Noi lo sappiamo e abbiamo anche le prove ⥀ Gabriele Frasca per KatÀstrofi

Nell’ultima puntata di KatÀstrofi abbiamo trasmesso una poesia di denuncia di Gabriele Frasca, già ospite della prima puntata.

 

Gabriele  Frasca ci chiede, autorizzando la pubblicazione qui su argonline.it, di diffondere questo messaggio:

«Chiunque, se vuole, lo può leggere con la propria voce, musicare, disegnare, corredare di nuove immagini, o farlo girare così com’è».

 

 

Noi lo sappiamo e abbiamo anche le prove

 

magari è vero ce la siam giocata un tempo e poi s’è persa la partita e forse proprio quando si poteva ripetere io so con pasolini come un grido comune di minaccia non come un mantra come poi fu fatto da chiunque volesse farsi bello di un mandato profetico a portata del primo paraculo telegenico intenzionato a vendere romanzi monologhi pellicole di facile e inutile denuncia con cui mettere a nanna per ciascuno l’infelice coscienza che rimane come un arto mozzato che però ci dà prurito. sapere i nomi di chi fa del male o trama per contendere il potere a chi a sua volta se l’è accaparrato ma saperli così tanto per dire senza le prove e senza un solo indizio non serve proprio a niente o forse appena a lamentare il proprio isolamento d’artista che comprende ma rimane incompreso a sua volta dalle masse dei troppi inconsapevoli felici d’ascoltare in silenzio ogni denuncia che non cambi però loro la vita. e non l’ha ripetuto li wenliang dal letto d’ospedale che dovrebbe in una società più d’una voce gridare ciò che sa e sanno tutti perché non c’è più nulla di nascosto e le prove le abbiamo sotto gli occhi e siamo pure per fortuna in tanti in grado di sottrarre dai discorsi di copertura ciò che c’è di vero e che magari invece non ci va nemmeno di scoprire se dissolve persino la certezza che fu nostra di abitare la favola d’un mondo che ci appartiene senza contenerci in quella fitta trama di sostanza che della vita resta solo ai margini e connette ogni cosa sul pianeta. non è ciò che si sa che fa problema né le prove difettano o gl’indizi e nemmeno necessita l’acume che si suppone degl’intellettuali perché basta volerlo e appare chiaro ciò che è successo e quello che si rischia. la questione se mai sarà serbarne memoria e non lasciare che un pericolo ulteriore lavori coi suoi danni alla dimenticanza non soltanto dei lutti e delle angosce ma di quanti dovrebbero risponderne per tutti. perché di chi gestì le troppe crisi sanitarie diffuse per il mondo da cui si distaccò la pandemia noi conosciamo i nomi così come di quelli di quei vertici impuniti che agiscono dovunque perché regni l’ignoranza la morte e la paura. di chi ha gestito poi le fasi opposte del diniego iniziale quando apparvero i primi segni e della successiva paranoia sociale li sappiamo quei nomi come di chi ha favorito lo stato d’emergenza prolungato che sembra prevedere un termidoro l’ennesimo a pensarci ma stavolta con in più la scomparsa dei diritti persino elementari della privacy e protezione dell’identità. ma noi sappiamo soprattutto i nomi dei tanti che si sono succeduti sotto l’insegna della libertà naturalmente solo di mercato a erodere ogni forma d’eguaglianza e tutela nel mondo del lavoro e che sono trent’anni che distruggono a favore di cliniche private quella sanità pubblica che ha perso ben più della metà dei posti letto da quando fu aggredito infine il welfare. ed è per questo che non ignoriamo chi sono i responsabili palesi della strage lombarda e non ci sono nascosti neanche i nomi di chi ha preso tangenti dalle industrie farmaceutiche e dai consigli d’amministrazione dei centri di ricovero e di cura nati per le eccellenze ed incapaci di sostenere l’urto d’un contagio di certo pervasivo ma non tale da mettere in ginocchio una nazione che si fosse per tempo preparata a un evento che in tanti ritenevano inevitabile ma non letale come l’ha reso invero la mancanza del giusto in più di terapie intensive. anche di chi ha negato a tanta gente migrata per lavoro quell’accesso alla cittadinanza sanitaria che avrebbe preservato loro e gli altri non tarderebbe a venir fuori il nome se mai qualcuno ce lo richiedesse con quante prove a carico ci vogliono. e che dire di tutti gli scienziati esperti e giornalisti sempre in onda come nemmeno un tempo i calciatori che omettono ogni volta di ripetere a tutti noi che per quanto potente non tutto può la scienza che procede per prove e per errori e resta incerta. anche di loro ricordiamo i nomi e come non potremmo se ogni sera ritornano gli stessi quasi fossero i soli competenti in tutt’italia. e se pensate che per esser troppo potenti per il loro fatturato e camuffati a volte da politici eletti col suffragio universale e come spesso accade rei confessi non sia giusto ripetere quei nomi di chi inquinò deforestò distrusse l’habitat di piante e d’animali favorendo di fatto lo sviluppo e poi la diffusione degli agenti patogeni e di quella zoonosi infine permanente in cui viviamo ebbene vi sbagliate perché occorre scandirli bene i nomi dei colpevoli e ribadire che son stati loro a lasciare del tutto inascoltati gli avvisi degli esperti e le proteste delle organizzazioni nate al tempo della fine dell’ultimo conflitto mondiale per pulirsi la coscienza ma mai davvero messe in condizione d’intervenire sulla scala giusta. nessuna pandemia si può sconfiggere all’interno di un singolo paese. e se la sanità non torna pubblica e gestita da un’internazionale della sopravvivenza della specie se non a questa spetterà alla prossima infezione virale cancellarci così senza alcun calcolo ma solo perché la vita sceglie le sue strade e ne lascia altrettante senza sbocchi. per questo che li sappia anche ciascuno di noi quei nomi e s’abbiano le prove necessarie per compiere giustizia mica basta perché dimentichiamo ogni cosa se torna la cuccagna d’immaginario che ci tenne chiusi in quarantena già da tanto prima che fosse necessario e allora serve ben altro serve mica aver l’elenco d’onesti e farabutti ma soltanto la voglia di tornare a fare fronte comune contro quanto s’impossessa dell’organismo giusto e si moltiplica alla cieca incurante di morire di quella stessa morte che propina. è un’altra l’infezione che ci uccide. e tutti noi non lo dimentichiamo.

 


Esplicitamente commissionato dal gruppo di Storie Virali (Andrea Carlino, Maria Conforti, Virginia De Silva e Chiara Moretti), il testo avrebbe dovuto apparire in voce, e con le immagini di cyop&kaf, sul portale della Treccani che ha ospitato l’interessante “tribuna” di “antropologi, storici, filosofi, medici, epidemiologi, scrittori e artisti” gestita dal gruppo. Ma poi la Treccani si è d’improvviso sfilata, ritenendo probabilmente Noi lo sappiamo e abbiamo anche le prove troppo compromettente per un Istituto che vive di fondi pubblici. Come che sia, il testo si è diffuso a macchia d’olio, generando traduzioni (la prima in francese di Jean-Charles Vegliante), riletture (ve n’è una di Claudio Orlandi su Radio Pomona) e sequel (come quella di Nicolas Cunial). La versione tedesca, curata da Durs Grünbein, apparirà prossimamente sulla “Frankfurt Allgemeine”. (Gabriele Frasca)