O magico di parole: Giacomo Leopardi

Per la vigilia di Natale, presentiamo un estratto da un libro per bambini (e non solo!) di Stella Sacchini, O magico di parole, su Leopardi bambino e i suoi fratelli, edito da Giaconi Editore. L’illustrazione in copertina è di Paolo Petrelli

 

“Taldegardooooo!”

Silenzio.

“Taldegardoooo!”

La manina bianca di Paolina prese a tirargli la giacchetta.

“Giacomuccio, che fai lassù appeso? Scendi da quello sgabello, ché rischi di cadere di sotto. E chiudi la finestra, ti avranno sentito fino a Loreto!”

“Don Paolo, amico carissimo, perché non sali anche tu?”

“Quante volte ti devo ripetere di non chiamarmi Don Paolo? E perché stai urlando come un pazzo il tuo nome fuori dalla finestra?”

Gli occhi azzurri di Paolina continuavano a guardare il fratello Giacomo in attesa di una risposta, il naso per aria, i capelli corti e bruni scarmigliati dal vento che entrava gelido dalla finestra spalancata della biblioteca.

“Ho deciso di liberarmi di tutti i nomi ridicoli e ingombranti che mi porto appresso da quando sono nato. A forza di tenermeli tutti sul groppone rischio di diventarci gobbo, prima o poi”.

“E come pensi di liberarti dai tuoi nomi, Giacomuccio mio? Urlandoli al vento?”

“Sì, al vento, alle nuvole, al sole che oggi gioca a nascondarello, al cielo, alle stelle e alla luna appena si affacciano, agli alberi e agli uccelli – magari ai pettirossi piacciono e se li mangiano stasera a cena insieme ai vermetti, o magari rimangono impigliati in qualche ramo, e allora non saranno più nomi e, visto che siamo in autunno, cadranno a terra al primo alito di vento, proprio come le foglie, e finiranno calpestati dal primo passante ed ecco che di quei nomi benedetti non resterà traccia, se non sotto le suole di un gentiluomo o di qualche bambino con un solo nome!”

Paolina ci pensò su un attimo, chiuse gli occhi poi li riaprì e disse, tutta seria:

“Be’, forse ai bambini con un solo nome potrebbero far comodo, hai ragione. Aspetta che vengo anch’io!”

Giacomo le fece spazio sullo sgabello e la aiutò ad arrampicarsi fin lassù. La fece salire sopra i suoi piedi, tenendola stretta a sé per evitare che cadesse: piccola com’era, se qualcuno li avesse osservati dalla finestra della casa davanti – magari Teresa, o suo papà –, avrebbe visto solo il visetto di Giacomo e, appena sotto, due occhietti curiosi sormontati da una massa di capelli corti e ritti come tanti steli di paglia.

“Dài, Pilla, ora tocca a te!”

“Ma come si fa?”

“È semplice: prendi uno dei tuoi nomi, comincia da quello che proprio non sopporti, e poi ripetilo dentro di te finché non ne hai la bocca piena; a quel punto fai un bel respiro e, insieme all’aria, soffia fuori il nome con quanto fiato hai in gola. Tutto tutto, fino alla fine, senza risparmiare neanche una sillaba. E bada bene che qualche vocale dispettosa non si attacchi all’ugola o si ficchi tra un dente e l’altro per evitare di uscire. Tu sputala fuori senza pietà, mi raccomando!”

Paolina, che dentro l’abbraccio del fratello si sentiva sicura come in una fortezza, cominciò a pensare al primo nome di cui disfarsi.

“Ho scelto!”

“Brava, ora fa’ quello che ti ho detto. Vedrai, è un gioco da ragazzi!”

Paolina chiuse gli occhi, si concentrò, riempì i suoi piccoli polmoni di tutta l’aria che potevano contenere, gonfiò le guance e tappò le orecchie e il naso per evitare che qualche consonante maldestra scappasse di lì. Giacomo sentiva il suo cuoricino battere forte sotto la stretta del suo abbraccio e fu orgoglioso di lei.

Aprì di colpo gli occhi, e il cielo d’autunno rifulse intorno alle pupille bellicose:

“Placidaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!”

D’improvviso il cielo fu pieno di tutte quelle a, e anche le nuvole, tanto che, se in quel momento avesse cominciato a piovere, gli spessi goccioloni sarebbero venuti giù panciuti, sì, ma con una stramba codina attaccata alla pancia, in basso a destra, bagnando gli alberi, gli abeti, le acacie, gli acanzi, gli animali, l’abbadessa, le abbazie, gli abbracci, gli abitanti abbrividiti, gli accidentacci e gli accipicchia di chi veniva sorpreso per strada senza ombrello.

(da O magico di parole: Giacomo Leopardi, di Stella Sacchini, Giaconi editore, dicembre 2019)

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