Nicolò Gugliuzza illustra la poesia di Davide Galipò | Mixis #5

Abitare la tenebra, quinto appuntamento con Mixis.

È dove l’errore (im)previsto custodisce il molteplice nel piccolo spazio di uno sguardo di sintesi, che si è generato l’incontro fra la poesia di Davide Galipò e l’illustrazione di Nicolò Gugliuzza.  In una topografia di sguardi e strade, fra schegge magenta, corpi, voci e ieri roventi di un fuoco di cenere.

Scrittori di conforto
Abbatti il tuo ego,
             taci le sembianze
da poeta avanguardista
e sbatti le tue pesanti palpebre
              sugli orizzonti
dell’innegabile talento
che hai, nell’attirarti addosso
i complimenti
             di nasi impomatati
e guanti bianchi sui vassoi.

Hai letto la notizia?

Ieri in piazza
hanno bruciato
i manichini del governo

e in Cina, una luna artificiale
a illuminare il cielo catrame, ma
Nick mi sta aspettando, continuo a pedalare,
direzione Cesare Balbo.

Gira l’hula hop sulla gamba
            della ragazza-clown
al semaforo di corso Belgio
con sfondo Po al tramonto
— se non fosse che devo
sgombrare l’incrocio
arriverei in ritardo
per poterle condonare
            un circo intero.

La ragazza seduta
al tavolo accanto al mio
confida all’amica che lui
l’ha conosciuto a Parigi
ed è stato subito amore
— ma poi, ogni tanto,
sparisce ed è straziante
— troppo tormentato
dal pensiero della madre —
per questo, splendida, vagherà
senza attenderlo a lungo,
              solo un poco:
il tempo del prossimo
lampo di vita
tra gli spari al cinema
e gli edifici in fiamme.

 Arriva Nick, incespicando
con la Peroni da 66 cl in mano
mi dice che ieri in piazza
hanno bruciato
i manichini del governo:
la mia, la tua tassidermia
— i passeggeri sull’autobus
si voltano a guardare —
si siede e performa la storia
di un preside che l’ha trattato
male; ogni tanto, un’auto passa
e il rumore del clacson
copre la sua voce:

lo osservo parlare senza volume,
mentre le nostre ombre
perdono peso sotto le luci flebili
di piazza Santa Giulia.

Al terzo bicchiere di vino rosso
dolcetto a 3,50€
ci raggiunge Piero Negri,
che parla con accento irregolare
e tradisce la cadenza partenopea
nelle parole “buono” e“slamme”.

 Passandoci una canna
per un attimo vien meno
la legge del più forte,
la cultura della competizione.

Barriere suonano come campane
contro i colpi dei tubi di metallo
in ricordo di Soumaila:
nero, sfruttato, ribelle
rivive nelle scritte dei compagni

             — e non è forse anche questo
             sfruttamento di una morte,
             nell’esasperazione del dissenso?

             Guardo il sole surfare sui tetti
— una muta distanza
si esprime dalle guglie —
e comprendo
tra i resti ammuffiti
degli avanzi di ieri,
tra le macerie
di questa città esplosa

non avremo più canti né altari:

saremo, se va bene,
scrittori di conforto
– se e quando ci toccherà di parlare –
per mentire ancora al nostro pubblico,
riaccendere in loro un lume di speranza
e mai una volta
                    affrontare
                                    l’orrore.

             Ieri in piazza
hanno bruciato
i manichini del governo;
ho guardato i volti
di quei feticci
di carta e fieno:
sembravano noi.