La notizia della mia morte è fortemente esagerata (v. 2023) di Federico Rita ⥀ Passaggi

Pubblichiamo oggi per la rubrica Passaggi il testo La notizia della mia morte è fortemente esagerata (v. 2023) di Federico Rita, con un’illustrazione di Iaia. L’editoriale della rubrica può essere letto qui

Illustrazione in copertina di Iaia, Bar, xilografia, 2014.

 



 

C’è questa battuta di spirito, che come tutte le espressioni del vernacolo, acquisiscono pienamente senso solo nella loro formulazione originale. È dunque impossibile riportarla alla verità della lingua e ciascuno deve leggerla nell’idioma che sente più suo: “Che fai, cerchi il nome tuo?”
Il contesto della canzonatura è tipicamente: signore – maschio, bianco, caucasico – di età avanzata, calvo o canuto poco importa, forse claudicante, alle prese con il tabellone metallico dei manifesti funerari. Lo si immagina molto vicino alle affissioni, un po’ perché nei piccoli paesini di provincia può capitare che lo spazio riservato sia angusto e poco confortevole, e poi, sicuramente, il signore ha problemi alla vista. L’enunciatore della boutade – il memers di livello uno – è un conoscente, il compagno al gioco delle bocce o qualcosa di simile.
Due secoli fa Proust denunciava la pericolosità dell’affiche, chissà se può accadere anche ad un millennial avere lo stesso brivido di Mark Twain. Può capitare, abituato com’è a macinare documenti, di leggerlo solo come sottotesto.
E in questo caso la realizzazione avverrà con la rapidità di un impulso elettrico. “L’inferno dei viventi è già qui”, penserà qualcuno, a me vien da pensare che non è poi così dolorosa la condizione dello spettro. Certo, tipicamente il fantasma rimpiange la carne, il godimento, e di fatto non si è liberato neanche da morto dalla nevrosi del desiderio. Eppure una conquista l’ha ottenuta: la leggerezza, il dono dell’invisibilità che gli permette di essere, finalmente.
La spettralità si manifesta come ovvio nelle fatiscenze, nei luoghi già vissuti. E questi luoghi non possono che avere l’estetica della decadenza, per quanto fior fior di intellettuali cerchino di imbellettarli tappezzandone le mura di “Modernissimo”, scritto in tipi senza grazie di scuola svizzera.
E queste città saranno Venezia, magica follia sull’acqua di cui tutto è stato detto, o Lisbona, la prima a mettere in crisi il mito della ragione. Il fantasma ha finalmente in questi luoghi del ritorno la possibilità di osservare, ascoltare, non giudicare perché non può più essere giudicato.

Alla fine è l’unico che può tentare di capire davvero la Mindfulness.

 

 

 


Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it

Federico Rita
Iaia, Bar, xilografia, 2014.