
Dylan Thomas, Lettera a Pamela Hansford Johnson, novembre 1933
Una rana porterà il mio nome
Vittorio Bodini, 31 disegni delle «anime» e 13 poesie inedite
Dalla sezione linguamadre
In assenza (la gola sia) retroguardia di luce
tra le ombre, di vuota voce, divorata mentre
avidamente avanza – s’arresta – alle corde
dell’inferno solo i vivi sopravvivono
tacendo, mostrano i denti, già neri e verdi
serpenti oramai, via via replicando
una lingua morta in ossequio a scriventi
porfiri, giganti contro dio a nude lettere
agenti
della terra nera (via) zoppicando via
nel fondo ostinato degli occhi
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Ora, da questa parte di notte, a malapena
notte, con un solo prima, nel riversarsi dei
minuti (grandi, poi), per essere in procinto
sempre scavando con mani di zolfo l’imperio
dei gesti, il mancato il mancante che cresce calmo
come erba (da fingersi a memoria) in lingua-foglia
anecoica
se cadessero
(dal volto)
ora, che non mantiene – adesso – in lunghissime
grida, ora ché ancora si accendono a steli i morti
arborescenti – ultracorpi di sonno della terra – già
. ora
. come
. allora
da questa parte di notte solo miseri frutti
d’ombra (appena assolti), cascate al nero
di ciglia, la stagione – invisibile – dell’assedio,
forse un genere di satrapo, i passi
. grigi
di molosso avvezzo alla caccia
. ancora un’ultima preda
. o parola
. e poi via (via)
. dal privilegio del visibile
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Dalla sezione Cartografie secrete
detonanti
nei giorni calmi sopravvengono fragili euforie
di sterpi di gramigne mute geologie di becchi
cadaveri del solido vuoto gli aperti agglomerati
fra i tubi spiralati da mille emmemme le mattine
aderiscono ai corpi di una luce appena morta
divorata viva – data per data – anche la nostra
forma inumidisce sbocca
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tegumenta
a colpi di fauce di ganasse anche il dolore sgemma
deflette calda in dentro una lingua di carne mista a spettri
slavina idrovora macchina di senso a immagine del vuoto
l’abisso masticato o che si nebbia e tambura lubrica
in tane ultraterrene una coda di voce zoomorfema
che s’incrina poi schiocca
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Dalla sezione basilisco
sgorga dappertutto la mielata che fa tropo
la saliva dagli orti sbiecati
un niente sempre più arioso
cono policromo
la serpe stanata per la cura di un giorno
Fabio Orecchini
Fabio Orecchini (Roma, 1981) è poeta, antropologo, artista. Ha pubblicato Dismissione (Luca Sossella Editore, libro+cd, Roma, 2014), Per Os (Sigismundus editrice, Ascoli Piceno, 2017) e Figura (Oèdipus, Salerno, 2019). Suoi testi sono apparsi su numerose riviste tra cui Alfabeta2, Versodove, L’Ulisse e Nuovi Argomenti ed è presente nel documentario GenerazioneY – Poesia italiana ultima prodotto da Rai5. Ha eseguito installazioni site-specific in spazi quali l'Ex G.I.L di Campobasso, il Palazzetto dei Nobili de L’Aquila, la Mole Vanvitelliana di Ancona, e, a Roma, presso la Biblioteca Nazionale, l’Accademia d’Ungheria, il Teatro Argentina e la Fondazione Primoli. Con l'installazione TerraeMotus si è aggiudicato il Premio "Elio Pagliarani" 2018. Con alcune opere inedite si è aggiudicato il Premio "Poesia di Strada" (XVII ed.) e il Premio "Città di Gallipoli". Collabora con la rivista Argo e la casa editrice Argolibri, per la quale dirige la collana "Talee"; ha inoltre curato la prima edizione italiana di After Lorca di Jack Spicer (Gwynplaine/Argo,2018) e il volume L'altra voce (Giometti & Antonello, 2019), epistolario della poetessa argentina A.Pizarnik.